Chi è Judy Chicago, una delle artiste più influenti secondo il Time
Il Time Magazine l’ha inserita nella lista delle 100 persone più influenti insieme ad altri tre artisti. Lei è Judy Chicago, artista americana e figura di spicco all’interno del movimento femminista degli anni ’70.
Judy è considerata una delle voci più importanti nel dibattito su donne e arte. Lavorando a fianco di colleghi come Miriam Schapiro, la Chicago sfida costantemente il mondo dell’arte dominato dagli uomini cercando di attirare l’attenzione su occupazioni tradizionalmente dismesse, come il ricamo e la ceramica.
“Credo nell’arte che è connessa al vero sentimento umano, che si estende oltre i limiti del mondo dell’arte per abbracciare tutte le persone in un mondo sempre più disumano […] Sto cercando di fare arte che si riferisca alle preoccupazioni più profonde e mitiche del genere umano e credo che, in questo momento della storia, il femminismo sia umanesimo “
Nata Judith Sylvia Cohen il 20 luglio 1939 a Chicago, in Illinois, l’artista è stata notevolmente influenzata dall’attivismo marxista di suo padre fin dalla tenera età e ha continuato a studiare all’Art Institute di Chicago, laureandosi dalla UCLA con un BFA nel 1962 e un MFA nel 1964.
Già dalle sue prime opere degli anni ’60 si nota l’attenzione verso la donna, il suo ruolo e la sua fisicità. Un esempio sono le opere astratte come “Bigamy” o “Pasadena Landscape“, dove si possono riconoscere le trasposizioni degli organi sessuali femminili. Questa prima fase coincide con l’emergere del minimalismo, tendenza artistica che in seguito abbandona a favore di un’arte più adeguata alle sue convinzioni femministe, che vengono rispecchiate perfettamente nella sua opera più celebre, The Dinner Party. Si tratta di una installazione, realizzata dall’artista dal 1974 al 1979 e oggi conservata al Brooklyn Museum, che racconta la storia delle donne nella civiltà occidentale. L’ installazione si compone di 39 posti a tavola apparecchiati, disposti lungo una tavola triangolare, dove ogni posto rappresenta una figura storica femminile. Tanti aspetti ricorrenti e metaforici della donna ricorrono in questa opera come il triangolo, farfalle o fiori a simboleggiare la vulva contrapposti a temi religiosi come il numero 39 (13 per 3) a ricordare l’Ultima cena tipicamente maschile. Fra le molte donne, sono rappresentate Teodora, Eleonora d’Aquitania, Artemisia Gentileschi, Isabella d’Este e Virginia Woolf. L’opera vuole essere un monumento alla memoria delle donne escluse dalla Storia.
Sempre negli anni Settanta, la Chicago sviluppa il primo programma d’arte femminista all’Università dello Stato di California a Fresno. Questo programma è citato nel film Judy Chicago and the California Girls, diretto da Judith Dancoff, uscito nel 1971. Nel corso di questo stesso anno modifica il suo cognome in “Chicago”, secondo l’usanza delle donne aderenti al Black Panther Party, storica organizzazione rivoluzionaria afroamericana degli Stati Uniti, secondo cui i cognomi dovevano servire soltanto a rafforzare la loro condizione di schiave.
Sempre nel 1971, Judy Chicago e Miriam Schapiro sviluppano congiuntamente il Programma d’Arte Femminista CalArts al California Institute of the Arts. Organizzano insieme una delle primissime esposizioni d’arte femminista: Womanhouse, dal 30 gennaio al 28 febbraio 1972. Dagli anni Ottanta in poi la Chicago ha espresso le sue idee femministe in opere come Birth Project (1980-1985), costituita da 100 pannelli realizzati in macramè, ricami e trapunta, per celebrare la donna come madre. La Chicago con quest’opera vuole dare una reinterpretazione della Genesi, sottolineando l’importanza della donna, ma ispirandosi però a un dio maschio che crea un umano maschio senza una donna.
Aprendo con le sue idee e le sue opere la strada a future icone come Lynda Benglis e Hannah Wilke, la Chicago può essere considerata a tutti gli effetti una iniziatrice dell’arte contemporanea femminista. Pertanto possiamo concludere che il suo posto tra le persone più influenti nel mondo, secondo il Time, è più che meritato!