Il fotografo Richard Mosse racconta i cambiamenti climatici in Amazzonia grazie alle nuove tecnologie, come la telecamera multispettrale.
Il disastro ambientale è stato raccontato da molti artisti contemporanei, che hanno scelto di usare la propria arte per denunciare i cambiamenti climatici e le gravi conseguenze per il nostro pianeta, tra questi anche il fotografo Richard Mosse.
Mosse utilizza la fotografia come mezzo per la denuncia sociale, i suoi primi scatti analizzano gli effetti dei confini in zone di crisi come il Medio Oriente, l’Europa Orientale, Stati Uniti e il Messico.
Tra il 2018 e 2020, il fotografo ha realizzato la serie “Tristes Tropiques” per documentare la drammatica deforestazione dell’Amazzonia.
Richard Mosse ha esplorato l’immensa foresta amazzonica, concentrandosi soprattutto attorno alla zona che viene chiamata “arco di fuoco”, dove ha sorvolato il territorio con un drone al quale è stata ancorata una telecamera multispettrale.
Questa particolare telecamera è in grado di acquisire l’energia riflessa da ogni tipo di superficie mostrando lo stato “di salute” di piante e coltivazioni, utilizzando il sistema di informazione geografica (GIS), che riesce ad associare le bande spettrali ad una delimitata zona e la contrassegna con un colore RGB.
Richard Mosse utilizza la telecamera multispettrale per creare delle vere e proprie mappe viventi, che mostrano alcune aree della foresta alterate dalla deforestazione, ma le sue fotografie hanno la capacità di raccontare un evento drammatico con una prospettiva completamente nuova.
Mosse sceglie infatti, di non raccontare l’Amazzonia con una carrellata di immagini di alberi in fiamme, ma ce la presenta con delle visioni del territorio dall’alto, in uno stile pop, dai colori accesi ed elettrici.
Questi sono i colori del disastro ambientale in corso, le zone sempre più a rischio che Mosse rende protagoniste attraverso i suoi scatti.
Le fotografie sono state esposte della mostra “Tristes Tropiques” alla Jack Shainman Gallery di New York dal 8 aprile al 15 maggio 2021.
Il fotografo ha raccontato le sue riflessioni: “Come può una modesta macchina da presa raccontare una storia così orribilmente complessa che si svolge nel corso di molti anni, coinvolgendo numerosi processi che spesso possono essere molto difficili da percepire nel tempo e nello spazio? Come posso trovare un obiettivo sufficientemente ampio?”
Per Mosse la telecamera multispettrale è la risposta giusta.
Cover Photo Credits: The Guardian