A che punto è il mercato dell’AI Art?

Erano da poco passate le dieci del mattino, quando al Rockfeller Center stava per iniziare l’ultima sessione della tre giorni di aste Prints and Multiples (23-25 Ottobre 2018). Oltre 350 lotti (363 per la precisione) sarebbero sfilati davanti agli occhi attenti dei collezionisti. Da Edvard Munch a Marcel Duchamp, da Henri Matisse a Andy Warhol, fino a Roy Lichtenstein, Keith Haring e David Hockney tra gli altri.  

Nonostante la presenza di nomi altisonanti, la grande attesa era per l’ultimo lotto in vendita, il Ritratto di Edmond de Belamy, dalla serie La Famille de Belamy, frutto di un’idea del semisconosciuto collettivo parigino Obvious. Il ritratto nella sua cornice dorata raffigura un corpulento gentiluomo, forse francese e, a giudicare dalla finanziera scura e dal semplice colletto bianco, un uomo di chiesa. Il lavoro appare incompiuto: i tratti del viso sono alquanto indistinti e ci sono aree vuote di tela. Stranamente, l’intera composizione è leggermente spostata a destra. Un’etichetta sul muro afferma che il soggetto è un uomo di nome Edmond Belamy, ma l’indizi sulle origini dell’opera è la firma dell’artista in basso a destra. In script corsivo si legge 

min G max D x [log (D(x))] + z [log(1 – D (G(z)))]  

Dietro quell’ingannevole apparenza di convenzionale ritratto raffigurante un qualche nobile ecclesiastico, presumibilmente databile tra il XIV e XIX secolo, si celava una dell’opere più innovative, discusse e controverse dell’ultimo decennio di aste. La battaglia per aggiudicarsi la prima opera creata interamente dall’intelligenza artificiale è stata agguerrita. Da una stima che oscillava tra i 7 e i 10mila dollari, il prezzo è lievitato a tal punto da raggiungere i 432.500 dollari tasse incluse, oltre 40 volte la stima iniziale. L’opera, appesa accanto una scultura in bronzo di Roy Lichtenstein e di fronte a una stampa di Warhol, è stata venduta per oltre il doppio del prezzo raggiunto da entrambi quei lavori.  

I giornali di tutto il mondo si sono accalcati nel riportare la notizia di quel “viso sfocato”, “ritratto distorto”, venduto per una cifra record. La vendita all’asta dell’opera sembrava essere stata per Christie’s un modo di tastare l’interesse del mercato dell’arte tradizionale per l’AI Art. Un interesse, evidentemente, elevatissimo. Ma perché, per sette minuti un collezionista francese e altri tre anonimi si sono dati battaglia a colpi di rialzi? 

La messa all’asta del Ritratto di Edmond Belamy ha rappresentato un altro tipo di prova per  questo nuovo mezzo: il mercato ci vede un futuro? Sembra di sì. Da quando i vari lockdown dovuti al Covid-19 hanno accelerato la transizione del mercato dell’arte verso le vendite a distanza, i collezionisti si sono abituati a strumenti come simulatori di realtà aumentata e sale di visualizzazione online per acquisire opere da remoto. Gli strumenti di intelligenza artificiale hanno il potere di attingere a informazioni esistenti e di dominio pubblico per creare nuove espressioni dell’“arte” digitale. 

Artisti come Sougwen Chung, Anna Ridler e Reifik Anadol hanno incorporato l’intelligenza artificiale alla loro pratica artistica, e per coloro che lavorano nel mondo dell’arte commerciale, gli strumenti di produttività tradizionali basati sull’intelligenza artificiale vengono sfruttati già d tempo. L’IA è un argomento piuttosto caldo nel mondo dell’arte, ma ciò non sempre si traduce direttamente in vendite della cosiddetta AI Art, un termine piuttosto amorfo che potrebbe descrivere un’immagine generata da un algoritmo o un’opera sofisticata e attentamente considerata da un artista affermato che fa uso della creatività artificiale insieme ad altri mezzi esclusivamente umani.  

Per evitare di ripetere l’hype della bolla NFT, e nel mezzo di una più ampia recessione del mercato, non è una cosa negativa che un mercato per l’arte creata da o con il sostegno dell’AI si sviluppi lentamente, in un periodo più lungo e di conseguenza in un contesto più sano. È incoraggiante che il 2024 abbia sicuramente visto un crescente interesse da parte dei collezionisti in questa categoria più impegnativa, discussa e discutibile. 

Courtesy Sothebys

Eppure l’esempio più recente e accattivante di AI Art che ha fatto irruzione nel mondo dell’arte  “istituzionale” è stata la vendita novembrina di un ritratto raffigurante Alan Turing da Sotheby’s. L’opera dal titolo AI God, realizzata dall’umanoide Ai-Da, è stata battuta dopo ben 27 offerte per oltre un milione di dollari. 1.084.00 $ per l’esattezza.  

La vendita ha sollevato alcune domande su quali tipologie d’intelligenza artificiale il mondo dell’arte dovrebbe essere legittimato a sfruttare e sui potenti sforzi di marketing ed interessi di case d’asta e mega-gallerie. Il progetto Ai-Da è guidato dal gallerista Aidan Meller e da un gruppo  di ingegneri, ma il ruolo esatto che l’AI stessa ha svolto nel dipingere il ritratto di Turing è rimasto alquanto ambiguo. Secondo una nuova ricerca pubblicata recentemente da Hiscox, la domanda di arte generata dall’intelligenza artificiale è destinata ad aumentare nei prossimi 12 mesi.

L’Hiscox Art and AI Report, che esamina le opinioni dei collezionisti e degli appassionati d’arte, ci dice che il 40% dei collezionisti prevede che più persone acquisteranno opere generate da o con l’ausilio di algoritmi d’intelligenza artificiale. La crescente domanda di AI Art è alimentata da acquirenti nuovi ed emergenti, con oltre un quarto (28%) che ha già acquistato questa tipologia di opere e il 52% prevede di farlo. 

Ci sono ancora ostacoli da superare se si vuole che l’arte generata dall’intelligenza artificiale venga ampiamente accettata. I collezionisti più esperti rimangono scettici: solo il 16% crede che potrebbe raggiungere gli stessi livelli di prezzo dell’arte “tradizionale”, rispetto al 26% dei nuovi  acquirenti e al 56% degli appassionati d’arte. Le questioni relative al copyright e alla proprietà legale continuano a essere un argomento molto dibattuto, con l’82% dei collezionisti e oltre tre quarti (76%) degli appassionati che chiedono distinzioni più chiare tra arte generata dall’intelligenza artificiale e contenuti creati dall’uomo.

C’è anche un aumento dello spazio museale dedicato agli artisti che lavorano con l’intelligenza artificiale. Nel 2024, ciò include mostre di Harold Cohen al Whitney Museum di New York, Ver Molnár al Centre Pompidou di Parigi, Ian Cheng alla Fondazione Beyeler di Basilea, e Refi Anadol alla Serpentine Gallery di Londra. Nel frattempo, molti artisti umani che lavorano con la robotica e l’intelligenza artificiale, come Sougwen Chung, Mario Klingemann e Jake Elwes, meritano ma devono ancora ricevere lo stesso tipo di palcoscenico e riconoscimento dal mercato.  

Si può sperare che nel 2025 vedremo una maggiore equità di opportunità. Dagli anni Sessanta alla fine del secolo scorso, decenni decisivi per l’avvicinamento del mondo artistico a quello tecnologico, sono avvenuti eventi fondamentali, che hanno portato alla nascita  del binomio arte-scienza, momenti che hanno sempre più avvicinato due mondi all’apparenza agli antipodi, ma che nel corso dei decenni hanno creato un legame stabile e riconosciuto da critica e istituzioni. Un’arte che vive in bilico tra due mondi dicotomici, alla costante ricerca di un equilibrio per evitare di scadere nel mero tecnicismo da una parte, o in una produzione vuota e anacronistica dall’altra. 

L’intelligenza artificiale è intorno a noi e il mercato dell’arte ne è influenzato. L’AI Art può davvero replicare il viaggio emotivo che è una parte necessaria del processo creativo umano? Esiste un  futuro in cui le opere umane e quelle generate dall’intelligenza artificiale possano coesistere in armonia? Alla fine, solo il tempo lo dirà, ma è chiaro che per ora c’è interesse per il potenziale dell’AI Art da parte di un intero segmento di collezionisti.

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