Nella sala dell’ex Municipio di Casarsa della Delizia (PN), il vetro respira. Non sembra possibile, eppure accade: ogni crepa, ogni frattura, racconta una storia. È qui che Simon Berger, artista svizzero che parla al mondo col linguaggio del fragile, porta la sua “A Matter of Metamorphosis”. E in questa piccola città friulana, che fu terra madre e musa per Pier Paolo Pasolini, l’arte torna a farsi specchio di inquietudine e speranza.
La mostra, visitabile fino al 27 luglio 2025, inizia da una domanda: cosa significa trasformarsi?
A cinquant’anni dalla morte di Pasolini, la sua Casarsa si trasforma in un palcoscenico contemporaneo. Ma accanto alla memoria del poeta si affaccia un’altra ombra europea: quella di Franz Kafka, il cantore dell’alienazione. Due figure distanti eppure vicinissime, unite da un senso acuto di disconnessione, dalla capacità di vedere oltre, di “rompere il vetro” dell’apparenza.
Ed è proprio il vetro la materia viva delle opere di Berger. Martellate precise, chirurgiche, scavano nei pannelli trasparenti fino a far emergere ritratti struggenti. Volti senza occhi, occhi senza voce. Silenzi esplosi nel riflesso delle crepe. L’effetto è perturbante: non si osserva semplicemente un’opera, ma ci si specchia nelle sue ferite.
Il cuore dell’installazione pulsa al centro della sala. Sei pannelli di vetro disposti a cerchio, figure senza pupille: simboli di una società che ha perso lo sguardo e, forse, la direzione. Accanto, vecchi televisori ormai muti mostrano immagini di occhi che guardano ma non vedono, memoria di un tempo in cui la tecnologia univa e non separava.
La metamorfosi di cui si parla non è solo quella dei corpi o delle cose, ma delle coscienze. L’arte come atto di resistenza e rinascita. Il martello di Berger non distrugge, modella. Trasforma il trauma in bellezza. Come Kafka trasformava la solitudine in narrazione. Come Pasolini trasformava l’emarginazione in poesia.
“Ogni frattura è una possibilità,” sembra sussurrare l’artista. Lo dice anche il dono che ha voluto lasciare al Comune: un’opera raffigurante l’occhio di Pier Paolo Pasolini. Non un occhio qualsiasi, ma quello con cui il poeta ha guardato l’Italia, la gioventù, la vita e la morte. Uno sguardo che, grazie a Berger, torna ad abitare Casarsa.
L’evento, curato da Sandrine Welte e Pasquale Lettieri e promosso in collaborazione con la Cris Contini Contemporary, si inserisce all’interno del progetto TrasformARTI: l’arte come strumento per immaginare il futuro.
Nel gioco di luci e trasparenze che la mostra offre, ognuno può trovare il proprio riflesso. E forse capire che la metamorfosi, prima ancora che nel vetro o nella forma, avviene nello sguardo. Quello stesso sguardo che Pasolini ci ha lasciato in eredità. E che ora, per un attimo, rivive nelle crepe di Simon Berger.