Dal 4 al 18 ottobre 2025 la Casa degli Artisti di Milano torna ad aprirsi al pubblico con un doppio appuntamento che ribadisce la sua vocazione storica: essere luogo di produzione, ricerca e confronto nelle arti contemporanee. L’occasione è la ventunesima edizione della Giornata del Contemporaneo, la grande manifestazione promossa da AMACI con il sostegno del Ministero della Cultura, che ogni anno mobilita spazi espositivi e istituzioni in tutta Italia.
Ai piani superiori della Casa prende forma la restituzione della residenza AAA – Atelier Aperti per Artista, un progetto che risponde a un’urgenza evidente: in una città come Milano, in cui gli spazi di lavoro per artisti sono sempre più precari e difficili da trovare, la Casa diventa un presidio necessario. Non un semplice contenitore, ma un dispositivo flessibile capace di accogliere progetti nelle loro diverse fasi: dagli embrioni di ricerca che hanno bisogno di tempo e risorse per svilupparsi, fino ai lavori già strutturati in cerca di un luogo dove radicarsi e fiorire.
Gli atelier aperti al pubblico presentano i percorsi di William Aparicio, Sabrina D’Alessandro, Liana Ghukasyan, Coquelicot Mafille e Claudia Mendini. Ciascun artista porta con sé un universo autonomo, una grammatica visiva che trova in Casa degli Artisti non solo uno spazio fisico, ma anche una comunità di dialogo e confronto. Visitare i loro studi significa addentrarsi in processi in corso, osservare da vicino materiali, bozzetti, prove e intuizioni che raramente escono dagli spazi privati. È un’occasione per capire come nasce un’opera e quali domande la sostengono, più che per contemplarne il risultato finale.
AAA non è infatti solo una residenza, ma un laboratorio di pensiero collettivo. La convivenza di geografie e sensibilità eterogenee, la possibilità di mettere in relazione linguaggi diversi, genera nuove traiettorie di ricerca. Non si tratta soltanto di sostenere singoli percorsi, ma di creare un tessuto comune capace di restituire al pubblico uno sguardo plurale sull’arte di oggi. In questo senso, le giornate di apertura assumono un valore duplice: da un lato permettono agli artisti di testare le proprie idee in un confronto diretto con i visitatori; dall’altro invitano chi osserva a partecipare a un dialogo più ampio, a riconoscere la ricchezza dei processi oltre la superficie delle opere.
Al piano terra, la Casa dedica invece una monografica a Franco Duranti dal titolo emblematico Prima ero schizofrenico ora siamo guariti!. Incisore e disegnatore, Duranti porta avanti da oltre trent’anni una ricerca che intreccia pratica artistica ed esperienza psichiatrica. La sua produzione, che supera le 2.800 opere, si configura come un alfabeto emotivo in cui diagnosi, sintomi e fragilità vengono trasfigurati in immagini visionarie, restituendo alla follia uno statuto poetico e liberatorio.
In mostra viene presentato il suo Glossario visionario della follia, un corpus di 240 tavole calcografiche che rappresentano forse il nucleo più potente del suo lavoro. Qui l’arte diventa non solo linguaggio estetico, ma strumento terapeutico e conoscitivo: un mezzo per rovesciare lo stigma legato al disagio mentale e per affermare il valore creativo dell’immaginazione. Le immagini non illustrano semplicemente sintomi, ma li trasformano in segni, emozioni, figure capaci di accogliere la complessità dell’esperienza psichica.
La mostra si pone così come spazio di resistenza. Resistenza contro la riduzione della malattia a etichetta, resistenza contro l’esclusione sociale che ancora accompagna chi attraversa condizioni di fragilità psichica. Ma anche resistenza intesa come capacità di trasformare il dolore in creazione, di usare l’immaginazione come forza di cura.


