Ale Guzzetti. Il futuro ha lo sguardo degli Dei

C’è una tensione sottile, quasi lirica, che attraversa Sguardi diversi, la grande mostra dedicata ad Ale Guzzetti negli spazi della Fondazione Mudima. Curata da Gino Di Maggio, questa antologica non si limita a documentare un lungo percorso artistico, ma invita a entrare in un paesaggio inedito, dove mito e macchina si osservano, si confrontano, si riconoscono. È un viaggio attraverso il tempo, in cui la classicità incontra il linguaggio tecnologico con un rispetto reciproco, un ascolto silenzioso, come tra due mondi consapevoli di appartenere a un’unica grande narrazione: quella dell’essere umano che sogna di replicarsi, di prolungarsi, di capirsi.

Nella serie Affective Robots, opere come Impossible Kiss (2012) o Robot VS Discobolus (2013) mettono in scena incontri impossibili tra calchi classici e robot umanoidi. Non c’è ironia, non c’è scontro: c’è attesa, c’è tensione, c’è malinconia. Guzzetti costruisce relazioni silenziose tra corpi, dove l’uno – la scultura antica – incarna la perfezione congelata del passato, e l’altro – il robot – rappresenta l’imperfezione viva del presente. È uno scambio di sguardi tra ciò che eravamo e ciò che stiamo diventando. La tecnica non è un nemico, ma un ponte emotivo, un tentativo di sopravvivenza.

Affective Robots Impossible kiss 2012 Ale Guzzetti

Con la serie Quando i robot incontrarono gli antichi Dei, questo confronto si carica di un’intensità ulteriore. I volti stampati in 3D di Medusa, Hypnos, Polifemo vengono potenziati da visori, schermi, microchip. Le divinità sembrano volersi mimetizzare nel presente, ci fissano da un altrove modificato, come se stessero cercando di tornare a noi, parlando un linguaggio che abbiamo dimenticato. Le tecnologie che li abitano non sono posticce: sono nuovi organi. E la domanda che ci pongono non riguarda il futuro, ma la nostra stessa identità. Siamo ancora capaci di guardarci senza uno schermo tra noi e il mondo?

Due installazioni di grande impatto completano il percorso. In Il Bosco delle Ninfe (2020–2022), ventidue statue deformate si allungano come se fossero immagini digitali manipolate fino al limite della leggibilità. Hanno qualcosa di fiabesco e inquieto: tronchi umani, creature fluttuanti, memorie corporee distorte. Quando ci muoviamo, reagiscono. Emettono suoni, voci campionate e modificate dal musicista Bruno De Franceschi, come l’eco lontana di un’identità frammentata. È un’opera che ci guarda, ci ascolta, e ci chiede: cosa succede alla bellezza quando la perdiamo di vista?

3 muse 2020 PLA stampa 3d e maschere animazione led Ale Guzzetti

Anche 100 Voices Choir (2019) funziona come un corpo sonoro vivo. Un lungo dispositivo di bocche e orecchie robotiche, fino a 15 metri, si attiva al passaggio dei visitatori, restituendo un paesaggio acustico ogni volta diverso. È una scultura da ascoltare, che vibra, che cambia, che cerca una relazione intima con chi la attraversa. Non siamo più solo spettatori: siamo parte del dispositivo, siamo dentro la sua voce.

Ma l’opera di Guzzetti non si ferma al museo. Con il progetto Techno Gardens, avviato nel 1999, l’artista ha disseminato il mondo di piccole sculture robotiche autonome, capaci di vivere nei giardini, nei deserti, nelle foreste. Alimentate da energia solare, questi esseri silenziosi si fondono con l’ambiente, respirano con lui, reagiscono alla luce e al buio, si illuminano con la notte. Sono oggetti poetici, ma anche politici. Dicono che la tecnologia non è più qualcosa “di cui ci serviamo”, ma qualcosa che vive con noi, accanto a noi. In simbiosi.

Come scrive lo stesso Guzzetti, questi giardini diventano “scenari in cui la tecnologia assume una nuova identità”, non come strumento di dominio, ma come forma di coscienza altra. È qui che si compie davvero la svolta del suo lavoro: l’arte non è solo interattiva, è affettiva, capace di creare relazioni nuove tra esseri diversi – umani, vegetali, digitali.

Sguardi diversi non è una mostra sul futuro. È una mostra sul nostro presente, sulla nostalgia di ciò che eravamo e sull’emozione, fragile e necessaria, di continuare a cercarci in ciò che stiamo diventando. Guzzetti ci chiede di guardare con occhi nuovi, più lenti, più aperti, e di ascoltare il suono sottile di una bellezza che non smette di trasformarsi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

L’arte come esperienza percettiva espansa. Intervista a MOOR Gianluca Balocco pt 2

L’opera di Gianluca Balocco – in arte M.O.O.R. “vive attraverso la nostra percezione” che ci porta “a riscoprire una nostra dimensione interiore” dove il tempo non è lineare, ma creativo e aperto

Artuu Newsletter

Scelti per te

Genealogie dell’invisibile: tra le sculture di Schütte e le costellazioni di Trouvé a Venezia

Ne La strana vita delle cose, curata da Caroline Bourgeois e James Lingwood, visitabile fino al 4/01/2026, Tatiana Trouvé accoglie il pubblico con una nuova opera Hors-sol, ricoprendo il pavimento di marmo di Palazzo Grassi.

Seguici su Instagram ogni giorno