Alessandro Michele e la sfilata in un bagno pubblico per Valentino alla Paris Fashion Week

Alessandro Michele ha fatto il suo ingresso ufficiale nella casa Valentino con la grazia di un uragano. La collezione Autunno/Inverno 2025-2026 ha lasciato il pubblico della Paris Fashion Week in uno stato di eccitazione, sconcerto e pura confusione estetica. Il designer, noto per il suo amore per il massimalismo e la stratificazione simbolica, ha portato in passerella uno spettacolo che si è mosso tra il surreale e il provocatorio, tra l’eccesso e l’introspezione. Uno spettacolo che ha parlato di intimità, ma lo ha fatto con la delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli.

Il set era un bagno pubblico – letteralmente. Un labirinto di porte rosso Valentino che si aprivano e chiudevano rivelando i modelli come presenze inquiete, pronte a svelare segreti o a fuggire in un istante. Il concetto di privacy e di esibizione si è fuso in un gioco scenografico che ha colpito nel segno. Michele non ha mai avuto paura di teatralizzare la moda, e questa volta ha alzato ulteriormente l’asticella. Un bagno pubblico è un luogo di transizione, di incontri segreti, di rifugi improvvisati. E Valentino è diventato il brand di una moda che si guarda allo specchio sotto la fredda luce al neon.

La collezione ha mescolato elementi di lingerie, trasparenze sfacciate e una sartorialità che sembrava giocare con il concetto stesso di vestibilità. Cappotti che cadevano dalle spalle come se il corpo si rifiutasse di sostenerli, abiti di pizzo e chiffon che sembravano rubati dal boudoir di una diva anni ’30, ma riproposti con una crudeltà quasi chirurgica. Niente era ovvio, niente era comodo, tutto era sovraccarico. Gli abiti si sono alternati tra il gotico romantico e lo streetwear elevato, con una collaborazione inaspettata con Vans: sneakers a scacchi verdi e neri, una dichiarazione di ironia nel cuore di una maison che ha costruito la sua identità sulla couture.

Le silhouette hanno giocato tra l’iper-femminile e il decostruito. Gonne a sirena si scontravano con maxi-cappotti in panno, mentre trasparenze estreme venivano spezzate da elementi rubati al guardaroba maschile. Michele sembra voler ridisegnare la donna Valentino, strappandola via dalla grazia elegante di Pierpaolo Piccioli per catapultarla in un universo più sporco, più crudo, più caotico. Il rischio? Perdere quel senso di sublime che Valentino ha sempre incarnato. Il risultato? Un’estetica disturbante e affascinante al tempo stesso.

©IPAFotogramma

I colori hanno oscillato tra il monocromo severo e l’esplosione barocca. Il rosso, ovviamente, ha avuto un ruolo centrale, ma non è stato il protagonista assoluto. Verde petrolio, blu notte, giallo acido, e nero—tantissimo nero. Le texture si sono sovrapposte con una violenza quasi tangibile: velluto contro pizzo, seta contro lana ruvida, trasparenze eteree spezzate da dettagli strutturati. Michele non veste, costruisce narrazioni visive che sembrano più vicine a un film di Lynch che a una sfilata di alta moda.

Gli accessori hanno amplificato l’eccesso. Occhiali da aviatore, cappelli a pillola, guanti in pizzo, borse oversize e gioielli che sembravano rubati a un tesoro bizantino. Nessun dettaglio era lasciato al caso, eppure tutto sembrava voler sfidare il concetto stesso di eleganza. Qui non si parla più di bellezza, ma di presenza. Di un’estetica che impone se stessa senza chiedere il permesso.

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Le reazioni sono state divise. C’è chi ha applaudito il coraggio e la visione, chi ha storto il naso davanti a un eccesso che sembra cercare la provocazione fine a sé stessa. Alessandro Michele ha un talento indiscutibile nel creare mondi, ma questa collezione ha sollevato un dubbio: Valentino ha bisogno di questo tipo di rivoluzione o sta perdendo la sua anima in nome di un’estetica troppo ingombrante?

Di certo, nessuno è rimasto indifferente. In un momento in cui la moda rischia di essere ripetitiva, Michele ha scosso il sistema. Ha costretto tutti a guardare, a reagire, a discutere. E se l’obiettivo era creare scalpore, allora missione compiuta.

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