Com’è cambiato il modo di pensare l’architettura? Questa è la domanda alla base della mostra “Stop Drawing Architettura oltre il disegno” recentemente inaugurata al MAXXI e visitabile fino al 21 settembre 2025.
L’architettura come disciplina ha origini remote, già Vitruvio nel I secolo a.C. aveva redatto un’opera (De architectura) nella quale eleva questa scienza rispetto a tutte le altre, l’architetto infatti doveva possedere molteplici nozioni negli àmbiti più variegati: dalla geometria alla matematica, dall’anatomia alla teologia. I rudimenti di medicina, secondo Vitruvio, erano necessari in quanto l’architetto progetta spazi per la vita dell’uomo, deve dunque conoscerne le caratteristiche e le proporzioni, la teologia invece risultava una competenza necessaria per la costruzione di templi e di altri luoghi di culto, così come anche le nozioni di acustica risultavano indispensabili per la realizzazione di teatri.

In tempi relativamente più recenti (si parla comunque di 600 anni fa) Leon Battista Alberti dedica un altro studio approfondito al tema dell’architettura nel suo trattato dal titolo “De re aedificatoria” (1450 ca.), dove sottolinea che alla base di questa scienza vi sia senza dubbio il disegno. È proprio da questa idea che prende avvio la mostra al MAXXI. Per secoli si è pensato che “l’identità profonda dell’architettura fosse nel disegno, luogo riservato all’espressione dell’idea dell’autore (…) ma nel nostro tempo questa convinzione tende a vacillare” (come si legge nella prefazione della mostra).
Oggi l’architettura non è soltanto disegno e costruzione, ma qualcosa di molto più complesso: è costituita da spazi virtuali, ibridi, simulati. Ancora nel ‘900 gli architetti “affidavano al disegno la loro comunicazione assoluta” (come spiega il curatore della mostra Pippo Ciorra in un’intervista), oggi invece questa è soltanto una delle tante alternative. Un esempio è quello della realtà aumentata utilizzata dall’architetto Lucia Tahan nell’opera “Room with a View”, si tratta di uno spazio ristretto, un vero e proprio cubo ricoperto internamente ed esternamente da pannelli fonoassorbenti in spugna. Entrando all’interno della piccola stanza ci si può accomodare su un divanetto e, dopo aver indossato un visore della realtà aumentata, si può osservare il soffitto (che è effettivamente bianco) che diventa un cielo azzurro ricoperto da piccole striature di nuvole. Il visitatore ha la sensazione di trovarsi in una stanza che sembra non avere confini, non è soffocante, al contrario offre sollievo, permette quasi di sognare ad occhi aperti un mondo che non ha limiti.

Il percorso di visita si sviluppa partendo dall’esposizione di disegni e plastici di grandi maestri del ‘900 come Carlo Scarpa, Aldo Rossi, Giancarlo De Carlo che evidenziano come il disegno sia il mezzo privilegiato per arrivare ad esprimere la fase ideativa e progettuale di un’architettura o in senso lato di un ambiente. Si può quindi affermare che la tecnica della rappresentazione tradizionale tramite disegni non è legata alle varie correnti o scuole architettoniche, come ad esempio il razionalismo organico che trova in F. L. Wright il massimo esponente, oppure il post-moderno di A. Rossi, di P. Portoghesi, il post-industriale di R. Piano, ma piuttosto alla libera scelta espressiva dell’architetto.
Con l’avvicinarsi del nuovo millennio, si assiste alla comparsa delle nuove tecnologie, software di progettazione e modellazione che da un lato agevolano il lavoro dell’architetto, non più vincolato alle squadrette sul tecnigrafo, dall’altra ne favoriscono l’immaginazione.

La mostra si fa portavoce anche di architetti “controcorrente” che difendono strenuamente il ruolo tecnico ed espressivo del disegno, un ritorno allo schizzo, ad un contatto più diretto con il reale che non viene mai meno. Ciò non significa un ritorno al compasso e alle squadre, quanto piuttosto “si riconosce nel disegno il valore ideologico, disciplinare e artistico del progetto” (come si legge in uno dei pannelli in mostra).
Quella proposta al visitatore, non è un’esperienza “ordinata”, ma è un labirinto in cui tutto è collegato senza perdersi mai, un dialogo continuo tra idee diverse per andare oltre ogni confine prestabilito…oltre il disegno.