A Bergamo si è aperta la stagione dell’aquila. Da martedì 7 giugno 2025 ha preso il via Pensare come una montagna – Il Biennale delle Orobie, al suo quarto ciclo, un progetto collettivo e partecipativo sostenuto dalla GAMeC dura due anni e si sviluppa nello stesso arco temporale, con un programma d’arte continuo.
Maurizio Cattelan è il big artist che con Seasons, inaugurata il 6 giugno, (a cui abbiamo dedicato un articolo a sé) è apripista della Biennale delle Orobie, un evento che si sviluppa in luoghi significativi di Bergamo e della sua storia, come il Palazzo della Ragione e l’Ex Oratorio di San Lupo, luogo sconsacrato e ora gestito dalla Fondazione Adriano Bernareggi, utilizzando l’ambiente circostante come parte integrante dell’esperienza artistica.
Un progetto che invita a ragionare su come la scelta degli spazi rafforzi il messaggio delle opere e stimoli una riflessione sul rapporto tra arte, natura e comunità.

Caducità, desiderio e impotenza, crisi dei valori, marginalità: sono questi i concetti che attraversano molte delle opere proposte. Come invitano il pubblico a riflettere sul presente e sul futuro della nostra società? In che modo l’arte pubblica diventa uno strumento di dialogo e riflessione condivisa? E quale impatto ha sulla percezione del territorio e della collettività?
Pensare come una montagna – Biennale delle Orobie prova a rispondere attraverso interventi nello spazio pubblico, performance collettive e laboratori creativi. Un progetto partecipativo che ambisce a raccontare, con profondità e ambizione, un territorio variegato: Bergamo, città “orobica” per eccellenza, estesa dalle valli di Brembana, Seriana, di Scalve e Imagna fino alla pianura.
Durante la conferenza stampa è stato presentato anche il nuovo progetto GAMeC, che avrà una nuova sede nel 2026, accompagnato dalle riflessioni dei tanti attori coinvolti.

Pensare come una montagna mira a far crescere la capacità critica di tutti, offrendo strumenti per interpretare il nostro tempo.
Sergio Gandi e Francesco Valesini, impegnati per la nuova casa della GAMeC, sottolineano:
«La GAMeC riesce a costruire un sistema di relazioni che ruota attorno all’arte contemporanea. I luoghi della cultura possono essere ovunque: industrie, miniere, montagne, valli. È un lavoro sull’identità che interroga ciascuno, e ognuno risponde a modo suo.»
Lorenzo Giusti, direttore della GAMeC, aggiunge:
«Il lupo ha ispirato la Biennale: animale temuto, simbolico, che apre una riflessione sul ruolo dell’uomo nella comunità. La natura e la frequentazione della montagna procurano una libertà concreta. Maurizio Cattelan si è inserito perfettamente in questo circuito simbolico. Ascoltare i cittadini è il vero obiettivo, ed è per questo che la nuova sede sarà uno spazio per tutti.»
Insieme alla facoltà di psicologia e a 12 ricercatori impegnati a ripensare l’allestimento permanente, la GAMeC sta gettando le basi di un nuovo percorso.

Nel frattempo, in Valle Brembana e dintorni, si snoda un itinerario che coinvolge oltre dieci artisti e collettivi, con installazioni site-specific, performance partecipate e laboratori che attraversano il paesaggio e ne interpretano la memoria.
- Cecilia Bengolea trasforma le vecchie filande di Villa d’Almè in una danza meditativa e liberatoria. Tra movimenti ossessivi, eco delle Free Dances anni Trenta e costumi in canapa e lino, Spin and Break Free riflette su alienazione e ribellione.
- Julius von Bismarck ridisegna la miniera di Dossena come un gigantesco paesaggio dipinto, azzerando la profondità delle pareti per interrogarci sulla rappresentazione della natura e sul peso dell’intervento umano.
- Francesco Pedrini costruisce tre strumenti d’osservazione celeste sul Passo del Vendulo: una meridiana vivente, un tronco rivolto alla Stella Polare e un aerofono che cattura i suoni del vento, simboli poetici del cambiamento climatico e di un sentire collettivo.
- EX. con THERMOCENE e il Club Alpino Italiano reimmaginano il Bivacco Frattini come una base d’alta quota a impatto minimo, arricchita da un’installazione audiovisiva che rende udibili i segnali invisibili dell’uomo.
In ogni progetto, arte e natura si intrecciano per aiutarci a ripensare il nostro rapporto con la montagna.
Per due anni, Pensare come una montagna – Biennale delle Orobie fa delle valli bergamasche un palcoscenico e un laboratorio. Un luogo in cui arte, ambiente e comunità si incontrano e ci restituiscono uno sguardo nuovo su ciò che siamo, come individui e come collettività.