“L’addio non è una possibilità”, così cantavano i Coma_Cose quando la loro storia sembrava tenere insieme scena e vita, palco e casa, promessa e realtà. Oggi quella frase resta come un’insegna al neon spenta a metà: ci illumina ancora, ma racconta anche la fine. Per capire come si arriva al video su Instagram del 6 ottobre 2025 bisogna riavvolgere fino a Anima Lattina: lì c’è già il lessico affettivo che li definisce, il notturno milanese che diventa stanza comune, due bicchieri e una conversazione che si prolunga fino all’alba. Fin dall’inizio usano le copertine come estensioni del racconto: immagini sobrie, concrete, più taccuini che locandine, perché il mondo da cui provengono non è patinato ma vissuto.
Dietro gli alias ci sono Fausto Zanardelli (1978), passato da Edipo a Fausto Lama, e Francesca Mesiano (1990), alias California. Si incontrano a Milano, finiscono a lavorare come commessi in Porta Ticinese, dividono banco, turni, playlist, poi casa. Prima erano un cantautore che aveva messo in pausa la carriera e una creativa tra djing, scenografia e design; insieme trasformano la routine in pratica di scrittura quotidiana. Nasce un progetto che non insegue la posa ma l’autenticità: la vita prima della scena, e la scena come forma della vita.

Con Inverno ticinese l’estetica è già chiara: fotografia asciutta, font essenziali, Milano che filtra dalle superfici come una luce fredda. Anima Lattina suona come una dichiarazione di poetica: la quotidianità sarà il loro territorio, l’ironia la chiave per aprirlo, la tenerezza l’unità di misura. A poco a poco la coppia impara a farsi icona senza mai smettere di essere coppia: è in questo scarto che abita il loro fascino, nel modo in cui il privato si fa pubblico senza diventare pornografia emotiva.
Arriva Hype Aura e l’“abbraccio” in copertina è una presa di posizione: niente eroismi, due corpi che si sostengono. Il titolo gioca tra hype e paura (letto velocemente risulta “Hai Paura”) e racconta la loro soglia: un pop urbano, sentimentale, coltissimo nei giochi linguistici eppure accessibile. È qui che Francesca inizia a scrivere la sua grammatica di look: labbra matte, sopracciglia architettoniche, tagli corti e grafici; una femminilità capace di flirtare con il maschile senza perdere calore. Fausto smussa gli spigoli da “bottega” e passa a una sartorialità pop: giacche pulite, camicie asciutte, misura. I loro volti diventano segni che preparano la narrazione successiva.

Con Nostralgia la copertina scatta di livello: due bambini in fiamme. È il fuoco originario che ti spinge a diventare chi sei, la miccia che traduce in immagine il tema che esploderà a Sanremo 2021 con Fiamme negli occhi. Tre minuti bastano per capire tutto: sguardi che si cercano, un’intimità performata senza filtro. Le citazioni restano minime e chirurgiche — “hai le fiamme negli occhi”, “mi bruci” — perché basta poco per dire moltissimo. I look diventano drammaturgia: rosso come grammatica sentimentale, blazer fuoco e capelli platino per Francesca, eyeliner nitido; coordinato sobrio per Fausto, elegante ma non ingessato. La copertina del ciclo è coerente: quell’infanzia incendiata spiega la passione adulta, il combustibile del loro racconto.
La visibilità però pretende pedaggi. Tra 2022 e 2023 il lavoro rischia di cannibalizzare la vita: tournée, promozione, logistica, la coppia privata assediata dalla coppia pubblica. La risposta è fedele al loro metodo: non il silenzio, ma l’arte. A Sanremo 2023 portano L’Addio e trasformano la ferita in rito. La copertina del singolo è un frame del videoclip alla Scala dei Turchi: mare, controluce, distanza e orizzonte nella stessa inquadratura. In scena partono separati, si avvicinano, si prendono per mano, chiudono con un bacio; il verso — “l’addio non è una possibilità” — diventa mantra condiviso. Anche qui i look sono testo: in una serata sposa punk per Francesca, bianco non convenzionale e anfibi; altrove nero scintillante, paillettes e corsetti che tengono insieme tenerezza e corazza. Fausto risponde con una sartoria british da dandy sobrio: tartan, completi scuri, ricami discreti; un controcanto visivo che abbassa il volume dove serve.

Nel 2024 arriva il matrimonio civile e la comunicazione resta misurata: un video breve, “sta succedendo”, niente reality. Nel 2025 tornano all’Ariston con Cuoricini e scommettono sulla leggerezza come profondità: gesto del finger heart, visual pastello punteggiati di neon, un’ironia domestica che non banalizza. La copertina di Vita fusa fa il colpo di teatro: un gattino rosa. È l’icona più spiazzante e perfetta: le fusa come suono di casa e come vite fuse insieme. In scena Francesca cambia di nuovo pelle: dark-chic e giocosa, alterna total black ricamati di cuoricini a un total white nuziale con veli moderni, occhi alla Twiggy, neo-cuoricino sullo zigomo; Fausto lavora per sottrazione: ricami tono su tono, blazer che sussurrano, total white finale che omaggia il matrimonio senza teatralità. L’insieme dice una cosa semplice: puoi fare pop e restare tu, se curi il codice.
Sotto i cuori riaffiora la fatica. L’estate porta cancellazioni e rumoristica, poi il 6 ottobre 2025 un post congiunto su Instagram chiude progetto e storia. Più delle parole colpisce il video: coerente con la loro lingua, non è un confessionale ma un poemetto visivo. Toni desaturati, simboli al posto dei volti: una fiamma che si spegne, un palco che si oscura, due traiettorie che si sfiorano e poi divergono. Nessuna voice-over, solo un montaggio che lascia spazio al silenzio. La coda — “grazie, è stato bellissimo” — funziona da fade-out: non smentisce il passato, lo custodisce. Così come erano entrati, escono: con delicatezza.
Riletta oggi, la loro discografia è un romanzo a tappe dove ogni copertina è un capitolo. Inverno ticinese è il taccuino urbano che prepara la scena. Hype Aura è la foto dell’abbraccio prima del clamore. Nostralgia incendia l’infanzia e lega sguardo e destino. L’Addio incornicia una distanza condivisa. Vita fusa riporta tutto a casa con un’icona domestica pop. E Cuoricini fa entrare i gesti nell’alfabeto del racconto: l’emoji fatta mano, il like trasformato in coreografia collettiva. In parallelo corre il filo dei look: Francesca è rosso fiamma nel 2021, sposa punk e vedova luccicante nel 2023, bambola dark e sposa moderna nel 2025; Fausto evolve in dandy misurato, dalla ruvidezza degli inizi ai ricami nascosti, un‘eleganza che lascia lavorare le parole. Ogni scelta estetica è punteggiatura del discorso: i vestiti traducono, non coprono; amplificano, non soppiantano.
Sotto la superficie resta il nodo culturale: i Coma_Cose hanno portato nel mainstream un’autenticità praticata, non proclamata; hanno usato i grandi palchi per coreografare l’intimità con pudore; hanno costruito un’iconografia coerente fatta di pochi segni ricorrenti — fiamme, cuori, gatti, infanzia, Milano, mare — montati con rigore pop. Se oggi il verso più citato — “l’addio non è una possibilità” — suona ironico, non è un autogol: è la prova di come funzionano le canzoni, architetture emotive in cui crediamo per provare a farle vere. A volte reggono, a volte no; ma intanto ci portano dall’altra parte. Questa storia finisce con un fade-out, non con un boato; con la cura del silenzio, non con lo spiegone. Le fiamme negli occhi forse non bruciano più allo stesso modo: il calore che hanno lasciato, quello sì, continua a scaldare chi si è riconosciuto in quel romanzo di sguardi, copertine, ritornelli e look.



