La Casa della Memoria di Milano ospita, dal 9 ottobre al 2 novembre 2025, la mostra personale di Giovanni Gaggia, Com’è il cielo in Palestina?, a cura di Susanna Ravelli e con la direzione generale di Maria Fratelli. L’esposizione si sviluppa in uno spazio che si fa luogo di riflessione civile e poetica sull’urgenza di prendere posizione di fronte alla violenza e alla complessità del presente. Il progetto, nato come risposta etica e artistica alla tragedia di Gaza, intreccia la forza della memoria con il linguaggio corale dell’arte partecipata, portando nella sede milanese un lavoro che da tempo attraversa territori, comunità e coscienze.
La mostra si inserisce nel programma culturale della Casa della Memoria in dialogo con la sua architettura simbolica e con gli archivi verticali custoditi al suo interno. In questo contesto, Gaggia sceglie di coprire gli archivi per tutta la durata dell’esposizione, trasformando l’atto in un gesto di denuncia contro ogni tentativo di manipolazione del passato e in un invito a custodire con responsabilità il diritto alla verità. L’allestimento, pensato come un “archivio dell’oggi”, diventa così un organismo vivo, in cui arte, testimonianza e coscienza civile si intrecciano per restituire un’immagine collettiva e fragile del nostro tempo.
Com’è il cielo in Palestina? nasce alla fine del 2023, poco dopo l’attacco del 7 ottobre contro la popolazione israeliana. In quel momento, mentre lavorava alla mostra L’Oro Blu per Pesaro 2024, Giovanni Gaggia trasforma una cornice vuota del Museo dei Bronzi Dorati di Pergola in un ponte simbolico verso Gaza. Da quell’atto prende forma la domanda che dà titolo al progetto: “Com’è il cielo in Palestina?”, ricamata in arabo da donne della comunità di Pergola, il paese marchigiano in cui vive l’artista. Nel marzo 2024, dalle prime risposte arrivate da Gaza nasce un secondo arazzo, realizzato in collaborazione con il collettivo Palestina Animada e presentato a Cremona. Da allora, il progetto ha continuato a crescere e a coinvolgere comunità di tutta Italia: da Jesi a Torino, da Catania a Savona, fino alla tappa milanese, dove l’artista presenta una grande installazione di diciotto metri, esito di un processo corale di ricamo e di condivisione.
L’intero lavoro si configura come una pratica partecipativa e diffusa: le risposte alla domanda di Gaggia vengono adottate, tradotte e ricamate anche da persone che l’artista non incontra direttamente. Ogni parola, ogni segno, diventa frammento di una narrazione collettiva che attraversa confini e contesti geografici. Questa dimensione ha portato il progetto a entrare in dialogo con il Global Movement to Gaza e a intrecciarsi con azioni solidali come la Global Sumud Flotilla, simbolica partenza di navi di aiuti per Gaza. Le coperte ricamate, divenute arazzi di testimonianza, sono oggi manifesti di memoria, resistenza e speranza, capaci di parlare una lingua universale di solidarietà.
L’esposizione alla Casa della Memoria restituisce la forza corale del progetto attraverso un percorso che alterna arazzi, documentazioni, materiali d’archivio e suoni. Ogni coperta diventa bandiera e voce: le frasi, mantenute nella lingua originale, raccontano l’esperienza di chi vive l’assedio, ma anche la forza di chi immagina un cielo comune, condiviso, possibile. Nei ricami si intrecciano mani e storie diverse, componendo un mosaico di empatia e di resistenza silenziosa. L’artista riafferma così la propria scelta etica e politica, sintetizzata in un’affermazione netta: “Io non ci sto.”
Con questo progetto, Gaggia rinnova una forma di disobbedienza poetica contro l’inerzia e l’indifferenza. La sua opera, lontana da ogni retorica, assume la forza di un atto di responsabilità collettiva. Il lavoro intreccia arte, partecipazione e memoria in un linguaggio che non cerca consenso ma condivisione, costruendo ponti tra comunità distanti e rendendo visibile ciò che la guerra tenta di cancellare.
Dopo la tappa milanese, Com’è il cielo in Palestina? proseguirà come progetto itinerante in diverse città italiane — Potenza (Museo MOON), Catania, Savona, Pesaro, Jesi e Torino — confermando la volontà di portare il messaggio dell’artista in una dimensione diffusa e partecipata. Al termine dell’esposizione sarà pubblicato un catalogo e successivamente un libro-diario di bordo, che raccoglierà testimonianze, materiali e riflessioni nate lungo il percorso.
In questo lavoro, la domanda “Com’è il cielo in Palestina?” si trasforma in una metafora universale, una richiesta di ascolto e di vicinanza che supera confini, ideologie e lingue. Nella trama dei ricami, nei fili che uniscono voci lontane, Giovanni Gaggia costruisce un’opera collettiva che è insieme atto politico e gesto umano, capace di restituire all’arte il suo compito più profondo: ricordare, unire e resistere.



