by Alessandro Riva e Alfonso Umali
Che stia facendo discutere, lasciando alcuni sbigottiti, altri increduli, altri ancora contrariati, è un fatto incontrovertibile. Che sia diventata nel giro di pochissimo tempo virale, con il consueto contorno di meme, di parodie e di prese in giro, è altrettanto indiscutibile. Certamente Comedian, la “banana” di Maurizio Cattelan da poco venduta per 6,2 milioni di dollari da Sotheby’s a Justin Sun, imprenditore cinese nel settore delle crypto e fondatore della piattaforma blockchain TRON, ha creato uno scompiglio non solo nel mondo dell’arte e della cultura, ma in generale nell’universo del web e della comunicazione diffusa, come non si vedeva da decenni. Come può una semplice banana, vera e deteriorabile, come tutti i frutti, essere considerata un’opera d’arte e passare di mano per cifre così iperboliche, è un mistero di un tempo che ai più sembra impazzito. Eppure, è evidente che, come e più del solito, Maurizio Cattelan, l’eterno enfant prodige dell’arte contemporanea italiana, genio indiscusso delle dinamiche del contemporaneo e delle strategie di comunicazione della nuova estetica diffusa, ha fatto centro, mettendo il dito sui punti nevralgici di questo passaggio epocale: dalla smaterializzazione del reale alla perdita di riferimenti estetici, culturali, identitari, allo statuto stesso di “opera d’arte”, messo in crisi cento e passa anni fa da Marcel Duchamp e oggi arrivato a una sorta di “punto zero” della sua stessa ri-definizione.
“La banana di Cattelan? È una cosa mentale”, ha commentato Vittorio Sgarbi, solitamente tutt’altro che tenero verso gli eccessi e le iperboli dell’avanguardia. “Quanto accaduto a New York sulla banana di Cattelan”, continua Sgarbi, “dimostra che l’opera d’arte non è più un bene rifugio ma un bene di fuga. Non è più una cosa che si rivaluta come un immobile ma una cosa che appartiene al nostro pensiero. È un percorso che in qualche modo toglie materia all’opera e la fa diventare puro pensiero, una cosa mentale. Questo nuovo record legittima il pensiero che Cattelan si muove in termini diversi da quelli della tradizione figurativa fin qui concepita. E questa è la novità: indicare una strada nuova alla creatività, che è appunto un fatto spirituale”.
Altra voce, altamente qualificata e sempre lucidissima nelle sue analisi, è quella di Carolyn Christov-Bakargiev, curatrice, storica dell’arte, già direttrice del Castello di Rivoli con larga esperienza nella curatela di manifestazioni internazionali (Biennale di Istanbul, di Sidney, Documenta a Kassel), e di recente curatrice della grande mostra sull’Arte povera alla Bourse de Commerce Collection Pinault a Parigi, che sul “caso” della vendita record di Comedian ha scritto: “È un evento-fenomeno molto interessante che marca il passaggio storico dal dicembre 2019 (quando Cattelan l’ha realizzata a Miami), alla “meme culture” di oggi, cioè ha molta “meme-energy”. La banana risale comunque a un ricordo di Warhol anche, e quindi alla Pop culture. La banana era sull’esterno di una navicella Musk qualche giorno fa. Ci sono motivi legati alla cultura digitale emergente, che spiegano quindi questo fenomeno. Ignorarlo o snobbarlo è come l’aristocrazia terriera che produceva vino e grano, alla fine del Settecento, e non capisce perché c’è la nuova borghesia della rivoluzione industriale, a cui non piace più la vecchia arte di Fragonard. Questa opera di Cattelan è l’opera di un artista di un’epoca storica che, alla sua fine, guarda l’epoca emergente, e trasmette la sensazione di quello che sente sta per succedere”.
Sul fatto che sia il simbolo di un passaggio storico epocale, si può dunque dire che concordino in molti, se non tutti, in questo momento nel sistema dell’arte contemporanea. Vera arte o ultimo gradino di provocazione mediatica? Giacinto Di Pietrantonio, critico d’arte, docente e direttore di musei importanti come la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, sempre attentissimo indagatore dei fenomeni del contemporaneo, non ha dubbi: “Comedian di Cattelan”, dice, “è un’opera d’arte che può piacere o meno, ma lo è perché in tutto il mondo quando la presentò si scatenò una discussione sul fatto se fosse arte o meno e non su altro. Dunque se un’opera fa discutere sulla sua artisticità è arte: bella o brutta, giusta o meno, è un’opera d’arte, in questo caso non più una banana. Infatti non si sta discutendo di essa se è o meno una banana, allo stesso modo in cui non si discusse se fosse un orinatoio o meno quando Duchamp lo presentò, 1917, come una Fontana. L’altro aspetto, quello economico, è da tempo inserito nei parametri estetici. Poi va tenuto anche conto del fatto che la copertura mediatica mondiale e non solo che sta avendo ora supera in cifre di molto i 6,2 milioni di dollari pagati dal magnate cinese Justin Sun che ha acquistato l’opera ben sapendo che avrebbe fatto da magnete mediatico. Per cui, come ogni volta, con Cattelan non c’è ne è per nessuno”.
Ma, per capire bene come si è arrivati a questa “santificazione” del frutto più pop della storia del contemporaneo, abbiamo stilato per voi una classifica delle 20 più famose banane della storia dell’arte, celebrando il frutto più pop della storia, prima e dopo che Cattelan lo facesse diventare lo sberleffo più costoso della storia dell’arte.
Giorgio de Chirico, “L’incertitude Du Poète“
Potremmo dire che il “pictor optimus”, il più contemporaneo dei pittori moderni, che anticipò molti elementi della società di oggi (dal gioco delle citazioni a quello delle auto-citazioni e dell’ambiguità delle datazioni delle opere), dipinse per primo le banane come simbolo “pop” ante-litteram: un frutto che, come scrisse lo stesso artista, rappresentava un simbolo di “felicità… voluttà di frutti maturi, dorati e dolci”, mescolato con altri elementi tipicamente metafisici, come il treno, la nave, il busto in gesso di una statua.
Andy Warhol, “Banana Album” (The Velvet Underground & Nico)
C’è poco di nuovo da dire sulla banana creata da Andy Warhol come copertina dell’album The Velvet Underground & Nico del ’67: è la progenitrice di tutte le icone pop, quella che eleva l’oggetto più popolare e comune al mondo, la banana appunto, legata anche a un senso di sberleffo divertito e sottilmente perfido, a soggetto d’arte, popolare ma anche colto e ricercato, oggetto di collezionismo elitario e distintivo. Se a teatro, nei fumetti e al cinema, le bucce di banane sono quelle su cui lo sciocco scivola, e nell’immaginario popolare diffuso il frutto è il simbolo per antonomasia di allusione sessuale, nell’arte, con l’assist della musica dei Velvet Underground, da questo momento in poi la banana accederà allo status di icona pop. Intramontabile, amatissima, infinatamente ripetibile.
Keith Haring, Untitled
Un anno dopo la morte di Andy Warhol, nel 1987, toccò a Keith Haring raffigurare, in un disegno a inchiostro su carta, il King della Pop con la sua celebre con banana in mano, in dimensioni maxi. Un omaggio postumo non solo all’artista che aveva cambiato per sempre il mondo dell’arte e lo stesso statuto dell’opera a livello popolare nell’epoca della massima riproducibilità tecnica, ma anche a quella che, assieme alla Campbell’s soup e alle icone “umane” come Marilyn e Mao, rimanse una delle sue più famose “invenzioni”: la banana appunto.
Jean-Michel Basquiat, Brown Spots (Portraits of Andy Warhol as a Banana)
Non diversamente da Haring, anche Basquiat, nel 1984, dipinse un ritratto di Andy Warhol: ma la sua invenzione geniale fu di fondere entrambi, l’artista e il suo oggetto, in un’unica immagine, una banana gialla e nera molto warholiana con in testa il classico parrucchino argentato che contraddistingueva l’immagine pubblica del Re della Pop.
Damien Hirst, “Turps Banana”
Anche Damien Hirst, il bad boy della YBA, è stato sempre ossessionato dai processi di slittamento semantico e concettuale degli oggetti “bassi” e quotidiani. Non è dunque strano che abbia replicato la banana warholiana in diverse versioni. Nel gioco di citazione e di riferimenti incrociati, l’opera di Hirst, intitolata Turps Banana, è anche un omaggio all’omonima rivista, tra i periodici internazionali più prestigiosi e conosciuti in tema di pittura contemporanea. Ma, tra le storie curiose che riguardano il rapporto con Hirst e la banana di Cattelan, c’è anche quella, rivelata dallo stesso artista nel 2020, di essere stato lui stesso uno degli aspiranti acquirenti di Comedian.
“Ero ossessionato dall’idea di omprare questa opera d’arte di Maurizio Cattelan, intitolata Comedian, perché mi piace così tanto!”. Così, racconta l’artista, ha chiesto al suo amico Francesco Bonami, curatore e critico, di chiedere a Cattelan se avesse una prova d’artista da vendergli o da scambiare con una sua opera. “Purtroppo ha detto di no!”, scrive Hirst, con l’emoticon del pianto. Risultato? Bonami ne ha fatto una replica, e gliel’ha regalata.
Robert Mapplethorpe, “Banana & Keys”
In una delle sue polaroid, Mapplethorpe raffigura un’enigmatica composizione, intitolata Banana & Keys, nel quale si mostra un mazzo di chiavi appeso a una banana. La foto mette a nudo la tendenza dell’artista a decostruire le immagini sessuali e feticiste tipiche dell’immaginario erotico (e soprattutto omoerotico) del periodo, con effetti di spiazzamento, di sorpresa e di ambiguità. Banana & Keys sembra alludere a chiara una metafora sessuaie e a uno dei tanti giochi ed accessori propri della cultura sadomaso, con un chiaro riferimento anche all’influenza di quello che considerava l’esempio dell’artista contemporaneo più iconico del suo tempo, Andy Warhol.
Banksy, “Pulp Fiction”
Apparso nella stazione della metropolitana di Old Street a Londra nel 2002, il murale che raffigura una delle scene di film che hanno segnato la storia del cinema degli ultimi vent’anni, quella di John Travolta e Samuel L. Jackson in Pulp Fiction di Tarantino: i protagonisti, però, al posto delle pistole, tengono in mano ciascuno una banana. Il classico sberleffo e la verve ironica di Banksy hanno ancora una volta colpito nel segno.
Mel Ramos, “Banana”
Famoro per le rappresentazioni di donne seminude, questa volta Mel Ramos, ha voluto omaggiare il colosso svizzero Chiquita, raffigurando una donna che esce da una buccia di banana. Molto Pop, certamente, ma anche dotato di una vena ironica irressistibile.
Sarah Lucas, “Eating a Banana”
Sarah Lucas è divenuta celebre per il senso di assoluta limpidezza dello sguardo sulle costrizioni, soprattutto sessuali, cui è tutt’ora soggetta la donna, per il caustico e irriverente umorismo delle sue opere, per l’uso di oggetti-feticcio, simboli della centralità del corpo, della sessualità, delle libertà e della repressione sessuale, nei nostri comportamenti quotidiani. In questa serie di dodici stampe fotografiche, l’artista mostra se stessa ripresa in varie pose mentre mangia una banana, con un’evidente allusione all’atto della fellatio. L’artista gioca in questo modo con le diverse idee di femminilità e mascolinità, forzando i confini tra trasgressione e norma.
Natalia LL, “Consumer Art”
Più esplicita ancora e più diretta di Sarah Lucas, l’artista e attivista polacca Natalia LL, pioniera dell’arte femminista e perfiormer molto conosciuta nell’ambito delle sperimentazioni visive degli anni Sessanta e Settanta, ha giocato spesso con rappresentazioni dichiaratamente “scandalose” o pornografiche e con allusioni tutt’altro che velate alla sessualità. Nelle fotografie in bianco e nero della serie Consumer Art, Natalia LL gioca con gli sterotipi di genere nella sessualità e decostruisce le immagini della pornografia diffusa. La banana, in questo caso, prima ancora che oggetto pop, torna a essere un feticcio pornografico, ma, gestito com’è in prima persona da un’artista donna, viene svuotato dalla sua carica di mascolinità “tossica”, che vede nella donna solo un oggetto-vittima del desiderio maschile, divenendo invece esso stesso un mezzo, divertito, “scandaloso” e allusivo, di riappropriazione e libertà sessuale.
David Hockney “Banana”
Anche David Hockney riprende una banana solitaria, in un pastello su carta del 1970, solitaria su un fondo bianco. L’opera, di piccole dimensioni, si discosta molto dalle iconiche raffigurazioni di piscine e di paesaggi dell’artista, per affontare un soggetto caro ai generi tradizionali della pittura, la natura morta, con un desolante senso di solitudine. Più che una natura morta, sembra un ritratto, dove l’atmosfera tipica del pop lascia il posto a una serrata malinconia esistenziale.
Beeple, “Banana Season”
Non poteva mancare Mike Winkelmann, in arte Beeple, campione della nuova arte “immateriale” degli NFT, nel novero degli irriverenti innovatori della cultura pop diffusa. Non è dunque un caso che proprio Beeple, tramite due post pubblicati sui social, abbia voluto omaggiare, tra il caustico e il sarcastico, la banana di Cattelan: paropdiando una foto apparsa di recente su tutti i media del mondo, che raffigura Donald Trump, Elon Musk, Donald Trump jr, primogenito del neoeletto presidente USa, e Robert F. Kennedy Jr., neo ministro della Sanità, su un aereo privato pronti a banchettare a suon di Junk Food, sono infatti ritratti dall’artista con al centro della tavola… proprio lei, la banana di Cattelan.
Parodie, fake news, imamgini così improbabili da sembrare vero sono l’essenza della nuova arte di tendenza. In un’altra immagine (in alto, in copertina dell’articolo), l’artista è stato, oltre che ironico, straordinariamente esplicito, raffigurando Justin Sun come un idolo contemporaneo, con, sulla fronte, appicicata la banana di Cattelan. Potere mediatico, viralità, smaterializzazione, culto della personalità e nuovi investimenti in bitcoin coinfluiscono così in un’unica immagine, potente e simbolica quante poche altre.
Romero Britto, “Pop by Nature”
Anche l’artista di origine brasiliana Romero Britto, naturalizzato Usa, con il suo tipico stile Neo-Pop, ha omaggiato il frutto-simbolo della Pop: collaborando direttamente con il brand Chiquita, esportando il suo linguaggio colorato e gioioso all’interno della campagna “Pop by Nature” diffusa in tutte le città del mondo. Il pop di Warhol, divenuto oggi bene-rifugio per collezionisti in grado di permetterselo, torna così ad essere pop diffuso e iperpopolare, di tutti e per tutti.
Guerrilla Girls, How Many Women Artists In The Andy Warhol And Tremaine Auctions At Sotheby’s?
Le Guerrilla Girls, collettivo artistico nato a New York nel 1985, utilizzano tecniche e grafiche da poster politico “di protesta”, con ujna grafica lineare e utilizzando due o tre colori, contro sessismo e razzismo nel mondo dell’arte, mantenendo l’anonimato grazie a maschere di gorilla. Se il gorilla è la metafora perfetta della “mascolinità tossica”, la cui iconografia viene ribaltata diventando la maschera dietro cui le stesse artiste-attiviste si nascondono, la banana, frutto allusivo e fallico per eccellenza, diviene invece emblema dello strapotere patriarcale nel mondo dell’arte. Nel lavoro Women Artists In The Andy Warhol And Tremaine Auctions At Sotheby’s‘, del 1989, le due banane specchiate, simbolo warholiano per eccellenza, nel lavoro costituiscono la risposta alla domanda che dà il titolo all’opera, assumendo la forma dello zero.
Tomoko Nagao, “A banana gold yellow”
Tomoko Nagao, artista giapponese di stanza a Milano, con il suo tipico stile giocoso e “superflat”, ha trasformato il simbolo warholiano della banana in un giocoso personaggio zoomorfo: allusione alla sessualità, rappresentazione divertita e sarcastica del mondo dell’arte, o gioco a rimpoiattino con gli sterotipi iconografici contemporanei, certo è che le mascotte-banane di Tomoko hanno le carte in regola per diventare carachters popolari e iconici della nuova era digitale.
Giuseppe Veneziano, “Banana blu”
Tra gli artisti italiani che si sono riappropriati del simbolo pop della banana, non potevamo non partire da Giuseppe Veneziano, decano degli artisti pop-irriverenti della nuova scena pittorica di casa nostra, che, con la sua immensa Banana Blu, ha fatto la sua apparizione nella piazza di Pietrasanta nell’estate del 2021 in occasione della sua mostra superpop (come sempre osteggiata da una parte consistente del sistema dell’arte, e apprezzatissima invece dal “popolo dei selfie”), intitolata appunto “Blue banana”. Il classico simbolo di Warhol diventa così, nella rappresentazione “extra large” di Veneziano, soltanto una sottile, elegante linea blu su una delle piazze più belle e più caratteristiche d’Italia. Un cortocircuito visivo e concettuale tra classicità e origini del pop, con uno sguardo al design e uno a Oldenburg (anch’egli autore, peraltro, di una banana gigante in fiorma di monumento pubblico…).
Roxy in the box, “Kill Banana”
Un’altra artista italiana, la napoletanissima, esuberante ed effervescente Roxy in the Box, ha anche lei realizzato una serie di opere dedicate al frutto warholiano, in tempi non sospetti, tra la napoletanità e il culto pulp di Tarantino. “Nel 2006”, ha infatti raccontato l’artista ricordando quel lavoro, “realizzai un’opera intitolata Kill Banana, ispirata alla celebre “bananara” del mercato rionale della Pignasecca, nel cuore di Napoli. La protagonista del dipinto è la signora Fortuna, che trasformai in un personaggio tarantiniano”. Sul quel lavoro, ha scritto in questi giorni anche il critico Gianluca Marziani, ricordando l’amore viscerale per il lavoro dell’artista napoletana provato dal figlio del critico, Bernardo, scomparso appena ventenne nel luglio del 2024: “Cara Roxy in the Box, eri l’artista italiana preferita del mio Berni, davanti al suo letto vedeva sempre il tuo light-box con la formidabile Femmenella, mi diceva spesso quanto spessore e potenza avessero i tuoi personaggi così napoletani e così universali… nei giorni in cui si celebra il talento e la banana concettuale di Maurizio Cattelan voglio ricordare la nostra Kill Banana del 2006, l’opera che ci ha fatto lavorare insieme per la prima volta…”. Un lavoro, quello dell’artista napoletana, che Marziani definisce “così espressivamente deflagrante, così amorevolmente poetica, così raffinata nelle invenzioni del tuo universo sentimentale…”.
Alessandra Pierelli, “Comedian Tribute”
Sempre in camoi italiano, anche l’artista di origine anconetana Alessandra Pierelli, artista pop che più pop non si può, e che da anni lavora sul tema del Pop Food, ha voluto omaggiare la banana più costosa della storia dell’arte con una sua “replica”, realizzata in resina, su cui però l’artista ha innestato un pattern di puntine da disegno, tratto distintivo del suo stile: “Le puntine da disegno hanno questa doppia valenza: sono colorate e divertenti come smarties all’esterno, ma la punta metallica che nascondono trafigge”. L’artista le utilizza dunque proprio per la loro doppia valenza: “quella esterna e superficiale colorata e ludica, e l’altra parte, che non si vede, che penetra e punge…”. Nel caso della banana, quindi, il significato sotteso è una riflessione sull’arte di oggi, che da una parte attrae e diverte, dall’altra “specula sull’effimero” e divora i suoi stessi prodotti.
Francesco De Molfetta, “L’unico frutto dell’amor”
È un omaggio alla pin up di Mel Ramos quello che ha realizzato Francesco De Molfetta, in arte Demo, uno dei più ironici e corrosivi artisti italiani contemporanei, sempre sospeso tra riflessione concettuale e sberletto linguistico-concettuale, che ha creato una scultura in ceramica in cui Rocco Siffredi, “l’unica vera grande banana nazionale”, come la definisce lui, esce da una banana Chiquita come facevano appunto le starlettes anni Cinquanta dipinte dal suo collega americano.
Tv Boy, “Cattelan’s Banana”
Infine, non poteva mancare nepure lo street artist Tv Boy, noto per i suoi “commenti visivi” in tempo reale alla cronaca del momento (divenne famoso in tutto il mondo per aver realizzato il bacio tra Salvini e Di Maio all’epoca del governo gialloverde): nel 2019, poco dopo la prima apparizione di Comedian ad Art Basel Miami Beach nello stand di Perrotin, Tv Boy aveva realizzato un murale che rappresentava Cattelan con in mano un cartello con su scritto: “OFFERTA BANANE! 120.000 € L’UNA!”.
Oggi, prontamente, l’artista ha replicato: il nuovo lavoro reca una correzione nella scritta: Banana on offer, 6 millions each. Potenza dell’inflazione…