Da MANCASPAZIO il ritorno di Giampaolo Todde: una mostra riattiva l’opera di un artista dimenticato

Dal 20 giugno MANCASPAZIO di Nuoro accoglie “Un’altra volta ancora”, mostra dedicata a Giampaolo Todde (1931–1996), a cura di Annamaria Cabras, Antonello Cuccu e Chiara Manca. Alle 18:30 del vernissage, lo spazio espositivo si trasforma in un laboratorio critico, dove l’arte di Todde ritorna protagonista dopo decenni di assenza dal discorso artistico mainstream. Non si tratta di un omaggio nostalgico, ma di un atto di riattualizzazione consapevole che interroga i criteri di visibilità e selezione nella memoria collettiva.

L’allestimento evita la retrospettiva convenzionale per optare per un percorso tematico. Opere su tela, lavori su carta, installazioni scultoree e interventi su materiali poveri dialogano tra loro secondo una lettura non cronologica. La fluidità tra tecniche e linguaggi rispecchia l’attitudine plurale dell’artista, che riflette sul confine tra figurazione e astrazione. Il visitatore è invitato a percorrere spazi dove la luce calda e la tensione materica delle opere amplificano il tono interrogativo piuttosto che celebrativo.

Todde operava su un doppio registro: radicamento nel contesto isolano e apertura verso le pratiche europee più avanzate. Tra gli anni Sessanta e Ottanta, elaborava forme e stilemi che collimavano con la sperimentazione visiva internazionale, pur mantenendo una connessione intima con la Sardegna. La mostra ricostruisce questa tensione e propone la sua opera non come testimonianza fine a sé stessa, ma come stimolo attuale a riflettere sulle genealogie artistiche e culturali. In un decennio in cui l’arte isolana sembrava orientata verso una dimensione identitaria rassicurante, Todde rompeva lo schema e spingeva verso un discorso aperto e pluralista.

L’assenza prolungata nel discorso ufficiale è interpretata come “momento dialettico”: non un oblio irreversibile, ma una condizione da decostruire. “Un’altra volta ancora” vuole restituire a Todde non un titolo postumo, ma un ruolo attivo nel presente. Il catalogo presentato in apertura rilancia questa impostazione: contributi di Cuccu e Chiara Manca, fotografie di Nelly Dietzel e grafica di Sara Manca compongono un dossier che accompagna e supporta la visione curatoriale, senza sostituirla.

Per il pubblico la mostra offre un’esperienza consapevole: l’arte non è qui relato valutato, ma interrogato. Le opere sollevano questioni su temi sempre attuali: identità e appartenenza, confine tra località e internazionalità, tensione tra visibilità e occultamento. Il visitatore è chiamato a ri-abitare queste domande, non solo a fruirle come contenuti estetici.

La pratica curatoriale di MANCASPAZIO dimostra un approccio coraggioso: recuperare un’opera non per nostalgie, ma per operare una restituzione critica. Lo spazio stesso, con orari serali e un’atmosfera raccolta, sostiene un’esperienza immersiva e dialogica, lontana dalla liturgia museale formale.

L’operazione mostra come “recuperare” un artista non significhi solo esporlo, ma re-incontrarlo in un convito di riflessione. La rimozione di Todde diventa occasione per esplorare la costruzione della memoria culturale come attività collettiva. L’artista emerge così non come una figura del passato, ma come figura capace di dialogare con il presente.

“Un’altra volta ancora” è un atto di responsabilità: riscrive gerarchie culturali spesso date per scontate, interrogando le dinamiche che hanno reso invisibile un artista ecclettico e critico. Todde ritorna, non come eco nostalgico, ma come voce potente, capace di sconvolgere categorie e ridare linfa a una memoria viva, collettiva e pluralista.

1 commento

  1. La lettura di questo intervento dimostra la necessità di operazioni critiche di questo tipo e spessore. Questa è – sarebbe – la missione delle gallerie pubbliche: riportare a galla il sommerso. Che lo faccia uno spazio privato, risarcisce il mondo dell’arte della miopia e monotonia del mercato.

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