Da Zero a Motel ovvero la crisi del maschio alfa, tra vecchie aspettative e nuovi equivoci

Qualche tempo fa, mi sono trovata a vivere un episodio che, se da un lato ha del surreale, dall’altro mi ha portata a riflettere su un tema più ampio: la crisi del cosiddetto “maschio alfa”. Una sera, un uomo che conoscevo mi invita a cena per ringraziarmi del lavoro che avevamo svolto insieme. La serata trascorre in modo cordiale, nulla lascia presagire che ci siano secondi fini o intenzioni ambigue.

Finita la cena, saliamo in macchina per tornare verso casa, ma a un certo punto, sull’autostrada, lui dice: “Io ci provo”. Colta di sorpresa e con lo sguardo rivolto a una pompa di benzina nelle vicinanze, ingenuamente rispondo: “Va bene”. Alzo gli occhi e mi accorgo che non eravamo davanti a una stazione di servizio, ma a un motel. Restando calma, lo invito a rimettere in moto e a riportarmi a casa. Lui, senza battere ciglio, lo fa.

Ora, la mia domanda è: che modo è di trattare una donna? Questo episodio non è solo un aneddoto imbarazzante, ma uno spunto per riflettere su come oggi gli uomini, e in particolare quelli che vorrebbero incarnare il ruolo del “maschio alfa”, si muovano in un mondo in cui le dinamiche di genere sono in profonda trasformazione.

Il “maschio alfa” tradizionale – sicuro di sé, deciso e assertivo, a volte fino all’arroganza – sembra aver perso terreno. La società ha iniziato a mettere in discussione gli stereotipi di genere e con essi anche l’immagine dell’uomo dominante, quel tipo di figura che un tempo incarnava potere, carisma e controllo. In un contesto in cui le donne rivendicano sempre più autonomia e parità, molti uomini sembrano non sapere più quale ruolo assumere.

L’episodio del motel, per quanto singolare, è un esempio lampante di questa confusione. L’uomo in questione, apparentemente gentile e rispettoso per tutta la serata, sceglie un momento casuale per fare una mossa che è un mix tra goffaggine e malcelata supponenza. La frase “Io ci provo”, oltre a essere priva di qualsiasi eleganza, trasmette l’immagine di qualcuno che non ha né la sicurezza di un tempo né la sensibilità richiesta oggi.

Quella che chiamiamo “crisi del maschio alfa” si manifesta spesso con atteggiamenti paradossali: da un lato, uomini che si aggrappano ai vecchi modelli di mascolinità per sentirsi forti; dall’altro, uomini che temono di sbagliare, perdendo completamente spontaneità e autenticità. In entrambi i casi, il risultato è un cortocircuito relazionale.

Viviamo in un’epoca in cui gli uomini sono sempre più consapevoli delle aspettative delle donne – rispetto, ascolto, reciprocità – ma non sempre riescono a tradurle in azioni coerenti. Alcuni si rifugiano nella passività, altri invece oscillano tra atteggiamenti imbarazzanti, come il tentativo di rendere una proposta romantica (o sessuale) a metà tra il diretto e il non detto, e momenti in cui si lasciano sfuggire un’autorità fuori tempo massimo.

È evidente che non possiamo più misurare il successo o l’attrattiva di un uomo con i parametri del passato. Eppure, manca un modello chiaro per gli uomini di oggi. Invece di ripiegare su vecchie dinamiche o azioni improvvisate, è fondamentale costruire un modello di mascolinità che metta al centro il dialogo e il rispetto reciproco.

Questo richiede un cambiamento culturale profondo: l’abbandono delle pressioni a dover essere qualcosa (dominanti, performanti, invincibili) in favore di una maggiore autenticità. Uomini e donne possono e devono ridefinire insieme le regole del gioco, costruendo relazioni basate sulla comprensione e sull’empatia.

Per uscire da questa “crisi”, occorrono due ingredienti principali: coraggio e umiltà. Il coraggio di rivedere i propri comportamenti, mettendo da parte la paura di sembrare vulnerabili, e l’umiltà di accettare che l’altro possa avere aspettative diverse dalle proprie. Non si tratta di rinunciare alla propria identità, ma di evolverla, accogliendo la complessità delle relazioni moderne.

Il mio invito, quindi, è questo: smettiamo di aggrapparci a immagini idealizzate o obsolete di mascolinità. L’uomo che verrà – e che ci auguriamo di incontrare più spesso – sarà forse meno alfa, ma certamente più umano.

2 Commenti

  1. Devo ammettere che maschio cosiddetto alfa in un certo modo lo sono stato anch’io, soprattutto ad un certo punto della vita si verifica un’attrazione quasi adolescenziale verso la figura femminile: un attrazione quasi irresistibile fatta di profumi, umori, di attenzioni… Ad un certo punto anche la sudorazione diventa piacevole… Ed un attimo cadere o confondere, più facile dopo una cena in cui il vino toglie inibizioni, da un rapporto amichevole al desiderio di un di più…
    Frenarsi non è semplice ma assicuro ci si può riuscire interrompendo momentaneamente il dialogo… Dico questo perché a me è capitata una femmina alfa.
    Il maschio caratterialmente è più debole della femmina, non ha la forza femminile di frenare bisogna sempre ricordarlo.
    Comunque maschi alfa ci sono ne ho conosciuti sia etero che non etero e trovo che da questo punto di vista siano eternamente adolescenti.

  2. Coraggio e umiltà. Due ingredienti purtroppo assenti. Ma uno schiaffo a mano aperta? Il “maschio alfa” lo avrebbe meritato!

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