Hanno saputo far emergere il proprio talento raggiungendo la fama internazionale e vendite a prezzi record eppure, nel 2025, è necessario parlare ancora di divario di genere nell’arte contemporanea. Ma qual è lo stato delle cose per le donne artiste? Secondo The Art Basel & UBS Art Market Report 2024, il mercato dell’arte sta vivendo un’evoluzione significativa sul fronte della parità di genere. Le artiste rappresentano oggi il 41% delle presenze nelle gallerie, con punte che raggiungono il 46% nel mercato primario.
Non solo: le gallerie che espongono in prevalenza opere di artiste donne hanno registrato un incremento del 4% nelle vendite. Anche le collezioni private riflettono questa trasformazione: dal 33% di presenza di opere femminili del 2018 si è passati al 44% nel 2024. Il Sotheby’s Insight Report: Women Artists del 2025 registra una rappresentanza al femminile senza precedenti nel mercato delle aste: 1.148 artiste hanno avuto opere battute, con un incremento del 131,9% rispetto al 2018. La quota di vendite generate dalle donne è più che raddoppiata, dal 6,2% del 2018 al 13,8% del 2024, anche se nel 2025 si è leggermente ridotta al 12,6%. E nonostante le donne costituiscano ancora meno di un quarto (23,6%) degli artisti all’asta, a trainare la crescita sono soprattutto le voci giovani e contemporanee che nel 2024 hanno rappresentato l’82% delle presenze femminili.

Cosa ostacola le artiste donne?
Fin qui i segnali incoraggianti. A certificare, però, la permanenza di un divario che ha radici lontane e profonde, è la persistenza di elementi strutturali che continuano a ostacolare la piena affermazione delle donne nel mondo dell’arte contemporanea. Da stereotipi e disparità di genere che limitano la reale inclusione, soprattutto in ambiti come la scultura, dove la presenza femminile resta minoritaria, fino all’attuale fase di contrazione del mercato globale, che tende a penalizzare in particolare le artiste emergenti e le realtà meno visibili.
Le dinamiche economiche e speculative continuano poi a privilegiare specifici segmenti o nomi già affermati, lasciando le artiste a confrontarsi con barriere culturali e sistemiche che ne frenano la piena legittimazione. “Siamo in presenza di un paradosso – sottolinea ad Artuu Carla Langella, professore associato di Disegno industriale all’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ e coordinatrice dell’Hybrid Design Lab – . Nelle accademie le donne sono la maggioranza e spesso eccellono, ma ai vertici del sistema arte, design e architettura dominano ancora gli uomini. Il divario è in parte generazionale: gli artisti affermati di oggi si sono formati quando le donne erano meno presenti. Pesano però anche fattori economici e culturali: collezionisti e investitori, perlopiù uomini, continuano a privilegiare i colleghi maschi. Tuttavia, il collezionismo femminile cresce e in alcuni paesi, soprattutto in Asia, le nuove generazioni di artiste stanno già conquistando spazio”.
L’organizzazione no-profit Women in Art Fair ha cristallizzato in una serie di dati le criticità. Nel 2024, solo il 25% delle opere in vendita su Artsy, una delle più importanti piattaforme di arte online, proveniva da artiste donne. Il prezzo medio delle opere di artiste all’asta risulta inferiore del 47,6% rispetto a quello dei colleghi uomini, come documentato da The Art Newspaper nel 2017. Inoltre, tra il 2008 e il 2022 le opere realizzate da donne hanno generato appena 6,2 miliardi di dollari su un totale di 186,9 miliardi di vendite all’asta, in base a dati contenuti nel Burns Halperin Report, realizzato dalle giornaliste di Artnet News Charlotte Burns e Julia Halperin.
Secondo le elaborazioni delle case d’asta Sotheby’s, Christie’s e Phillips, infatti, le opere realizzate da donne rappresentano costantemente meno del 5% delle vendite totali all’asta a livello mondiale. I 100 artisti viventi più venduti all’asta sono in stragrande maggioranza uomini, con una scarsa presenza di donne in classifica. “Non è solo una questione di mercato – continua Langella – , ma anche di percezione culturale: chi spende cifre elevate tende ad affidarsi a nomi già consolidati, che appartengono in larga parte al settore maschile. Se domani aumentassero le collezioniste donne, cambierebbero anche le dinamiche di valorizzazione”.

Record e protagoniste affermate
Se da un lato la rappresentanza femminile progressivamente cresce sul fronte curatoriale e nelle acquisizioni museali, dall’altro la competizione commerciale e la rappresentanza restano campi in cui la parità di genere è ancora lontana e le politiche culturali latitano. Anche la concentrazione commerciale contribuisce a creare sorta di “filtro” che riduce lo spazio per nuove voci, incluse molte artiste donne.
Oggi, secondo il rapporto di Sotheby’s, 8 gallerie internazionali – tra cui Zwirner, Gagosian, Pace e Hauser & Wirth – rappresentano 30 delle prime 50 artiste per vendite, controllando quasi l’80% del valore complessivo del segmento. Ancora prive di retrospettive museali le protagoniste dei movimenti radicali tra gli anni ‘60 e ‘80, e le artiste nere, indigene e del Sud globale, rispetto alle quali pesa anche il pregiudizio del mercato che fatica a tradurre in valore pratiche come performance, tessuti, video e arte sociale, pur celebrate nelle istituzioni.
“Come docente – prosegue Langella -, non vedo grandi differenze tra studenti e studentesse in termini di risultati. Le ragazze sono spesso più numerose e ottengono ottime performance. Nelle prime fasi, le opportunità sono uguali. Le disparità arrivano dopo, quando si tratta di investimenti, di inserimento sul mercato, di riconoscimento pubblico. È lì che interviene la struttura ancora dominata dagli uomini”.
Nel 2025, Marlene Dumas è diventata l’artista vivente più apprezzata al mondo, con l’opera Miss January venduta all’asta da Christie’s New York per 13,6 milioni di dollari con diritti, superando il precedente record realizzato da Propped di Jenny Saville (aggiudicata nel 2018 da Sotheby’s Londra per circa 12 milioni di dollari). Se però paragoniamo queste cifre a quelle, ben più consistenti, delle controparti maschili, il valore dell’aggiudicazione fa meno effetto. Crescono però senza sosta anche le quotazioni di nuove protagoniste dello scenario attuale, come Julie Mehretu, Amy Sherald, Alicia Adamerovich, Njideka Akunyili Crosby, Shara Hughes, Cecily Brown, Laura Berger, Jadé Fadojutimi e Otobong Nkanga, tra le altre. Molte di loro utilizzano i social media e le tecnologie digitali per bypassare i canali tradizionali e aprirsi a nuove traiettorie. I mercati asiatici registrano aggiudicazioni record per le opere di artiste ormai ampiamente affermate come Kusama, ma anche Christine Ay Tjoe e Yun Suk Nam.

Politiche culturali e strumenti per la parità
Negli ultimi anni diversi paesi hanno cercato di ridurre il divario di genere nell’arte contemporanea con interventi politici e legislativi, seppure con esiti disomogenei. Alcuni governi hanno sperimentato il modello delle quote e dei finanziamenti vincolati alla parità di genere: in Norvegia, ad esempio, il sostegno pubblico alle arti visive è stato subordinato a parametri di diversità, spingendo istituzioni e gallerie verso una programmazione più inclusiva.
In Germania e Regno Unito sono state promosse norme che impongono a musei e gallerie pubbliche di rendere trasparenti i budget destinati alle acquisizioni, mentre report di mercato come quelli di Art Basel hanno iniziato a distinguere le statistiche di genere, sollecitando operatori e collezionisti a una maggiore trasparenza su questo fronte. Il problema principale rimane però la mancanza di regolamentazione nelle vendite private e nelle aste.
Una situazione che alimenta, lontano dai riflettori, la disparità. Abigail Adeyemi, storica dell’arte, curatrice e scrittrice, in un saggio realizzato per il journal del Museum of Modern African Art (MoMaa), scrive che “politiche, tecnologia e nuovi movimenti hanno il potenziale per sconvolgere radicalmente lo squilibrio di genere nel mercato dell’arte, ma solo se implementati con incisività, trasparenza e finanziamenti costanti. Senza un profondo cambiamento strutturale, i nuovi strumenti rischiano di diventare l’ultima incarnazione di una lunga tradizione di esclusione”.
In questi giorni, il National Museum of Women in the Arts di Washington celebra con una mostra i 40 anni dalla nascita delle Guerrilla Girls. Un movimento di artiste che, in anticipo di decenni su meme e video virali, continua a denunciare ancora oggi, con campagne di strada e grafiche innovative, le disparità sociali e di genere, sfidando apertamente finanziatori e mecenati accusati di favorire la discriminazione femminile nel mondo dell’arte. Quarant’anni di lotte, performance, installazioni, durante i quali i passi avanti sono stati lenti ma costanti. E il futuro? “Sono ottimista – conclude Langella – perché penso che, continuando a tenere un faro acceso su questo tema, le ragazze che oggi studiano e si avvicinano all’arte avranno nell’immediato futuro più chance delle artiste che le hanno precedute, trovando condizioni più inclusive per un miglioramento complessivo dello scenario”.


