Curato da Chiara Canali e Camilla Mineo, il Festival della creatività contemporanea Parma 360 giunge alla sua nona edizione proponendoci uno sguardo piacevolmente obliquo sull’arte contemporanea, quest’anno declinato alla luce del tema delle “Memorie. Ricordi che diventano storie”. Ne sono prova anche le sezioni ospitate in un edificio di natura privata (Starhotels du Parc), un edificio pubblico convertito all’arte (edicola liberty di Piazza della Steccata), un edificio pubblico sede di istituzioni vocate alla collettività (Laboratorio aperto del Complesso di San Paolo).
Nelle sale liberty del prestigioso albergo prospiciente il Parco ducale di Parma, c’è il trionfo dell’ego con un progetto fotografico esplicitato molto chiaramente sin dal titolo: “Memorie dell’ego”. Il fotografo parmigiano classe 1980 Marco Circhirillo si moltiplica, quasi in una sorta di ‘uno, nessuno e centomila’, mostrandosi in grandi fotografie che compattano in unico spazio decine di sue presenze. Se davvero il doppio è essenza dell’uomo e dell’umanità, Circhirillo ci coinvolge in una serie tematica sorprendente in cui il protagonista delle fotografie è lui, insieme al suo doppio replicato una infinità di volte (all’interno di un teatro, su una scalinata, in un bianco asettico).

Questa doppiezza di carattere (o anche questa moltitudine di componenti psicologiche) ha due eccezioni: in una c’è la regressione dell’artista all’era infantile per cui è un bambino a essere moltiplicato; in un’altra fotografia l’infinita riproducibilità tecnica dell’essere umano coinvolge anche una donna e le sue replicanti, con cui i replicanti di Circhirillo si affrontano con una moltitudine di atteggiamenti (corteggiamento, indifferenza, insofferenza, pathos, dolore, gioia, …).

La presenza di Circhirillo nell’ambito di Parma 360 si arricchisce di un’altra serie tematica che coinvolge gli immigrati di seconda generazione: si tratta di foto ciascuna delle quali raffigura un volto composto da innumerevoli strisce orizzontali appartenenti ad altre persone. L’effetto è di una tecnica mosaicale (a strati invece che a tasselli) che comunque raffigura un volto ‘compiuto’ e il messaggio richiama il fatto accertato che ognuno di noi è fatto anche di altre persone.
Molto poetica è la fasciatura di illustrazioni firmate da Martina Lucidi che abbracciano letteralmente l’edicola liberty di Piazza della Steccata, nel cuore del centro storico parmigiano. “Rifugi” è il titolo del progetto dell’artista 33enne di origine ravennate e con sede a Bologna: l’illustratrice vive il presente per disegnare il passato con uno stile che unisce disegno, collage e foto vintage.

L’effetto è particolarmente evocativo e l’osservatore si riconosce in storie che possono sembrare intime ma che diventano universali. Volontariamente naïve (è il nome d’arte con cui si manifesta pubblicamente), Lucidi ci coinvolge in un progetto che è pubblico dal punto di vista della fruizione ma molto privato, un agglomerato di rifugi individuali e personali, dal punto di vista dell’espressività e di ciò che è raffigurato. Si ha la sensazione sospesa di partecipare alla trama di un film o di un romanzo, oppure di essere protagonisti di piccoli istanti quotidiani tradotti molto liricamente in forma d’arte.

E’ un poker di illustratori affermato quello che la galleria torinese Caracol propone nel Laboratorio aperto del Complesso di San Paolo, ormai luogo deputato, nell’ambito di Parma 360, all’illustrazione di qualità. “Come un segno di memoria” è il fil rouge che unisce le opere di Francesco Chiacchio, Manuele Fior, Andrea Serio ed Elisa Talentino, chiaramente differenti tra loro ma accomunati da alcuni elementi che incrociano e intrecciano i loro lavori. Le copertine Einaudi del 2023 di Andrea Serio (carrarese classe 1973), pubblicate per celebrare il centenario della nascita di Beppe Fenoglio sicuramente incrociano, per ambientazioni e temi toccati, quelle di Manuele Fior (cesenate nato nel 1975) prodotte per le copertine di poesie e romanzi di Cesare Pavese.

La matita colorata di Serio ci mostra un Fenoglio solitario, mai immerso nel clima di guerra civile del suo tempo: sembra uno scrittore ripiegato su se stesso, che afferma il coraggio e la speranza ma è in disparte rispetto al convivio umano e l’eco degli scontri armati sembra non esistere. Colorate e caratterizzate da linee molto morbide sono anche le copertine che Serio ha dedicato alle opere letterarie di Cesare Pavese. Anche in questo caso si è catturati magneticamente dalla poesia di ciò che è raffigurato: sembra di entrare in profondità negli ambienti pavesiani e quasi di affiancarlo in un percorso che spazia, a seconda dei titoli, tra le colline illuminate dalla luna o il verde delle colline, tra il dolce rumore del mare calabrese che ci riporta al suo confino del 1935 e le ambientazioni fluviali. In entrambi i casi, l’invito alla lettura delle opere è potente, grazie all’evocazione perfettamente aderente allo spessore dei due intellettuali e ciò che rappresentano nell’immaginario collettivo.

Tutt’altro che colorate e ugualmente molto immaginifiche di paesaggi interiori è il progetto del fiorentino classe 1981 Francesco Chiacchio, dal titolo “A volte sparisco” (pubblicato da Topipittori). Frammenti di memoria e istanti di vita diventano i protagonisti di questa serie tematica struggente, poetica, grottesca, autoironica, lievemente tragica, al confine tra l’autoanalisi e la voglia di un altrove. Strutturato su un format di quattro quadrati per scena, il racconto illustrato incrocia molto spesso l’amato jazz e, su affermazione diretta dell’autore, si tratta di disegni che non hanno avuto un antecedente in bozza.
Con un poderoso ritorno alla delicatezza e alla grazia, Elisa Talentino (classe 1981 e nativa di Ivrea), ci avvicina con una coinvolgente contaminazione di illustrazione e serigrafia che mette al centro del suo lavoro la donna. Le figure femminili di Talentino sono libere, emancipate, di personalità forte, dotate di capelli lunghi che legano come catene più elementi della scena. La figurazione è molto fantasiosa eppure concreta e l’effetto sull’osservatore è di messaggi sussurrati contenenti in sé una energia sottile, quasi invisibile, eppure prorompente.