Quando progettai la mostra Animali Fantastici, inaugurata nel 2023 a Bologna con la produzione di Arthemisia ed un catalogo edito da Skira, sviluppai l’idea partendo dal bestiario strabiliante di Dario Ghibaudo, artista che mi offre meraviglia da oltre tre decadi, uno stupefacente viaggiatore del karma ibrido tra viventi animali e vegetali, poetico assemblatore di molteplici DNA che si prestano alle trasmutazioni di una storia innaturale del mondo emerso.
Fin dagli anni Novanta mi colpì l’idea ossessiva che guidava ogni singola produzione dell’artista, ovvero, costruire un Museo di Storia Innaturale attraverso un percorso di sale che corrispondevano ai singoli progetti e ai tipici approcci classificatori delle istituzioni dove la Terra e le sue forme di vite sono materia accademica. Nel tempo ho curato alcune di quelle mostre (sale) e affrontato alcuni passaggi evocativi di una visione antropologicamente postumana, dentro una coscienza biologica che scrutava il versante poetico di ogni ibridazione fantastica…

Ed ecco arrivare (a Bruxelles, con la mostra “Mutazioni” presso l’Espace Constantin Chariot di rue Pierre Decoster 110), gli animali scultorei degli anni recenti, rilucenti creature da cinema potteriano che si portano appresso mitografie medievali e vaporwave, scenari tra H.P. Lovecraft e Game of Thrones, tra fiabe nordiche e cinema contemporaneo, sorta di immenso immaginario qui condensato in forme anomale ma non anormali, come se Ghibaudo fosse il fratello di Godwin Baxter, il dottore visionario e romantico del film Povere Creature.
Sculture bianche di impeccabile modellazione, idealmente uscite dal bassorilievo parietale per trasformarsi in esseri senzienti e dinamici, dentro un sistema mimetico che si regola sulle loro pelli neutre e adattive, pronte ad ogni soluzione camaleontica, adeguate alle rivoluzioni ecologiche di un pianeta dopo l’antropocene e la cultura del carbonfossile. Ghibaudo sogna creature evolute, meraviglie di un universo plastico che solo l’arte rende protagoniste dello sguardo ricettivo, chiedendo a noi di connetterci al loro sistema emotivo, sfidando la prassi del realismo, celebrando la vertigine elettrica di un nuovo animalismo domestico, rendendo il mondo reale un giardino edenico del sogno abitabile (su scale diverse e interrelazioni sempre più complesse).

Dario Ghibaudo porta la scultura figurativa ad un livello evoluto e detonante, costruendo celebrazioni umanoidi di una bellezza che rinnova ogni vecchia fisionomia: una scultura che indaga il lato plausibile del monumento al futuro geologico, sorta di indicazione veggente che richiama gli estinti dinosauri mentre inventa scenari postatomici. Immaginare quei tipi nelle piazze pubbliche sarebbe un felice atto politico, il posizionamento di una fantasia collettiva per mostrare le ibridazioni postnucleari, le fattezze bizzarre su un pianeta che ingloberà (speriamo) il dissesto climatico e ogni forma d’inquinamento. L’artista si rivolge a noi spettatori con la bravura dei maestri antichi e l’incoscienza dei pensatori a briglia sciolta, regalandoci istantanee solide di una bellezza biodinamica, affascinante e misteriosa, resistente e archetipica.

Chiudo in close-up sui volti delle splendide creature bianche: quei loro occhi teneri, quegli sguardi amorevoli, quel silenzioso abbraccio dei corpi che accolgono senza intimorire, quelle posture così eleganti e sinuose, quella complessità di forme adattive dalle funzioni resilienti, tutto ciò definisce e rifinisce un mondo dentro il mondo, una visione che eleva l’umano nella possibilità biologica di un futuro sorprendente. D’altronde, se sono esistiti i dinosauri che dominavano la catena alimentare del pianeta, perché non ipotizzare un lontano domani che darà ragione alle “sculture fossili” di Dario Ghibaudo?
Un inaspettato KARMA FOSSILE sta crescendo nel bianco dei prossimi secoli…