Sembra che su chi è nato a Vigevano incomba una specie di maledizione. Lo raccontava bene Lucio Mastronardi – lo scrittore de Il maestro di Vigevano – in certi articoli e racconti brevi che pubblicava su “L’Unità” negli anni Sessanta, dove scriveva di questa città-simbolo del boom economico nella provincia italiana. O “fai i soldi per fare i soldi per fare i soldi”, oppure ti tocca sopportare la nausea per la vita di chi si nutre del proprio successo economico e lo mostra boriosamente all’intera città. Ti respinge e ti fa orrore, cioè, quel vantarsi dei propri successi, quel frequentare studiatamente i posti e le persone giuste, quel darsi da fare per magnetizzare attenzione e considerazione. Tanto che, se non sei così, per reazione diventi l’opposto: una persona che pratica un understatement quotidiano, che sta nel suo, che ride delle affermazioni altisonanti, che non lecca i piedi a nessuno. Cosa che, va da sé, non aiutava, in quei lontani anni esplosivi, a far carriera nel mondo dell’imprenditoria. Si parla di sessant’anni fa.

Ma chi conosce un po’ la città, sa che questi modi polarizzati di essere e di fare sopravvivono anche ora, nonostante Vigevano sia sprofondata da tempo in una crisi economica. Ebbene, la laica maledizione mastronardiana ce l’ha addosso anche Davide Avogadro/David Bacter, pittore e fumettista nato a Vigevano nel 1968, passato dal Liceo Artistico di Novara, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Urbino. In quale dei due poli sta? È un artista irrequieto e bohémien ma mite e gentile, ironico con l’universo mondo, e per aggiunta affetto da una lieve forma di sindrome di Peter Pan. Logico che gli sia toccato il polo dell’understatement. Ma trascurare di cercare, parlare, farsi vedere, ed essere insofferenti verso chi invece lo fa, è deleterio se il proprio mondo non è solo una città di provincia ma la scena dell’arte contemporanea. Salta per aria il doping delle relazioni, come lo chiama il collettivo Luca Rossi. Che è qualcosa che pesa per il 50 % nel successo di un artista, come ha detto Nicolas Ballario in una recentissima intervista per Spaghetti Boost.

Nel weekend del Miart, in una sorta di fuori-salone allargato (Vigevano è a 30 km da Milano), Avogadro/Bacter ha aperto nella sua città, negli spazi di Palazzo Roncalli, la personale «Tutta colpa dei supereroi”. È la home edition della medesima personale tenuta in marzo nella chiesa di S. Francesco in San Giovanni in Persiceto, a cura dell’Associazione Carnevale e del Comune di Persiceto. In mostra c’erano una quarantina di dipinti su tela e su tavola di piccolo formato, con, per soggetto, i supereroi e i loro supernemici, dipinti però non con lo stile fumettistico e i costumi che ci siamo abituati a vedere in album e graphic novel, ma così come li avrebbi dipinti un maestro dell’800: e questo per tecnica, tavolozza, luce, ma anche per i costumi. Che sono stati reinterpretati, partendo da quelli che ci sono noti dai fumetti Marvel e DC, facendoli scorrere all’indietro nel tempo fino a renderli stazzonati, ingombranti, sobri, seriosi, in una parola ottocenteschi. Anche sui corpi Bacter/Avogadro ha lavorato a un processo di de-eroicizzazione, di riconduzione alla normalità, verso il difetto e l’umana decadenza: i muscoli non ci sono, gli scheletri sono esili, la pelle malsana. Guardate il Robin bambino, con gli zigomi e le orecchie rossi di rabbia oppure di vergogna; o guardate SubMariner, insaccato in una redingote troppo larga, le spalle strette, l’iconica scriminatura a freccia dei capelli ridotta a una tragica stempiatura. È la maledizione mastronardiana: si può dipingere benissimo, con una tecnica classica da antico maestro, ma non ce la si fa a prendere sul serio nemmeno quei miti contemporanei che sono i supereroi.

Di Davide Avogadro come giovane emergente della pittura italiana rimane traccia nei primi anni 2000. Partecipa alla finale del IV Premio Cairo nel 2003, partecipa alla collettiva Altre Voci Altre Stanze a Catania nel 2004, fa personali in gallerie di ricerca, è esposto nelle fiere dalla galleria Art Factory di Modena, di fatto è dentro la scena della Nuova Figurazione Italiana. Si dedica a un pittura dettagliata dal sapore antico, smaliziatamente caravaggesca, ma sfregiata e inquietante come, all’epoca, era quella di punta, una pittura che venne portata agli estremi, benché su versanti opposti, da artisti come Federico Guida e Cristiano Pintaldi. E poi? E poi, mastronardianamente, da vigevanese sponda understatement, si stufa. Non smette di dipingere, anzi continua a farlo e ci aggiunge l’insegnamento della pittura a olio, per qualche anno a Vigevano, poi sui colli di Urbino, la città dove aveva fatto l’Accademia e dove per un lungo periodo torna ad abitare, e poi di nuovo a Vigevano, dove tutt’ora vive.

E intanto si mette a lavorare seriamente sulla sua passione di ragazzino, i fumetti. Lo fa inventandosi uno pseudonimo, o per meglio dire un personaggio-schermo, David Bacter, alias di cui non si conosce il volto, perché si presenta indossando sempre un casco integrale. Nel 2015, David Bacter, insieme a Massimo Caccia, vince il Lucca Comics Project con la graphic novel Children. Poi arrivano Paolo e Francesca, Mondo Bacter e Tutta colpa dei supereroi, opere di livello tecnico formidabile, con prospettive e splash-panel visionari e vertiginosi, come quelli di Jack Kirby e John Buscema, i maestri di Bacter, ma con un impianto pittorico sovraccarico, carnale, e sempre con l’immancabile retrogusto ironico, fanciullesco, burlone.

Mai prendere niente troppo sul serio, nemmeno le cose che si amano di più, è la regola di Bacter. E se si amano l’arte classica e il fumetto, come frenarsi dal metterli insieme in un omaggio che non si risparmia ammiccamenti e prese in giro? Nasce da qui la nuova serie di mostre inanellate da David Bacter (Davide Avogadro è ufficialmente sparito, forse tenuto prigioniero da Bacter in una segreta), una seconda vita artistica esposta in gallerie come Fioretti a Bergamo, Antonio Colombo e Manusardi a Milano, Gestalt Gallery a Pietrasanta, e in spazi autogestiti o pubblici come La Fabbrica del Vapore a Milano e Santa Croce a Venezia, mostre culminate con una prima serie di supereroi 1800 e una serie di supereroine dipinte alla maniera dei maestri fiamminghi. Ora è arrivata questa seconda serie di supereroi ottocenteschi, steam punk e floridi, oppure malaticci. Che hanno anche un secondo pregio: sono virtuosamente nella fascia di prezzo dell’affordable art.