Dietro le quinte della mostra di Filippo Tincolini a Pietrasanta. Laura Veschi: “Vi racconto il lato segreto di Human Connections”

“ll bacino marmifero di Carrara è il mio mondo”. Si presenta così Laura Veschi, fotografa originaria di Carrara, che ha fatto del rapporto non solo con gli artisti, ma anche con gli artigiani, gli scalpellini e tutta la filiera di lavoratori che gravitano intorno alla lavorazione del marmo (come i “tecchiaioli”, scalatori della roccia che hanno il compito di mettere in sicurezza le pareti delle cave, cui ha dedicato un progetto fotografico qualche anno fa) alcuni tra i suoi soggetti preferiti. La documentazione visiva del processo creativo degli artisti, soprattutto degli scultori, è infatti diventata una sorta di “firma” distintiva della fotografa carrarese, che da anni coinvolge il pubblico, anche quello non specialistico e meno avvertito, in un esausto racconto visivo che mette in luce gli aspetti meno evidenti, più articolati e autentici della produzione artistica nelle cave di marmo delle Alpi Apuane, tra Carrara e Pietrasanta.

Laura Veschi Filippo Tincolini nel suo studio Teseo Head Bianco Carrara Marmo Patinato Processo Scultura Courtesy Filippo Tincolini Studio Carrara 2024

Da oltre quindici anni Laura lavora presso il laboratorio TorArt, luogo-simbolo della creazione artistica a Carrara e punto di incontro privilegiato tra artisti provenienti da tutto il mondo. Proprio in questo laboratorio Laura lavora da anni a fianco di Filippo Tincolini, instaurando con lui un rapporto professionale e creativo, oltre che umano, di grande intensità. In occasione della mostra di Filippo TincoliniHuman Connections“, attualmente in corso a Pietrasanta, Laura Veschi ha presentato “HC Resonance“, un progetto che non si limita a documentare le opere esposte, ma che si sviluppa in una serie di immagini e installazioni video-sonore capaci di evocare la poesia nascosta nei processi creativi, documentandoli in tutte le loro sfaccettature.

Attraverso il suo stile inconfondibile, tenuto sempre sul filo sottile e rigoroso del bianco e nero, Laura riesce a conferire alle sue immagini una dimensione plastica dal taglio fortemente classico, rivelando la sensualità e l’intensità della materia, del gesto artistico e del rapporto tra luce e ombra, su cui si basa tutto la sua ricerca. Il suo lavoro, così come emerge anche dalle sue parole, nasce da un “dialogo silenzioso” con le opere e con gli artisti, un dialogo che porta in superficie anche i momenti meno evidenti del loro lavoro, tra momenti di pausa, di riflessione, dubbi, cambi di idee, ma anche di grande energia inventiva, di convinzione, di gioia, di creatività. Laura Veschi trasforma così ogni fotografia in una vera e propria esperienza visiva e creativa, coinvolgendo emotivamente lo spettatore e fornendo nuove chiavi interpretative per comprendere e apprezzare gli aspetti meno conosciuti e più nascosti del contemporaneo. Non è un caso se la sua professionalità è oggi riconosciuta anche fuori dall’Italia, tanto che da qualche anno Laura Veschi collabora, ad esempio, con Avantarte, una galleria lindinese che le ha commissionato numerosi reportage con artisti internazionali come Futura, uno degli storici graffitisti newyorchesi, l’artista liberiano-britannica Lina Iris Viktor, oltre che uno dei più celebri artisti contemporanei che provengono dall’ambito street, JR, di cui ha documentato l’ultima opera, presentata l’anno scorso alla Stazione Centrale di Milano.

Abbiamo intervistato Laura Veschi, per farci raccontare come nasce il progetto “HC Resonance” con Filippo Tincolini, ma anche, più in generale, qual è la genesi, la finalità e la quintessenza del suo processo creativo.

Laura Veschi

Laura, vorrei partire dal tuo progetto “HR Resonance” legato alla mostra di Filippo Tincolini a Pietrasanta. Com’è nato?

Il progetto è nato in maniera naturale, nel cuore della mia quotidianità nel laboratorio ai piedi
delle cave, dove da anni documento ogni passo della creazione artistica. Seguire Filippo nella realizzazione delle sue opere mi ha permesso di immergermi in un percorso lungo e dalle molte sfaccettature: dalla selezione delle materie prime nelle cave di marmo, fino alle fasi più delicate e intime della lavorazione in studio. Ho cercato di cogliere non solo il processo tecnico della lavorazione del marmo, ma anche l’aspetto umano ed emotivo, creando un racconto fotografico che parlasse anche della personalità e della visione creativa di Filippo.

Perché ti sei concentrata sul backstage della lavorazione del marmo? Cosa credi che ci sia di importante in questo processo, al punto da dedicare una grande parte dei tuoi progetti a questa parte del lavoro creativo?

Ho sempre amato il lavoro sul backstage del lavoro artistico, perché è un modo per vedere il “dietro le quinte” del processo creativo, quella parte della creazione che solitamente è lasciata in ombra, e che dall’opera finita è difficile o addirittura impossibile da immaginare. È un modo per mettere in luce i momenti più autentici, spontanei, meno costruiti o impostati degli artisti. Rivela le loro emozioni, la fatica, i dubbi, la passione, la gioia di avere trovato la soluzione formale più giusta… credo che questi momenti di lavoro solitario, quasi sempre invisibili al pubblico, aggiungano profondità e umanità alle opere finite, permettendo, a posteriori, di stabilire una connessione più intima tra spettatore e artista.

LauraVeschi Filippo Tincolini Flowered Venus Head Statuario Michelangelo Processo scultura Courtesy Filippo Tincolini Studio Carrara 2024

Tu usi prevalentemente il bianco e nero. Ci racconti perché hai scelto questo tipo di linguaggio, oggi un po’ in disuso presso i fotografi?

Scelgo il bianco e nero perché elimina ogni distrazione e mette in risalto l’essenziale di ciò che voglio mostrare: la forma, la luce, dettagli, anche le rughe e le imperfezioni della stessa materia. Il bianco e nero possiede una forza intrinseca che evidenzia le sfumature del marmo, le sue venature nascoste, la sua capacità di riflettere e assorbire luce. Questa scelta stilistica mi consente di creare immagini rigorose ma anche formalmente ineccepibili, dalla bellezza fuori dal tempo, che riescano a comunicare in modo diretto e senza filtri con chi le osserva.

Tu in passato hai collaborato anche con altri artisti, ad esempio con Fabio Viale. Che differenze hai trovato rispetto al lavoro che hai svolto con Filippo Tincolini?

Con Fabio Viale ho esplorato un progetto particolare, più legato al suo personale rapporto con un luogo specifico: una cava abbandonata di Pietrasanta, che Fabio aveva trasformato nel suo rifugio artistico. Lì il progetto si è concentrato su una dimensione poetica, intima e riflessiva, mostrando un artista immerso in un ambiente che lui stesso ha reso speciale, evocando un forte legame affettivo e creativo con il territorio. Con Filippo ho invece voluto soprattutto mettere in luce la quotidianità del lavoro creativo, che non è solo intuizione e sintesi formale, ma è anche fatto di fatica, di dubbi, di slanci o di momenti di sconforto o anche di contemplazione e ragionamento sul lavoro man mano che questo prendeva forma… ho cercato di isolare e di portare alla luce momenti di grande verità, che il confronto quotidiano con la fotografia rende improvvisamente visibili.

Laura Veschi Filippo Tincolini nel suo studio Omaggio a Mitoraj Processo Scultura Courtesy Filippo Tincolini Studio Carrara 2024

Quanto è importante per te che l’artista si senta libero mentre lavora, che non sia condizionato dalla presenza del fotografo che ne documenta il processo creativo?


La libertà dell’artista è assolutamente essenziale nel mio lavoro. Ho bisogno che l’artista si senta a suo agio, naturale, e completamente libero dai vincoli della mia presenza. Io devo diventare trasparente, devo danzargli intorno in silenzio, facendo in modo che lui si dimentichi della mia presenza. Solo così posso catturare la spontaneità e la verità del suo gesto creativo, trasformando momenti fugaci in immagini cariche di significato e di autenticità.

Laura Veschi Filippo Tincolini nel suo studio Flowered Slave Statuario Michelangelo Processo Scultura Courtesy Filippo Tincolini Studio Carrara 2023

Quale vorresti che fosse l’impressione del pubblico nel vedere le tue foto di backstage?

Guarda, io mi immagino che un domani la reazione possa essere la stessa che ho provato io quando ho visto per esempio le foto di Picasso che dipingeva nel suo studio, o di Frida Khalo che lavorava nella sua casa a Città del Messico… Quella sensazione di avere potuto, per un istante, aver accesso, come se lo spiassi dal buco della serratura, al mondo segreto dell’artista, dove si manifesta per la prima volta la sua vena creativa…

Chi sono i fotografi che ti hanno maggiormente ispirata nel tuo lavoro?

Tra i fotografi che ho sempre amato di più ci sono Mimmo Jodice e Sebastião Salgado. Di Jodice amo profondamente la capacità di catturare l’anima dei luoghi e degli oggetti, trasformandoli in icone senza tempo. Salgado invece mi ha sempre colpito per l’intensità emotiva e la forza evocativa delle sue immagini, capaci di raccontare storie profonde, momenti anche drammatici del lavoro, anche di grande sofferenza e sfruttamento, attraverso la potenza plastica del bianco e nero.

Laura Veschi I miei tecchiaioli Carrara 2021

Come ti definiresti come fotografa, più documentarista o artista?

No so, forse sono un po’ entrambe le cose, anche se io non uso quasi mai la parola “artista” per definire il mio lavoro. Mi definirei una fotografa che documenta il lavoro degli artisti con un’impostazione che vuole essere poetica, pregnante anche dal punto di vista formale, perché mentre documento il processo creativo, emerge sempre un mio sguardo personale, con una grande attenzione alla forma. Credo che questo equilibrio tra documentazione e interpretazione artistica sia ciò che dà forza al mio lavoro, diciamo che è il punto d’equilibrio in cui cerco di tenere in piedi un po’ tutto il mio lavoro di fotografa.

Infatti credo che nel tuo lavoro fotografico ci sia una ricerca di classicità quasi plastica, scultorea. Da dove nasce questo approccio e questa tua sensibilità?

Questa sensibilità che tu chiami “classica” nasce da una passione personale per la scultura, coltivata nel tempo trascorso quotidianamente nel laboratorio, e anche a contatto con i tanti artisti che mi capita di conoscere a Carrara, con cui ho avuto la possibilità di lavorare ma anche di incontrare e frequentare nella loro vita quotidiana. Certamente, credo che la vicinanza costante alle opere e al marmo abbia affinato il mio sguardo verso la bellezza eterna delle forme e della materia. Inoltre, la mia formazione fotografica si è sviluppata guardando ai grandi maestri classici, che mi hanno insegnato a cogliere l’essenzialità della luce e della composizione.

Laura Veschi I want to break free 2019

Oltre al rapporto con gli artisti e con la scultura hai realizzato progetti d’altro tipo, come quelli dedicati al corpo femminile. Come si inseriscono nel tuo percorso?


Tutti i miei progetti partono sempre da riflessioni formali, ma in alcuni casi, come per il progetto sul corpo femminile, si evolvono verso tematiche sociali e personali molto forti, come la lotta per l’emancipazione femminile e contro la violenza sulle donne. Questi lavori sono complementari alla mia ricerca principale e rappresentano una forma di interesse e di impegno che indirizza il mio percorso artistico su temi importanti, di carattere sociale, che mi hanno sempre coinvolta, come appunto quello dedicato alla lotta per la dignità e la libertà delle donne.

Laura Veschi HC Resonance My Restricted Bianco e Nero stampa fine art 100 cotone 2022 150×100 opera FIlippo Tincolini Carrara

Credi sia possibile dire, in poche parole, quale sia il senso profondo del tuo lavoro fotografico?


Il mio lavoro cerca di catturare e raccontare storie autentiche, andando oltre l’apparenza immediata delle opere. Il senso? Forse è quello di offrire al pubblico un’esperienza più completa e meno conosciuta sulla creatività artistica, preservando e rivelando momenti che un domani potrebbero entrare a far parte della nostra memoria collettiva. Come nel caso delle foto di Ugo Mulas e degli altri fotografi che, nel passato, sono stati compagni di strada di molti artisti che oggi sono entrati a fare parte della storia dell’arte del Novecento, chissà, forse anche le mie foto, un giorno, permetteranno ai ragazzi di domani di sbirciare i “dietro le quinte” della creazione artistica degli artisti attivi oggi…

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