Lo scorso 14 luglio 2025, il progetto culturale Tlon ha pubblicato una lettera aperta a sostegno di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, recentemente colpita da sanzioni da parte del governo statunitense. Il gesto, durissimo e inedito contro una funzionaria dell’ONU, ha immediatamente sollevato interrogativi politici, giuridici e morali. La lettera, firmata da decine di figure del mondo della cultura, della filosofia, dello spettacolo e della musica, e indirizzata a Sergio Mattarella, Giorgia Meloni e Antonio Tajani, è diventata in pochi giorni un caso mediatico e politico, spingendo anche associazioni civili, sindacati e partiti a schierarsi in difesa della giurista italiana.
Francesca Albanese, classe 1977, è una giurista esperta in diritto internazionale e diritti umani, con un lungo curriculum che comprende incarichi all’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati e docenze in varie università. Dal 2022 è relatrice speciale per i territori palestinesi occupati, un incarico indipendente conferito dalle Nazioni Unite con il compito di monitorare e documentare le violazioni dei diritti umani e di riferire al Consiglio per i diritti umani. Il suo report From Economy of Occupation to Economy of Genocide documenta come “la sofferenza del popolo palestinese sia diventata fonte di profitto per un complesso sistema di interessi corporativi e finanziari”.
Il 9 luglio 2025, gli Stati Uniti hanno inserito Albanese in una lista di individui sanzionati. Il provvedimento include il congelamento di eventuali beni e risorse finanziarie negli Stati Uniti, nonché il divieto di ingresso per lei e i suoi familiari. La motivazione ufficiale fa riferimento a presunte affermazioni “antisemite” e alla promozione di “azioni ostili nei confronti di cittadini statunitensi e israeliani”. Tuttavia, il contesto e il tempismo delle sanzioni fanno pensare a una misura punitiva mirata a delegittimare un’indagine ONU e a scoraggiare la pressione internazionale sul conflitto in corso a Gaza.
Contro questa decisione si è sollevata una parte consistente del mondo intellettuale italiano. Tlon, il progetto fondato da Maura Gancitano e Andrea Colamedici, ha raccolto le adesioni di oltre ottanta personalità della cultura, tra cui attori come Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Luca Zingaretti e Valeria Golino, musicisti come Marracash, Cosmo e Francesca Michielin, scrittori, filosofi, storici dell’arte e attivisti. L’appello è chiaro: “Chiediamo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Ministro degli Esteri Antonio Tajani di difendere una cittadina italiana sanzionata per il proprio mandato ONU”.
Ma chi sono i promotori di questa iniziativa? Tlon è un progetto culturale nato nel 2011, che prende il nome da un racconto di Jorge Luis Borges. Fondato da Gancitano e Colamedici, filosofi e divulgatori, Tlon è diventato un punto di riferimento per una filosofia pubblica accessibile, impegnata e attenta ai temi del presente. Organizza eventi, produce podcast, pubblica libri, cura rubriche televisive e ha dato vita a uno dei festival culturali più innovativi d’Italia, il “Festival della Filosofia di Modena”. La loro attività si distingue per un linguaggio diretto e per la capacità di portare la riflessione etica fuori dall’accademia, coniugando pensiero critico e partecipazione civile.
Nella lettera aperta si denuncia non solo l’ingiustizia delle sanzioni, ma anche il rischio di un pericoloso precedente. Colpire un funzionario delle Nazioni Unite per il contenuto di un rapporto ufficiale significa, secondo i firmatari, attaccare la libertà e l’indipendenza degli organi internazionali di tutela dei diritti umani. Sostenere Albanese, si legge nella lettera, “significa non solo difendere la libertà di espressione e il sistema internazionale di protezione dei diritti umani, ma anche affermare che la vita di ogni essere umano ha uguale valore e dignità, che si tratti di palestinesi o israeliani, di bambini di Gaza o di qualsiasi altra parte del mondo.”.
Parallelamente alla lettera, l’iniziativa ha generato una mobilitazione culturale e visiva. A Roma è comparso un murale in Trastevere con la scritta “Hands off Francesca Albanese”, realizzato dallo street artist Harry Gleb. Contestualmente, le principali organizzazioni civiche come ANPI, CGIL, Auser e partiti come Rifondazione Comunista, AvS e Potere al Popolo hanno lanciato petizioni per la candidatura al Premio Nobel per la Pace e hanno promosso una mozione parlamentare unitaria per la sua protezione diplomatica.
Il gesto degli Stati Uniti ha suscitato reazioni anche all’interno delle Nazioni Unite. L’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani ha definito “inaccettabile” l’attacco a una relatrice speciale, mentre il Commissario ONU Volker Türk ha chiesto pubblicamente la revoca immediata delle sanzioni. Diversi studiosi di diritto internazionale hanno sottolineato l’incompatibilità tra misure sanzionatorie unilaterali e il principio di indipendenza dei mandati ONU.
Francesca Albanese, da parte sua, ha risposto con lucidità, ribadendo che continuerà il proprio lavoro e che le sanzioni non rappresentano altro che un tentativo di distogliere l’attenzione dalla realtà sul campo. “Non sono io il bersaglio – ha dichiarato – ma il diritto internazionale”.
In questo quadro, la lettera promossa da Tlon assume un significato che va oltre la solidarietà individuale. È una difesa esplicita del ruolo della cultura come presidio democratico, del diritto internazionale come strumento di giustizia e dell’informazione indipendente come condizione per ogni forma di libertà. In un momento in cui la denuncia di crimini di guerra viene trasformata in una colpa politica, la presa di parola del mondo culturale italiano diventa un gesto di resistenza civile. Non si tratta solo di sostenere una giurista sotto attacco, ma di riaffermare che i diritti umani non sono opinioni. Sono doveri.


