Gallerie, mostre e aste virtuali: a che punto siamo

Il vernissage? Oggi si fa online. Il legame tra le gallerie d’arte, alla ricerca di nuovi linguaggi per intercettare un pubblico più giovane e ampio, e le nuove tecnologie digitali diventa sempre più intenso, aprendo le porte a un’evoluzione anche nel modo di vivere eventi fisici e presentazioni. 

Oggi, secondo il “Global Market Art Report” di Art Basel e UBS, gli scambi di opere d’arte online sono arrivati a 6 miliardi di euro, quasi il 10% delle vendite totali. Poche settimane fa, ha fatto il giro del mondo l’annuncio di “Live/Archive”, la versione digitale di Victoria Mirò, una delle gallerie di arte contemporanea più prestigiose al mondo, con sedi a Londra e Venezia. Si tratta di una nuova piattaforma digitale che consente di esplorare virtualmente le mostre in corso, attraverso strumenti avanzati di 3D modelling, realtà aumentata e realtà virtuale. Per la prima volta una galleria d’arte contemporanea utilizza queste tecnologie per promuovere l’intero programma espositivo, incluso un vasto archivio digitale con 72 mostre del passato. Un’iniziativa che punta a proporre un modello radicalmente diverso di esperienza artistica: da un lato, una connessione immediata con una platea di visitatori più ampia a livello globale; dall’altro l’impegno a consolidare anche un approccio più sostenibile, riducendo l’impatto ambientale legato alla fruizione tradizionale dell’arte. 

Un caso emblematico che segna una tendenza ormai consolidata: le gallerie non si limitano a essere spazi fisici, ma diventano piattaforme ibride, capaci di dialogare con un pubblico senza confini. La pandemia aveva già accelerato questo processo, costringendo musei e gallerie a sperimentare soluzioni online per non interrompere il contatto con i visitatori. Oggi il digitale non è più un ripiego ma un’estensione naturale e strategica dell’esperienza artistica. Il “caso” Victoria Mirò, infatti, non è isolato: sempre più realtà internazionali stanno investendo su mostre digitali, NFT, piattaforme di vendita online e ambienti 3D. L’arte si muove tra fisico e virtuale, e proprio in questo intreccio si gioca una delle sfide più interessanti della contemporaneità.

Da un lato, il mercato dell’arte online continua a essere fortemente presidiato dai grandi player internazionali, dalle case d’asta come Christie’s e Sotheby’s fino a Bonhams e altri operatori di lunga tradizione, che hanno lanciato le proprie piattaforme digitali. Dall’altro, però, accanto a questi colossi, sono nate diverse realtà che consentono agli artisti di vendere direttamente le proprie opere, come nel caso di Saatchi Art. Portali come Artsy o Artnet fungono invece da ponte con le gallerie tradizionali, permettendo agli acquirenti di esplorare e acquistare online opere provenienti da spazi fisici consolidati.

Si fanno strada anche gli e-commerce delle gallerie più famose, soprattutto in Italia, fino a casi come Akocanvas, un vero e proprio hub globale in grado di combinare mostra virtuale, comunità e marketplace di arte digitale, con una forte integrazione degli NFT, visite in tempo reale e opening condotti dagli artisti stessi. E-VirtualGallery punta invece sulla personalizzazione delle esposizioni, consentendo di scegliere colori, musica e illuminazione per creare esperienze immersive a metà tra fisico e digitale.

Dalla Danimarca arriva l’app Artland che si distingue per la qualità realistica delle esperienze 3D, particolarmente adatte a sculture e installazioni, con un network internazionale di gallerie e collezionisti. Parallelamente, piattaforme come Artsteps, Kunstmatrix, SuperRare, Oncyber e Mona stanno sperimentando soluzioni in realtà virtuale e aumentata, creando spazi espositivi in metaversi o ambienti digitali interattivi, dove l’utente può esplorare e persino ascoltare i commenti d’autore. “Dalla pandemia il processo si è accelerato e sono nate novità come l’uso della blockchain e degli NFT in ambito artistico. Dopo il boom iniziale, il mercato si sta assestando, ma resta un’innovazione importante perché ha introdotto nuove modalità di creazione, divulgazione e vendita delle opere”, spiega ad Artuu Oriana Rizzuto, curatrice del progetto Open Gallery, nato dodici anni fa, con l’obiettivo di mettere in rete gallerie e artisti, soprattutto di arte digitale, promuovendo il dialogo tra centro e periferie.  “Molti giovani collezionisti si sono avvicinati all’arte grazie al digitale – prosegue –  e le grandi case d’asta hanno registrato vendite significative in questo ambito. Allo stesso tempo, però, resto convinta che l’arte abbia bisogno di una fruizione tangibile: vedere un’opera in un determinato luogo e momento, percepire la mano dell’artista, è un’esperienza che il nostro cervello elabora in modo unico. È diverso osservare un Pollock dal vivo rispetto a guardarlo in digitale: il fascino dell’esperienza resta insostituibile”.

Nell’edizione 2025 del rapporto “Artsy Editorial Market Trends” si legge che circa il 43% delle gallerie ha dichiarato di voler puntare con decisione sulle vendite online nel prossimo futuro. Una tendenza che si riflette anche nelle modalità di coinvolgimento: oltre la metà degli operatori (55%) prevede di incrementare la produzione di contenuti digitali, dai video sui social media fino a mostre interamente online. Non è solo un modo per intercettare un pubblico più giovane o internazionale: è anche una risposta alle difficoltà del contesto macroeconomico. Il 57% delle gallerie intervistate ha infatti dichiarato di voler rafforzare la propria presenza digitale come strumento di resilienza e crescita. Restano, però, alcune criticità da affrontare. I collezionisti segnalano come principali ostacoli alla fruizione online la scarsità di informazioni sulle opere (48%) e la mancanza di trasparenza sui prezzi (43%). Eppure, proprio la trasparenza è indicata dalle gallerie stesse come un elemento fondamentale: il 62% la considera “molto importante” per conquistare la fiducia dei collezionisti. Nonostante ciò, solo il 44% pubblica online i prezzi di tutte le opere, mentre un ulteriore 25% preferisce condividerli esclusivamente su richiesta. Una contraddizione che mostra come il digitale non sia solo tecnologia, ma anche cultura. Inoltre, la scoperta di nuovi artisti da parte dei collezionisti avviene sempre più tramite canali digitali, dalle grandi piattaforme, come Artsy, fino a Instagram.

Una tendenza particolarmente marcata tra i giovani collezionisti, il target a cui la maggior parte delle gallerie dà “la caccia” attraverso le attività di sensibilizzazione e promozione. “Il digitale – sottolinea Rizzuto – ha permesso di coinvolgere un pubblico più ampio, in particolare tanti giovani che non erano mai entrati in una galleria tradizionale. Con opere di videoarte o digitali, questi ragazzi hanno stabilito un nuovo tipo di rapporto con l’arte. Anche la possibilità di consultare cataloghi online ha incrementato e facilitato gli acquisti. Non si tratta di sostituire il fisico, ma di ampliare l’esperienza”. Un’influenza, quella delle tecnologie digitali, che sta determinando un cambiamento profondo anche negli eventi fisici. La visita in galleria era un tempo un rito sociale. Oggi assistiamo a tour virtuali, opening digitali e community online: sta nascendo una nuova forma di socialità artistica? “Sì, sicuramente – conclude Rizzuto – . Sono nati network e comunità che si muovono intorno a queste innovazioni digitali, dall’IA alla VR. Oggi si cercano anche esperienze nuove. Il pubblico vuole far parte di una comunità esclusiva, partecipare a un evento, avere un contatto diretto con l’artista o il curatore. Anche le gallerie si stanno adattando, proponendo incontri ristretti, cene con gli artisti, momenti ibridi tra fisico e digitale che, va ribadito, non è un elemento di sostituzione ma amplia e innova l’evento fisico, che resta centrale”.

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