Mercoledì 25 giugno 2025, il Holy Club di Carnate (MB) ha ospitato Gods of the Digital Age, side event ufficiale di ETH Milan 2025, a cura di Holy Club e Marta Ballara. L’evento si è configurato come una piattaforma immersiva in cui arte contemporanea, riflessione filosofica e sperimentazione musicale hanno indagato le trasformazioni simboliche e percettive introdotte dall’intelligenza artificiale, in un intreccio di talk, installazioni e performance.
Il programma si è aperto alle 19.30 con un talk moderato da Domenico Fragata, artista e filosofo, che ha dialogato con Gianluigi Ballarani, Chiara Canali e Gebelia. L’incontro ha articolato una riflessione critica sull’impatto delle tecnologie intelligenti nella ridefinizione delle soggettività, dei codici culturali e dei dispositivi mitopoietici contemporanei. In particolare, il progetto THEM di Fragata ha introdotto una prospettiva teorica sul modo in cui il digitale si configura oggi come spazio di fede e narrazione collettiva, luogo in cui si ridefiniscono rituali, icone e identità.
La mostra, curata da Marta Ballara, ha presentato le opere di cinque artisti attivi nell’ambito della ricerca digitale. Gebelia, con una serie di lavori visivi dalla forte impronta pop-tech, ha esplorato il consumo simbolico e le dinamiche della rappresentazione nell’ecosistema post-digitale. Eva Eller, con una figurazione intrisa di spiritualità rinascimentale e sensibilità mistica, ha proposto immagini ibride in cui il sacro si fonde con l’estetica computazionale. Carlo Scarpa ha trasfigurato forme quotidiane in installazioni e sculture archetipiche che interrogano il rapporto tra corpo e funzione. Sares, artista digitale, ha creato ambienti visivi in cui natura e anatomia si fondono attraverso una regia algoritmica che coinvolge attivamente lo spettatore. A completare il percorso, l’installazione di Domenico Fragata ha offerto una lettura simbolica dei processi generativi dell’IA, collocando il dato tecnico all’interno di una struttura narrativa complessa.
La serata si è conclusa con una performance multisensoriale che ha visto coinvolti Sadlo, Leli Neeraja e Adriano Lombardo. Partendo dai lavori visivi della collezione Gods of the Digital Age di THEM, i tre artisti hanno costruito una sequenza musicale in cui ogni traccia nasce da un sample generato tramite IA. Il risultato è stato un racconto sonoro che ha trasformato le opere in partiture, traslando l’immagine in suono e attivando un’ulteriore stratificazione simbolica. La performance ha evocato la presenza invisibile ma pervasiva degli algoritmi nel quotidiano, ponendo in parallelo le antiche divinità regolatrici del destino e le nuove entità digitali che governano processi, scelte e desideri umani.
Concepito come esperimento transdisciplinare, Gods of the Digital Age ha offerto una chiave di lettura profonda e articolata del nostro presente tecnologico. L’intelligenza artificiale, da oggetto tecnico, è diventata soggetto mitico, e l’arte si è posta come strumento critico e percettivo per interrogare queste nuove forme del sacro contemporaneo.