I bambini liberi nelle fotografie di Alain Laboile a Lecce

Nella cornice del Castello Carlo V di Lecce, prende vita la mostra Il tempo sospeso – The suspended time, del fotografo francese Alain Laboile (1968). L’esposizione, organizzata per “far conoscere agli amanti della fotografia d’autore, e non solo, uno dei più apprezzati fotografi contemporanei” comprende una selezione di 48 fotografie, di cui 45 sono in bianco e nero, e solo tre a colori, in un labirinto visivo e sensoriale in cui è facile perdersi.

La mia fotografia trasmette gioia e amore. La natura, gli elementi e gli animali occupano un posto importante. Mostra una vita semplice e felice vissuta da bambini liberi. Nelle mie foto mi concentro – ha raccontato l’autore – sulla banalità della vita quotidiana, che, se la si osserva con attenzione, nasconde bellezza ed emozione“.

“Lavorare alla mostra di Alain Laboile – ha detto Peter Bottazzi, scenografo e curatore della mostra – è stata un’occasione preziosa per esplorare i meccanismi legati alla sorpresa e alla memoria con quello spirito di avventura e apertura al nuovo così tipico dell’infanzia. L’allestimento offre un’opportunità di riconnessione con il proprio bambino interiore. Stimola il dialogo intergenerazionale e la trasmissione dei ricordi”.

Le immagini scelte fanno parte della raccolta fotografica dal titolo “La Famille, entrata a far parte del “Musée français de la photographie collection”. Nel progetto, l’artista documenta, con cadenza quasi quotidiana, la vita atipica, apparentemente primordiale, della sua grande famiglia, giocando con le forme, le trasparenze, le luci e le ombre. Il lavoro, terminato e reso pubblico, è una testimonianza affascinante di anni vissuti all’insegna della libertà e dell’istinto, in un ambiente incontaminato che sembra incredibilmente lontano da ciò a cui siamo abituati.

La mostra è il frutto dell’ammirazione per Laboile, per la sua poetica e la sua arte cresciuti nel corso degli anni. La prospettiva di poter condividere i suoi scatti con un vasto pubblico – ha spiegato Bartolomeo Smaldone, fondatore e presidente del movimento culturale “Spiragli”– in un contesto così prestigioso, e in una delle città più affascinanti d’Italia, è per me pura gioia di vivere. La medesima gioia di vivere che si manifesta attraverso le fotografie di Alain, le quali colpiscono immediatamente per la loro pedagogia della libertà primordiale e per la loro lontananza da una urbanità che per noi è divenuta sempre più opprimente“.

È proprio la gioia il sentimento che traspare dalle fotografie dell’autore francese. È la gioia di vivere, di saltare nelle pozzanghere, di giocare nel fango, di provare a travestirsi da adulti, di sentirsi simili agli animali, scoperti, spontanei, nudi, davanti alla natura e anche all’obiettivo di chi osserva, lasciandosi meravigliare di continuo. Attraverso l’occhio di Alain Laboile, si entra in una casa di campagna, ad ammirare i risultati di un progetto durato anni, e si approda tra le pagine di un racconto che sembra così fuori dal tempo contemporaneo da non sembrare reale. Eppure lo è.

Così come reale è l’impegno del fotografo di indagare la schiettezza e la fragilità della sua famiglia, la libertà dei giochi tra fratelli e sorelle, la vivacità di quando non si ha paura delle conseguenze. Reali sono le facce buffe e i movimenti rapidi, le corse per il prato, i tuffi nella piscina, le ore trascorse a imbrattarsi senza tregua, a inventare nuovi modi per prendersi in giro, a fuggire dal resto. Reale è la scelta di utilizzare prevalentemente il bianco e nero per un progetto che, dalla gioia dell’infanzia, dalla sua innocenza e dai suoi scherzi, dalle fughe improvvisate e dall’incoscienza – poi sostituita, probabilmente, da una più pacata consapevolezza – lascia comunque trasparire la malinconia di un momento che non tornerà.

Tanto reale la gioia, quanto concreta la coscienza di un tempo che è stato, che deve fare i conti con gli anni, la maturità, la necessità di condividere il proprio spazio con gli altri, e non più solo con i propri desideri. Eppure, nonostante la presenza del nero, “La famille” di Laboile è di ogni colore possibile. Rimane intatta, immutabile, immortalata in fotografie che già sono diventate storie da raccontare: un bellissimo esempio di come è possibile stare al mondo, fuori da ogni convenzione. Un invito a tornare bambini, soprattutto da grandi, e a vedere la macchina fotografica come una possibilità, capace di riportarci indietro, a contatto con la natura, lì dove la terra bagnata schizza sulle gambe e sul viso. E per pulirsi non c’è tempo, perché si è già pronti a sporcarsi ancora.

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