Il Louvre ha compiuto un gesto che segna un cambio di passo nella storia dell’istituzione: per la prima volta, ha acquisito un’opera di videoarte. Si tratta di Les 4 temps dell’artista franco-algerino Mohamed Bourouissa, un lavoro che documenta, attraverso il linguaggio del tempo e del movimento, il mutare delle stagioni nel Giardino delle Tuileries, il cuore verde che unisce il museo a Place de la Concorde. L’opera, che sarà visibile nella Salle de la Chapelle dal 22 ottobre 2025 al 19 gennaio 2026, rappresenta un gesto simbolico: il museo più tradizionale d’Europa apre la sua collezione al linguaggio più effimero e contemporaneo.
Bourouissa, classe 1978, è noto per le sue opere che indagano la rappresentazione sociale e politica della realtà urbana, con un approccio poetico e insieme documentaristico. Les 4 temps nasce come progetto digitale: per un anno, tra febbraio 2024 e febbraio 2025, l’artista ha filmato il giardino, pubblicando ogni settimana brevi frammenti video su Instagram. Il risultato finale è un diario visivo lungo dodici mesi, dove la natura e la città dialogano in un continuo scambio di ritmo e silenzio, luce e ombra. Il titolo gioca su un doppio significato: “le quattro stagioni” ma anche “Les Quatre Temps”, il centro commerciale di La Défense, quartiere parigino dove Bourouissa è cresciuto. In questa sovrapposizione di luoghi – il giardino reale e il mall contemporaneo – si rivela il senso profondo del lavoro: la tensione tra memoria collettiva e vita quotidiana, tra la monumentalità e il passaggio del tempo.
Con questa acquisizione, il Louvre inaugura una nuova stagione della propria identità museale. Lo spiega Donatien Grau, responsabile dei programmi contemporanei del museo: “Volevamo un ritratto in movimento del giardino, un luogo che appartiene al Louvre ma anche alla città, aperto, attraversato da storie, stagioni, persone.” È la prima volta che il museo inserisce nel proprio patrimonio un’opera video, e la scelta non è casuale: Les 4 temps rappresenta una riflessione sul tempo, sulla ciclicità, sull’esperienza collettiva dello spazio pubblico — concetti che oggi ridefiniscono anche il ruolo del museo stesso.
Non è solo un gesto curatoriale, ma una dichiarazione politica e culturale. Il Louvre, simbolo per eccellenza dell’arte “ferma” – pittura, scultura, oggetti archeologici – decide di collezionare il tempo, di incorporare il movimento e la durata in un sistema costruito sulla conservazione e sulla fissità. È un atto che apre interrogativi: cosa significa conservare un’opera digitale? Come si custodisce un video in un luogo pensato per custodire la materia? Quale dialogo si instaura tra il pixel e la pietra, tra la luce di un proiettore e quella che filtra dai soffitti ottocenteschi?
Il lavoro di Bourouissa risponde a questi interrogativi con una poetica della presenza. Non racconta il giardino come paesaggio da contemplare, ma come organismo che respira, si trasforma, accoglie. L’artista osserva, senza mai intervenire: registra il vento, le foglie, le voci, la pioggia. Ogni stagione diventa una traccia, ogni immagine un frammento di tempo che il museo sceglie di fissare, paradossalmente, proprio nella sua fugacità.
Questa scelta potrebbe apparire come un gesto tardivo, ma in realtà segna una transizione necessaria. In un’epoca in cui i linguaggi visivi si muovono su schermi e piattaforme, il museo più visitato al mondo accetta di confrontarsi con una forma d’arte che nasce nel digitale e vive nel presente. Les 4 temps non sostituisce la Gioconda o la Nike di Samotracia, ma le affianca, ricordando che la storia dell’arte non si ferma: evolve, si espande, include.


