Dall’Acropoli ai quartieri della street art, dai musei ai nuovi centri culturali all’avanguardia, Atene è una delle città più affascinanti dell’Europa meridionale. Immensa, ma stimolante, è un miscuglio di quartieri vivaci e angoli tranquilli.
Anche in quanto ad arte contemporanea Atene non ha niente da invidiare alle altre capitali europee. Numerosi murales tappezzano le facciate degli edifici dei quartieri di Psyri, Exarchia, simbolo della controcultura politica di Atene, e Gazi.
Altro fiore all’occhiello della città è il Museo Nazionale di Arte Contemporanea, ospitato in una vecchia fabbrica di birra.
Insomma, in questo clima di vivacità culturale non poteva mancare la mostra di un nostro connazionale, Andrea Pinchi, ospitato presso la sede dell’Istituto Italiano di Cultura di Atene, dal titolo Il sogno del mito quotidiano, a cura di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci.

Diciotto tele realizzate con pittura acrilica, in alcune delle quali è presente l’inserimento di pelle proveniente da organi musicali antichi. L’artista, infatti, fa parte di una famiglia di storici produttori di organi musicali.
Pinchi, ha sempre prediletto l’astrazione per i suoi lavori, ma in questa mostra ci sorprende con un nuovo ciclo dove insieme alla sua consueta dimensione astratta coesistono alcuni elementi figurativi anche se solo accennati, come in una sorta di sogno.
E infatti il filo conduttore della mostra è la dimensione onirica e le sue implicazioni mitologiche, ma anche le relative applicazioni alle forme più prosaiche del presente.

A chiarire questa nuova impostazione onirica dei lavori di Andrea Pinchi, il testo critico della mostra scritto dalla curatrice. “Con un approccio aristotelico – scrive Nidiaci – dunque carico e intriso d’inusuale pragmatismo per un macro tema così espanso e inafferrabile come quello della dimensione onirica, Pinchi, attraverso una narrazione maggiormente prosaica, si avvicina al micro tema del racconto del reale attraverso la rappresentazione di un individuo che sogna semplicemente ciò che vive, trasferendo sulla tela forme attratte che hanno una precisa collocazione e decodificazione, e che non si preoccupano di convivere insieme a forme figurative”.

È stato il luogo della mostra ad ispirare l’artista, d’altronde, Atene è la patria dei più importanti filosofi Platone, Aristotele, Socrate sono solo alcuni dei nomi che hanno reso immortale questa città protetta dalla dea Atena.

E proprio Aristotele sosteneva che la percezione diurna lasci delle tracce, che permangono anche quando questa non è più in atto, ossia quando l’organo di senso non subisce più l’azione diretta dell’oggetto sensibile.
Con questo approccio Pinchi rappresenta un individuo che sogna semplicemente ciò che vive, trasferendo sulla tela forme astratte che hanno una precisa collocazione e decodificazione, e che non si preoccupano di convivere insieme a forme figurative.
Un astronauta sospeso e vagante racconta il quotidiano fino a diventare un “mito”, il mito quotidiano appunto.

“Il sogno di Pinchi – spiega ancora la curatrice – racconta l’individuo, immerso in una solitudine cosmica che rappresenta nient’altro che l’unione delle solitudini frammentate di ognuno, diverse, frastagliate, sempre vere. L’astronauta di Pinchi, l’individuo, l’uomo, nel sogno si misura col mondo, sale su di un altopiano, s’immerge in un abisso e finanche ci si adagia, perfettamente calato nella sua realtà che, sebbene sia a tinte forti, ormai è in grado di dominare e decodificare”.
La mostra sarà visibile fino al 21 giugno prossimo.


