La parola “innesto” proviene dalla botanica e in senso figurato consiste nell’introduzione di elementi culturali nuovi o diversi in un ambito preesistente. Questo è ciò che accade nella mostra “INNESTI 25”, dove i quadri di quattro artisti – Luca Coser, Piermario Dorigatti, Leo Ragno e Milena Sgambato – dialogano con le opere della Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei di Milano. Se quest’ultima offre una panoramica di come gli artisti dal Novecento ad oggi hanno affrontato la dimensione divina, anche Coser, Dorigatti, Ragno e Sgambato rappresentano diverse modalità di percepire, teorizzare e dare corpo all’esperienza del sacro. La mostra espone per la prima volta 15 quadri realizzati appositamente per l’occasione, è visitabile fino al prossimo 19 ottobre ed è curata da Luigi Codemo, anche direttore della GASC.
La Galleria nacque nel 1955 all’interno della settecentesca Villa Clerici, anche grazie alle straordinarie doti relazionali di Dandolo Bellini. Egli rese la GASC un luogo ideale per gli artisti, che potevano esporre le proprie creazioni, sperando di attrarre potenziali committenti. Con il tempo, si accumularono fino a tremila opere di una grande varietà di autori che utilizzavano materiali e tecniche diverse. Gli artisti avevano qui la libertà di partire dai testi biblici, e dare però la propria interpretazione personale al tema del sacro, toccando i soggetti più disparati. Gli autori delle opere beneficiavano di una possibilità di confronto tra di loro a Villa Clerici, che divenne progressivamente una sorta di “cenacolo degli artisti”. In questo senso, “INNESTI 25” è in continuità con una delle vocazioni originarie della GASC: coinvolgere più artisti, ognuno con la propria personale ricerca creativa, su un progetto condiviso.

“INNESTI 25” parte con Luca Coser che riflette su un’identità sempre più instabile laddove le certezze vacillano e più verità sono possibili. In generale, le sue opere rappresentano gli opposti: verità e finzione, affermazione e negazione, controllo e abbandono non si escludono però a vicenda ma dialogano trovando un equilibrio fragile, rispecchiando la complessità dell’animo umano. La sua è una pittura al confine tra la figurazione e l’astrazione ricca di citazioni. Sfrutta la forza narrativa ed evocativa di riferimenti a film, musica, letteratura, cultura degli anni Ottanta, ma anche alla pittura stessa. La citazione non è però un’aggiunta, bensì una sottrazione, una sorta di maschera. Le figure vengono infatti dipinte e poi celate in una teoria del nascondimento, lasciando alle sue opere un senso di mistero.
Molti di questi elementi tornano nelle opere che Coser ha realizzato per “INNESTI 25”: il suo ciclo dei sei Ritratti di Sante ricorre a figure dalla tradizione, e al contempo cita altre opere d’arte e culturali in una riflessione post-moderna di arte sull’arte. Torna il gioco degli opposti: c’è equilibrio tra il disordine, dato dalle sgocciolature che stanno alla base delle opere, e l’ordine, dato da linee orizzontali e verticali simmetriche. Ma c’è anche ambivalenza tra una pittura più tradizionale con la sua figurazione e profondità, e una pittura più analitica con linee che tendono a far risaltare la forza della superficie della tela. Le figure sono così «trasformate in presenze fragili e fuggenti», nelle parole di Codemo.

Si passa poi alle opere di Piermario Dorigatti. La sua pittura risente soprattutto dell’influenza dell’espressionismo tedesco, il suo stile viene considerato neoespressionista, e riflette le inquietudini dell’uomo contemporaneo. «Mi interessa la figura umana nelle sue declinazioni e degradazioni», spiegava Dorigatti l’anno scorso, «la figura umana in conflitto e la memoria del suo vissuto». Così, l’artista indaga l’uomo e il corpo, spesso nudo, e il quotidiano, attraverso l’utilizzo di colori accesi dalla forte carica evocativa. Usa principalmente i colori primari, soprattutto il giallo, ed è fedele alla tecnica dell’olio su tela, che richiede tempi d’esecuzione più lunghi e permette nell’attesa di riflettere e tornare sull’opera in corso, intervenendo con diverse stratificazioni di colore e giocando con la materia.
Ad “INNESTI 25”, l’artista «affida alla materia pittorica la funzione di rivelare in piena luce una presenza radicalmente altra, pervasa da una sacralità solare e al tempo stesso terrificante, attraente e perturbante» spiega Codemo. Ciò è ben visibile in Bergen-Belsen 44, dove è evidente la predilezione di Dorigatti per il giallo, che però è in contrasto con il rosa delicato di corpi nudi. Quelli sulla destra sono ammucchiati e poco distinguibili, e richiamano la prigionia nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale; sulla sinistra c’è però in contrapposizione un unico corpo posto all’interno di un giardino protetto e verde che richiama la tradizione dell’arte sacra medievale. Questo può offrire una nuova nascita – una Genesi – alla figura al suo interno: un uomo nuovo, un Adamo.

L’attenzione per i corpi e per il vissuto umano è presente anche in Leo Ragno, che si ispira prevalentemente all’Espressionismo. «Mi incuriosisce davvero molto l’aspetto “animale” delle persone» spiegava l’anno scorso Ragno «i loro atteggiamenti involontari, i comportamenti sociali e il loro modo di stare al mondo». Il suo processo creativo consiste in una continua costruzione e distruzione dell’immagine, dipingendo, cancellando e ridipingendo su quel che resta. Ragno non si basa quindi sull’osservazione diretta del reale, ma sul ricordo ricostruito nella sua mente. Il risultato è un’immagine sbiadita, senza decise scelte cromatiche, dalle forme morbide e poco definite, che «costringe lo spettatore a completare il dipinto con il proprio sforzo mentale», nelle parole di Ragno. L’osservatore è quindi trascinato con delicatezza nella propria interiorità da una riflessione che stimola memoria, ricordi e pulsioni.
Ad “INNESTI 25”, l’artista sviluppa certamente tematiche appartenenti all’iconografia cristiana classica, come la Crocifissione, la Deposizione e la Risurrezione; ciò che scaturisce però dal modo in cui Ragno si misura col sacro è un “collasso delle forme”. Se il corpo è nuovamente protagonista, la scena viene tagliata in più fotogrammi, che sono ricondotti in un’unica composizione. Per esempio, in Crucifixion collapse Ragno dipinge il corpo di Cristo sulla croce in più posizioni, come se fosse stato dipinto in più istanti che, sovrapposti, formano la figura finale.

Conclude “INNESTI 25” Milena Sgambato, che trae ispirazione per le sue opere da manuali di psicologia, canzoni e film. Predilige l’acrilico perché «è veloce nell’asciugarsi» ha commentato Sgambato «e permette di dipingere rapidamente al ritmo dei nostri tempi». Le sue pennellate sono infatti veloci, appena accennate, ma potenti. L’uso del colore è spesso arbitrario ma naturale e armonico. A Sgambato non interessa riprodurre la realtà così com’è: ama osservare il mondo, ma lo restituisce filtrato dalle sue emozioni. Così, i suoi personaggi non hanno un’identità ben definita, ma sono dei simboli di qualcosa nel suo immaginario o in quello collettivo. Le piace dipingere adolescenti, che simboleggiano il cambiamento, l’ambiguità, il sogno e l’identità di genere; e fa un’osservazione attenta della realtà psicologica e sociologica del periodo storico in cui stiamo vivendo, caratterizzato da una forte iperconnessione, che però ci rende più soli che mai.
Forse è anche per questo che dedica due dei suoi quadri ad “INNESTI 25” a un incontro: Sgambato tocca infatti il tema della Visitazione, rappresentando l’incontro tra Maria ed Elisabetta, due donne di diverse generazioni, ma entrambe incinte. In Passaggi di tempo 2 il confronto con il sacro è reso da uno stile “pop”: mentre la figura femminile più anziana indossa abiti di un’altra epoca, quella più giovane è vestita in modo totalmente contemporaneo; l’incontro tra le due è sancito da una bottiglietta d’acqua di plastica che reggono entrambe. Tornano quindi i simboli tanto cari a Sgambato, con l’acqua che rappresenta rinascita e sacralità.
«In questa edizione di INNESTI 25, i modelli della tradizione iconografica sacra costituiscono una memoria da evocare e allo stesso tempo da rielaborare radicalmente», afferma Codemo. Per Coser, Dorigatti, Ragno e Sgambato la mostra è stata sicuramente un’occasione di misurarsi con il sacro, riprendendo la tradizione e rileggendola con una sensibilità contemporanea. Per lo spettatore, il dialogo che “INNESTI 25” stabilisce con l’arte sacra esposta alla GASC diventa strumento per esplorare la propria interiorità e per riflettere sui problemi contemporanei.


