Dal 17 aprile 2025 al 20 febbraio 2026, la sede della Regione Lombardia a Roma si trasforma in un palcoscenico silenzioso e vibrante per accogliere INTUS 2025, mostra collettiva curata da Domenico de Chirico ed Eleonora Angiolini, promossa in collaborazione con Isorropia Homegallery. Cinque artisti contemporanei – Renato Calaj, Alessio Deli, Michela Milani, Gianluca Patti e Arjan Shehaj – vengono invitati a dialogare con l’architettura del potere, non per celebrarla, ma per smontarla dall’interno, attraverso una riflessione profonda sull’interiorità come spazio estetico, emotivo e culturale.
INTUS, dal latino “dentro”, non è soltanto il titolo di una mostra: è un orientamento concettuale, un’idea curatoriale precisa che colloca il senso dell’arte nel cuore della percezione individuale. L’operazione – alla sua seconda edizione – riconfigura gli ambienti istituzionali non più come sfondo neutro, ma come luogo attivo di fruizione e trasformazione, dove il visitatore non osserva soltanto, ma partecipa, si interroga, si riflette.
La scelta dei cinque artisti è coerente e incisiva. Renato Calaj, partendo dalle matrici della street art, agisce per sottrazione: il suo linguaggio, sebbene nato dalla bomboletta spray, rifugge ogni estetica urbana convenzionale per farsi pensiero visivo sul tempo, sul confine e sulla dissoluzione. Le sue superfici sembrano contenere il respiro di ciò che sta per sparire, testimoniando un’idea di arte come eco filosofica dell’impermanenza.
Alessio Deli lavora sul recupero della forma classica per restituirle un’anima contemporanea. Le sue figure scultoree – Korai, Kouroi, rielaborazioni mitiche – si ergono come moniti silenziosi in un’epoca smarrita. Attraverso l’uso di materiali di recupero e il ritorno consapevole a tecniche tradizionali come il travertino e il bronzo, Deli mette in scena la contraddizione tra ideale estetico e disincanto ecologico, tra passato solenne e presente vulnerabile.
Michela Milani lavora sul vuoto, e lo fa con precisione chirurgica. Designer per formazione, artista per vocazione, Milani plasma sculture in plexiglas che non occupano lo spazio: lo attraversano. Il suo gesto artistico è alchemico: da uno sciroppo trasparente nasce una forma delicata, quasi liquida, che vibra tra assenza e presenza. L’interiorità, qui, diventa luogo di dissolvenza, metafora di una condizione umana in continua metamorfosi.
Gianluca Patti, con la sua stratificazione materica, lavora sulla sedimentazione della memoria. Cemento e resina, materiali familiari e grezzi, vengono elevati a codici poetici di una narrazione astratta. Le sue opere non si limitano a essere oggetti visivi, ma diventano paesaggi emotivi, compressioni di tempo e vissuto. Il monocromo diventa sintesi, mentre la policromia esplode come affioramento di una tensione che non trova pace.
Arjan Shehaj chiude il cerchio con un’indagine sull’essenza e sulla percezione. Le sue forme geometriche, simili a reti neurali o trame cosmiche, sembrano sospese tra l’invisibile e il tangibile. Con una “ragione intuitiva”, Shehaj disegna mappe intime, topografie mentali che rifiutano ogni gravità, per suggerire che l’arte è ciò che resta quando ogni certezza è caduta. La sua visione abbraccia la leggerezza dell’essere e ne restituisce una tensione quasi spirituale.
Insieme, questi cinque sguardi compongono un coro visivo che esplora l’interiorità non come rifugio, ma come campo d’azione. Le opere – ventotto in tutto – sono disseminate nei corridoi, negli uffici, nei luoghi del quotidiano amministrativo, e proprio lì, dove la routine rischia di spegnere lo sguardo, l’arte si insinua, accende, sollecita.
INTUS 2025 non è una mostra da contemplare: è un’esperienza da attraversare. È un invito ad ascoltare ciò che accade dentro, quando fuori tutto tace. È, in definitiva, un esempio virtuoso di come l’arte possa abitare lo spazio pubblico con intelligenza e profondità, rinnovando la sua funzione critica e poetica anche nei luoghi più inattesi.