L’artista e il suo doppio: vanità, identità e inganno nell’autoritratto a Forlì

L’autoritratto è il più grande atto di vanità dell’arte o la più spietata indagine dell’io? La risposta sta da qualche parte tra il selfie di un adolescente in palestra e l’ossessione seriale di Rembrandt per il proprio volto, tra il narcisismo di de Chirico che si moltiplica in infinite versioni di sé stesso e il cupio dissolvi di Francis Bacon, che si autorappresenta come un grumo di carne contorta. In fondo, da sempre, l’artista ha avuto una sola grande domanda: come mi vedo io? E come voglio che mi vedano gli altri?

Installation view Il Ritratto dellArtista Nello specchio di Narciso Il volto la maschera il selfie Museo Civico San Domenico 2025
ph Emanuele Rambaldi

La mostra Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso al Museo Civico San Domenico di Forlì (dal 23 febbraio al 29 giugno 2025) prova a rispondere, ripercorrendo secoli di autocompiacimento, angoscia esistenziale, autocelebrazione e travestimenti. Da Tintoretto a Marina Abramović, passando per il Rustichino e Salvator Rosa, qui gli artisti si specchiano, si mascherano, si trasformano in santi, in filosofi, in eroi, in guerrieri o – più spesso – si danno un tono, con sguardo serio e abbigliamento studiato. Ma dietro ogni autoritratto si nasconde un paradosso: l’illusione di controllare la propria immagine, quando in realtà si finisce sempre per dire più di quanto si vorrebbe.

Installation view Il Ritratto dellArtista Nello specchio di Narciso Il volto la maschera il selfie Museo Civico San Domenico 2025
ph Emanuele Rambaldi

Il percorso espositivo parte dal mito di Narciso, il primo artista inconsapevole della storia, che guardandosi nello specchio dell’acqua si condanna all’eterno innamoramento di sé stesso. Un filo sottile collega il Narciso alla fonte del Tintoretto e il Narciso di Paul Dubois con i pittori del Rinascimento, quando lo specchio non serviva solo per sistemarsi il colletto, ma per affinare la tecnica e misurare la propria ascesa sociale. L’artista non era più solo un artigiano, ma un intellettuale, un creatore, una celebrità ante litteram.

Installation view Il Ritratto dellArtista Nello specchio di Narciso Il volto la maschera il selfie Museo Civico San Domenico 2025
ph Emanuele Rambaldi

Nell’età medievale, l’autoritratto non esisteva, o meglio, esisteva in forma larvale: i pittori si nascondevano dentro le loro opere, piccoli volti tra i santi e i donatori, una firma visiva prima ancora che materiale. Come osserva Paola Refice, erano presenti, ma non protagonisti: era Dio il vero creatore, loro semplici strumenti. Poi arriva il Rinascimento e l’ego esplode: Parmigianino, Pontormo, Sofonisba Anguissola inaugurano la stagione in cui l’artista diventa testimone della propria epoca, riflettendo in sé stesso non solo il proprio volto, ma anche la sua idea di arte.

Installation view, Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie, Museo Civico San Domenico, 2025. ph. Emanuele Rambaldi

Lo specchio, da semplice oggetto, diventa simbolo di consapevolezza e vanità, una metafora ambigua che oscilla tra prudenza e arroganza. Nelle sezioni Allegorie dell’Immagine e Vanitas/Veritas, opere come la Venere di Tiziano e il Venere e Amore di Jacob de Backer raccontano il rapporto ossessivo dell’arte con la bellezza e il tempo che la consuma. Lo specchio non mente, ma l’artista sì, e spesso si dipinge più giovane, più saggio, più nobile di quanto non sia.

Nel Seicento, l’autoritratto si trasforma in un teatro esistenziale: Rembrandt si dipinge centinaia di volte, osservandosi mentre invecchia, mentre ride, mentre si consuma. Velázquez si inserisce nelle Meninas in un gioco metanarrativo che mescola realtà e rappresentazione. Artemisia Gentileschi dipinge sé stessa con la stessa intensità con cui ha raffigurato le sue eroine bibliche, a dimostrazione che il volto di un’artista può essere un’arma, un manifesto, una dichiarazione di intenti.

Installation view, Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie, Museo Civico San Domenico, 2025. ph. Emanuele Rambaldi

L’Illuminismo e il Neoclassicismo riportano l’autoritratto su binari più controllati, più solenni. Anne Seymour Damer firma la propria opera in caratteri greci, sfidando le convenzioni di un mondo ancora restio a riconoscere il genio femminile. Poi arriva il Romanticismo, e con lui l’artista diventa un eroe solitario, un profeta, un martire dell’arte. Francesco Hayez si dipinge con la fierezza di un patriota, Canova e Thorvaldsen si ritraggono come divinità neoclassiche, avvolti nel marmo della loro stessa gloria.

Con il Novecento, il gioco si complica. Giorgio de Chirico si moltiplica in infinite varianti, Sironi si sdoppia tra luce e ombra, Francis Bacon si deforma fino a perdere ogni riconoscibilità. L’autoritratto diventa manifesto programmatico, confessione psicologica, scomposizione dell’identità. La maschera, già presente nel Barocco, torna prepotentemente, ma non per nascondere, bensì per rivelare un vuoto.

Installation view, Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie, Museo Civico San Domenico, 2025. ph. Emanuele Rambaldi

Nella sezione finale, il volto si sgretola definitivamente: Michelangelo Pistoletto con il suo Uomo Nero, Bill Viola con Self Portrait, Submerged, Marina Abramović con il suo Ecstasy II trasformano il corpo in un campo di battaglia emotivo, spirituale, politico. L’autoritratto è ormai qualcosa di liquido, mutevole, ibrido, e si manifesta nei filtri di Instagram, nei ritratti digitali, nei corpi performativi degli artisti contemporanei.

Questa mostra non è solo una celebrazione della storia del ritratto, ma un saggio visivo e concettuale che attraversa secoli di arte, restituendo una riflessione profonda sulla natura dell’identità e sulla funzione dell’immagine. Confrontando l’autoritratto rinascimentale con le pratiche contemporanee, si dimostra come l’artista, oggi come ieri, continui a interrogarsi su chi è e come vuole essere visto.

Il selfie ha davvero cambiato qualcosa? Forse no. Forse siamo tutti Narciso, a guardare il nostro riflesso nell’acqua, sperando di intravedere qualcosa di più profondo di un’immagine.

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