Annunciato da poco sui social dallo stesso direttore Jonathan Anderson, Dior lancia l’audiobook del volume Dior et moi (1956), l’inedita autobiografia scritta da Christian Dior 10 anni dopo l’apertura del primo atelier e un anno prima della sua scomparsa.
L’attore e regista francese Louis Garrel darà la voce a Dior leggendo in lingua originale lo scritto per rivivere oggi il personaggio dietro i riflettori.
Il bisogno che spinge lo stilista a raccontarsi in un libro è la consapevolezza, non banale, di due Monsieur Dior: il pubblico e il privato. Un dualismo che ci appartiene, ma che vissuto dal fondatore di una delle piú celebri maison del mondo racconta l’umano dietro al mito che tutti conoscono. L’inaugurazione della prima sede in Avenue Montagne 30 è frutto di un percorso di passione che conduce Dior ad abbandonare le strade a cui sembrava predestinato, come la politica, per seguire il sogno della moda.
Come cita il titolo della mostra che ha presentato al mondo l’evoluzione del brand, Christian Dior. Designer of Dreams, il couturier ha rivoluzionato lo stile e la cultura del fashion, rinnovando l’immaginario del corpo femminile diffondendone una nuova identità. L’attenzione alla qualità dei tessuti, la creatività da cui nascevano gli accessori coordinati e la sensibilità a un nuovo mercato in crescita, sono tutte doti che conducono al successo, ma che chiedono in cambio molto piú di ció che si immagina.
«Sento che questa mia controfigura pubblica, il Christian Dior brillante e mondano, mi è servito e mi serve. Perché è lui che tiene in piedi tutta l’impalcatura […]» Christian Dior
Il testo, tradotto per la prima volta in italiano da Maria Vidale e pubblicato nel 2014 da Donzelli Editore, lascia in eredità le memorie di un uomo che stenta a riconoscersi fino a poco prima di morire; il sarto che dalla Normandia fonda un impero di alta moda, porta con sé i lettori alla scoperta del suo alter ego, quello che con le sue avventure «fa vibrare le antenne del gusto».
Accanto al Dior piú festaiolo convive una parte che resta in ombra che, come lo stesso stilista, afferma, dall’idea di un abito trova la sua ragione di vita e che in fondo detesta «il chiasso e il trambusto della mondanità e tutti i cambiamenti troppo bruschi».
La maison ha iniziato a rendere accessibile parte di questo patrimonio editoriale giá dal 2024, con il documentario diretto da Frédéric Tcheng, Dior an I, presentato al Tribeca Film Festival e dedicato alla prima collezione firmata Raf Simons.
Durante la pandemia è stato possibile leggere gratuitamente l’intera autobiografia sui canali di e lettura online piú famosi quali Amazon e Apple. Sempre durante il lockdown viene lanciato il format Dior Talks, un contenitore digitale curato dalla storica dell’arte Katy Hessel dedicato alle figure piú influenti del femminismo mondiale a partire dall’ex direttrice creativa Maria Grazia Chiuri, che si racconta come donna e come stilista, fino alle artiste che hanno segnato un’epoca e sono tutt’oggi una fervente ispirazione (Judy Chicago, Tracey Emin…).
Come Gustave Flaubert difende in un tribunale la sua Madame Bovary esclamando «Madame Bovary, sono io», Christian Dior trova il protagonista della sua storia in sé stesso e lo fa a gran voce.
«Dichiarerò parlando dell’altro “Dior. Dior sono io!”. Perché, a ben vedere, tutto ció che è stata la mia vita – che io lo voglia o no – si è espresso nei suoi abiti». (Dalla prefazione di Dior & Moi, Donzelli Editore, 2016)