Alcuni la conoscono come pittrice, altri come scrittrice, e altri ancora come intellettuale; ma Leonora Carrington è stata anche scultrice, drammaturga e pioniera del femminismo e dell’ecologismo. Per Salvador Dalí, è stata «la più importante artista surrealista donna». Per Octavio Paz, «una poesia che cammina, che a un tratto sorride e si trasforma in un uccello e poi in un pesce, e scompare». Dal 20 settembre, la ricchezza poliedrica di Carrington è a Palazzo Reale di Milano nella prima mostra monografica mai presentata in Italia. A cura di Tere Arcq e Carlos Martín, il percorso espositivo vanta oltre 60 tra dipinti, disegni, fotografie e materiali d’archivio provenienti da importanti istituzioni internazionali e collezioni private.

«La mostra vuole presentare il viaggio di Leonora, geografico e mentale», spiega Martín. Il “viaggio geografico” risente soprattutto del nomadismo e delle fughe nella prima parte della vita di Carrington. Nata nel 1917 in Inghilterra, fugge dalle rigide convenzioni sociali con l’immaginazione, alimentata fin da piccola da miti celtici e fiabe irlandesi. Viene sistematicamente espulsa da diversi collegi cattolici, e nel 1932 Carrington consolida la sua vocazione artistica a Firenze. Rifiutata l’introduzione nell’alta società britannica, studia arte all’accademia londinese di Amédée Ozenfant. Nel 1936 s’innamora di Max Ernst, presto denunciato dal padre di lei.
I due si spostano a Parigi, a contatto con il gruppo surrealista, e poi nel sud della Francia. Nel 1940 Ernst viene però imprigionato dai nazisti, e Carrington fugge in Spagna, dove subisce prima uno stupro, poi un crollo mentale, e infine un internamento in manicomio. Dopo un breve periodo a New York, nel 1942 Carrington si stabilisce in Messico, dove inizia una seconda parte della vita più stanziale: si sposa, ha due figli e quando muore nel 2011, è considerata l’ultima dei Surrealisti.

Tra le tappe della sua vita, il legame con l’Italia è un tema essenziale della mostra. «Leonora era una donna del Rinascimento, in quanto artista totale: scrittrice, pittrice e scultrice» spiega Arcq «e indipendentemente dalla diversità delle tecniche, era interessata a tutta la conoscenza: matematica, scienza e fisica, ma anche misticismo, religione e tarocchi». In Italia Carrington scopre la pittura trecentesca e quattrocentesca, e «un altro Rinascimento, che non è solo quello toscano», chiarisce il direttore di Palazzo Reale Domenico Piraina; «è storiograficamente sbagliato parlare di Rinascimento al singolare: nel ‘500 ci sono Rinascimenti al plurale. Leonora è attratta dalla pittura di Bosch e le sue opere risentono della sua influenza. La vicinanza a Bosch, che è stato definito un proto-surrealista, porterà Leonora al Surrealismo».
Al viaggio geografico di Carrington si intreccia così quello mentale: «un viaggio spirituale, una ricerca continua della sua identità e del suo posto nel mondo», spiega Arcq. Questa ricerca ha prodotto un’eco postuma eccezionale per la capacità di dialogo con le nuove generazioni. «Fino a pochi decenni fa non c’era l’interesse di oggi per Leonora Carrington: non era ancora arrivato il suo momento. Lei nasce prima del suo tempo, ma qui ed ora noi siamo in grado di comprenderla», conclude Martín. Gli altri temi essenziali della mostra anticipano così questioni oggi al centro del dibattito culturale, come la psiche umana, il folklore e le strutture del potere. Carrington è attenta alle minoranze e ai saperi e alle tradizioni eterodosse, attraverso cui le donne possono recuperare il proprio potere.

È un “femminismo della coscienza” che vede la donna al centro della vita spirituale di una comunità ma è anche attento all’ecologia ponendo la figura femminile a custodia della terra. Le creature fantastiche di Carrington diventano strumenti per indagare la condizione umana. Le mitologie dimenticate danno accesso all’inconscio, le fiabe vogliono sovvertire i ruoli di genere e le gerarchie sociali. E nello spazio domestico della cucina la preparazione del cibo è un atto magico e di re-empowerment femminile.
Queste tematiche sono articolate in sei nuclei espositivi. Si parte dalla formazione di Carrington tra Inghilterra e Italia; la serie Sisters of the Moon (1932-1933) ha come protagoniste potenti donne immaginarie e bestie fantastiche e anticipa quelli che saranno i maggiori interessi di Carrington: la sorellanza, l’immaginazione affabulatoria e componenti letterarie, mitologiche ed esoteriche. Si passa poi agli anni del legame con il Surrealismo, dove l’artista inizia a trovare una sua voce.

Compaiono qui rimandi alla casa di Carrington ed Ernst nella Francia meridionale, e alcune opere del pittore tedesco dialogano con quelle dell’artista inglese. La terza sezione, dove spicca Las tentaciones de san Antonio (1946), mostra la bilocazione di Carrington. Quando in Messico forma una famiglia, la pittrice da un lato recupera i ricordi onirici e fiabeschi della sua infanzia inglese, dall’altro, i suoi dipinti trovano uno slancio creativo nell’esperienza della maternità, mostrando l’influenza della pittura italiana, ricca di fertilità, giardini e annunciazioni.
Carrington è stata «sempre alla ricerca di mappe interiori che la aiutassero a navigare nella sua vita visionaria e nei suoi demoni interiori», ricorda suo figlio Gabriel. Così, il quarto nucleo della mostra è rivolto ai luoghi oscuri della conoscenza dove luce e ombra coesistono, riflettendo l’interesse dell’artista per figure storiche, mitologiche e religiose di diverse culture antiche e contemporanee. Si ripercorre poi il fascino che Carrington, come altri surrealisti, ha per l’occultismo e la magia rituale. Fino a tempi recenti, questo è stato forse l’aspetto meno esplorato del suo lavoro, anche perché Carrington non spiegava le sue fonti di ispirazione.

La sua pittura enigmatica invita dunque l’osservatore a un’esperienza percettiva più intuitiva che razionale. Infine, l’ultima sezione, quella di Grandmother Moorhead’s Aromatic Kitchen (1974), è dedicata alla “cucina alchemica”, svuotata dalla fatica femminile. «A differenza di altre artiste femministe degli anni ‘70 e ‘80 che consideravano la cucina come luogo di oppressione femminile» nota Arcq «per Leonora era spazio di creatività e collaborazione tra donne». Qui esse, attraverso l’alchimia e la stregoneria, possono reclamare i loro poteri. Secondo Carrington, «una donna non dovrebbe rivendicare dei diritti. I diritti esistono da sempre; dobbiamo solo riprenderceli, compresi i Misteri che ci appartenevano e che sono stati violati, rubati o distrutti».
La mostra intende riflettere la capacità trasformativa della vita e del lavoro di Carrington: il trauma non è solo dolore, ma diventa creatività. E l’immaginazione non è solo fuga, ma diventa resilienza. Il progetto espositivo vuole restituire all’artista ribelle e visionaria lo spazio che merita all’interno della storia dell’arte contemporanea e la presenta come una rivelazione essenziale per comprendere le sfide del XXI secolo.




Non conoscevo bene questo personaggio e sono contenta che si stia dando sempre più spazio a pittrici di questo calibro su blog e giornali di arte. Articolo interessantissimo, grazie!