Enciclopedia di un mondo che non esiste. È così che si potrebbe definire l’arte di Luigi Serafini, artista, architetto e designer di fama internazionale. Celebre per il Codex Seraphinianus, universalmente riconosciuto come il suo capolavoro, Serafini esplora mondi che non esistono popolati da creature dell’assurdo.
Il Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci, celebra l’immaginifica forza creativa dell’artista attraverso una sua mostra personale. A inaugurare la stagione espositiva primaverile del Labirinto per l’anno 2025, non poteva che essere un artista come Serafini, il cui legame col luogo è viscerale. Franco Maria Ricci fu infatti l’editore che per primo pubblicò, nel 1981, il Codex Seraphinianus. Il 2025 segna inoltre il decimo anno dalla nascita del Labirinto, per questo l’esposizione è un vero e proprio ritorno alle origini, mentre per Serafini un ritorno a casa.
La mostra inaugurata il 29 marzo e visitabile fino al 13 luglio, è emblematica già dal titolo: Da Serafini a Luigi. L’uovo, lo scheletro, l’arcobaleno. A cura della Fondazione Franco Maria Ricci insieme all’artista stesso, racconta del lavoro di Serafini attraverso l’unica ottica da lui accettata: la tripartizione tra epoca pre-Codex, epoca Codex ed epoca post-Codex. A dimostrazione di come non si tratti solo di un’opera, il Codex Seraphinianus è molto di più. Non soltanto quello che lo ha reso celebre in tutto il mondo ma anche la creazione che ha scandito il tempo della sua vita e che continua a farlo, riuscendo addirittura a modificare la nostra percezione sull’esistenza.

Così chiara eppure così incomprensibile è la particolare enciclopedia di Serafini. Scritta in una lingua che non esiste, la forma dei caratteri può ricordare la morbidezza di quelli indiani o di un alfabeto georgiano. L’incomprensibilità della lingua è quello che accomuna chiunque si confronti con un tavola del Codex, indipendentemente dal paese di provenienza, dalla cultura o dall’idioma. Ecco che improvvisamente quello che è da tutti incompreso diventa chiaro e condivisibile. Forse è proprio questo che ha permesso al Codex una diffusione così estesa a livello globale.
Dopo la prima edizione di Franco Maria Ricci dell’81, che rimane un tesoro bibliofilo, ne seguirono moltisse altre in Olanda, Stati Uniti, Francia, Spagna, Russia e Cina. L’interesse per il Codex coinvolse anche personaggi del calibro di Italo Calvino, che scrisse la prefazione di una particolare edizione, ma anche di registi cinematografici come Federico Fellini e Tim Burton.
Ed è proprio una citazione di Calvino, pubblicata nel primo numero della rivista FMR di Franco Maria Ricci, ad aver dato lo spunto per il titolo di questa mostra: “Direi che le immagini che più scatenano il raptus visionario di Serafini sono tre: lo scheletro, l’uovo, l’arcobaleno.” Si tratta infatti di elementi estremamente ricorrenti nella produzione dell’artista, non solo nel Codex ma in generale in tutta la sua arte.

Ad accompagnare i caratteri di una scrittura fantastica sono i disegni serafiniani che sembrano quasi usciti da un sogno. Straordinari, assurdi, si legano pefettamente alla scrittura nonostante nessuno dei due abbia un senso. L’opera di Serafini potrebbe essere considerata un bestiario medievale contemporaneo ed è infatti proprio ai bestiari che si è ispirato l’artista. I disegni sembrano ricondurci a un tempo passato, come sfogliassimo un antico manoscritto di fine Trecento. Gli animali che lo popolano sono però molto spesso creature dell’immaginazione, appartenenti a un mondo onirico. Serafini racconta che parte tutto dai disegni, le “parole” vengono solo dopo e sono sempre riconducibili a una sensazione, un suono o un’atmosfera più che a una specifica frase o a un concetto da esprimere. La mostra al Labirinto della Masone dedica un ampio spazio alle numerosissime tavole del Codex Seraphinianus, accostate a sculture che portano nel mondo tridimensionale la visione di quelle pagine.

Siamo nel 1977, quando ancora Serafini non era nessuno. L’artista aveva appena concluso una serie di venti tavole molto particolari, sicuramente inconsuete ed era alla ricerca di un editore che gliele pubblicasse. Dopo una serie di rifiuti, finalmente incontra Franco Maria Ricci che riconosce le potenzialità dell’artista. I due, accomunati dalla passione per lo studio delle lingue e dei codici, si trovano subito in sintonia. Grazie a quest’amicizia e alla reciproca stima, nasce la celebre prima edizione del Codex che tutti conosciamo e nasce soprattutto un importante artista nel panorama italiano e internazionale: Luigi Serafini.
Ma non solo il Codex. Dire che Serafini è un artista poliedrico è un eufemismo. Nasce come architetto ma l’arte ha sempre fatto parte della sua vita, si avvicina poi alla scultura ma non abbandonerà mai il disegno. In mostra al Labirinto della Masone è presente la prima opera dell’artista, che raffigura la casa di famiglia a Pedaso nelle Marche. Uno degli obiettivi dell’esposizione è infatti anche quello di porre l’accento su una parte di lavoro di Serafini spesso sovrastata dalla fama del Codex, ripercorrendo la carriera dell’artista e raccontando sia del celebre Serafini che del più intimo Luigi.

La giocosità è una delle prime caratteristiche che salta all’occhio nelle opere dell’artista. Questa viene in particolar modo esaltata dagli oli su tela, in cui colori vibranti e accesi riempiono lo spazio facendoci sentire in un giorno di festa o come personaggi nelle pagine di un libro illustrato. Un esempio è la tela La langue secrète des oiseaux, del 2019, esposta nell’ultima sala del percorso, all’interno di uno spazio che ricorda quello della casa d’artista di Serafini, la Domus Seraphiniana a Roma. L’opera raffigura un uomo al centro di una stanza mentre parla a un gigantesco cardellino, all’interno di un paesaggio surreale in cui giganti uova si aprono sul tetto della casa. Sullo sfondo alcuni alberi vanno a fuoco mentre nel cielo volano altri uccelli, probabilmente rondini. Serafini racconta che è sempre stato affascinato dalla credenza medievale secondo la quale gli uccelli possono portare messaggi al cielo, come intermediari tra il mondo terreno e quello divino.
Bellissimo!
Brava Alice!