Alla SPARC – Spazio Arte Contemporanea di Venezia*, la mostra Dentro la Tempesta di Manuel Gualandi propone un confronto serrato e meditato tra l’artista contemporaneo e il celebre dipinto di Giorgione. Visitabile fino al 7 luglio 2025, l’esposizione – a cura di Daniele Capra – ospita circa venti opere su tela e carta, in cui Gualandi declina la propria sintassi espressiva dall’informale all’astratto fino al monocromo, suggerendo un’indagine sul potenziale evocativo dell’opera cinquecentesca.
Il progetto parte da un presupposto chiaro: non un omaggio celebrativo, ma una reinterpretazione viva. I primi cinque lavori, eseguiti su riproduzioni del dipinto, attestano la volontà di una presa diretta e fisica sull’originale, oltre ogni tentazione citazionista. È un gesto che rivela un approccio radicale: interessa l’urgenza immaginativa, non la fedeltà formale.
Gualandi appartiene a una generazione cresciuta alla pittura, formatasi nella Venezia accademica degli anni Novanta, dove “La Tempesta” era parte del paesaggio quotidiano. In questa consuetudine nasce una relazione non mediata con l’opera: non icona da museo, ma immagine viva da attraversare. Le opere a olio, i monocromi, le sperimentazioni su carta testimoniano un desiderio di ritornare alla materia, al gesto pigmentario come atto di presenza e di pensiero.
Le superfici sono dense, spesso stratificate. Grumi di colore, setole incastrate, velature che raccontano una pittura vissuta come linguaggio incarnato. In queste opere, la pittura è uno strumento per leggere il mondo, e agire su di esso. Non si tratta di “riprodurre” Giorgione, ma di raccoglierne le sollecitazioni per decostruire e rifare senso.
Il fulmine, l’ombra, l’eros ambiguo, gli elementi che fanno de La Tempesta un’opera enigmatica e sospesa, vengono rielaborati da Gualandi non come simboli, ma come materia pittorica da interrogare. In questo senso, la mostra non è un esercizio filologico, ma una riscrittura corporea e sensibile di un’immagine storica.
Dal punto di vista critico, Dentro la Tempesta è una mostra coerente, capace di tenere insieme diverse grammatiche pittoriche. Il passaggio tra informale e monocromo, tra gesto e segno, si svolge con consapevolezza linguistica. Ogni opera è una variazione, una deviazione che prova a trovare un nuovo equilibrio.
La curatela di Daniele Capra è sobria e funzionale: lascia parlare le opere e ne valorizza le differenze interne. Il catalogo, con testi di Luca Berta, Francesca Giubilei, Monica Ferrando e Massimo Mattioli, fornisce chiavi critiche e contestuali efficaci.