Geografie che si espandono su una mappa reale tra una lista di nomi e una regolare griglia con una prevalenza di colore azzurro. Quella di miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea che abbiamo cercato di attraversare ordinatamente, tra uno stand e l’altro. Tuttavia, nonostante una certa personale inclinazione svizzera all’ordine e al rigore, il percorso ha preso deviazioni inaspettate, come un naturale attraversamento di traiettorie possibili.
Fino a approdare a quella piccola macchia viola sulla nostra pianta, proprio di fronte alla Vip Lounge Ruinart (o girandoci intorno), che ha ospitato uno dei progetti più interessanti nell’ambito della serie Conversations with Nature con Julian Charrière. Si tratta della sezione Portal curata da Alessio Antoniolli. Arrivata alla sua seconda edizione, ha saputo costruire una prospettiva più ampia facendosi interprete dello spirito collaborativo tipico dell’arte di Robert Rauschenberg, come tema scelto per quest’anno scelto dal Direttore Artistico della fiera Nicola Ricciardi.
Collocandosi nel cuore della sezione Established, Portal ha proposto la visione di dieci gallerie di cui alcune anche nella sezione principale. Dobbiamo dirlo, dopo la bulimica concitazione visiva della settimana, ripensare a questo isolotto di specificità facendolo sedimentare nella mente, è stato rassicurante. Una rassicurazione che ci libera da molte delle imposizioni tematiche e estetiche della prospettiva occidentalocentrica, superando confini storici e culturali.

Alla galleria peruviana Crisis (Lima) ritornata in fiera dopo l’ultima volta nel 2021, va il merito (a parere di chi scrive) di aver portando Santiago Yahuarcan, uno dei più interessanti dell’intera fiera (a parere di chi scrive), presente alle manifestazioni internazionali con uno dei progetti più rappresentativi e eleganti, all’interno di un allestimento con pareti scure sulle quali erano appese le opere. Tinture naturali e tele di corteccia su cui sono dipinte storie mitiche, paesaggi naturali, che raccontano memorie indigene della comunità a cui appartiene quella degli Uitoto e dei Bora, nella foresta amazzonica peruviana. Narrazioni trasferite oralmente e che hanno accolto il pubblico all’interno di un territorio meno antropico, in cui umane e non umani non sono una costruzione culturale, ma una condizione naturale.

Ne Les présages du printemps l’installazione realizzata da Victor Fotso Nyie, per la galleria P420 (Bologna), quella sensazione suggerita da Crisis di far parte di un territorio naturale, prende forma nel tappeto di terra con le basi di mattoni forati. Sculture di ceramica, in taluni casi decorata, con l’aggiunta di parti dorate raffigurano soggetti umani, bambini dall’iconografia africana, che si caricano di un potere fortemente simbolico. Al medesimo tempo partecipano a un processo di trasformazione e riappropriazione della propria storia lungi da mercificazioni coloristiche.
Dal Ghana proviene il gruppo blaxTARLINES (Kumasi) una comunità eterogenea di professionalità (artisti, curatori, scrittori) scelto da APALAZZOGALLERY (Brescia), che ha appena concluso una mostra nella sede della galleria. Opere pittorica dalla forte valenza simbolica e coloristica. L’opera OUR TIME, 2025 di Naomi Boahemaa Sakyi Jnr entra a fare parte della collezione del Fondo di Acquisizione di Fondazione Fiera Milano, insieme a West Longitude, 2024 di Juliana Matsumura, del Coletivo Amarelo (Lisbona). Le traiettorie fluviali di gesso di argilla dell’artista insieme all’installazione Come foglie secche, con le tracce intorno ai territori tra sparizioni e memoria, nelle incisioni della seria Morfologica di Flavia Regaldo, nello stand di Lisbona, disegnano le trasformazioni geografiche dei territori.

Il colore ha una sua valenza estetica in questo percorso della fiera con le opere di Michael Bauer da Federica Schiavo (Roma). Una vivacità cromatica che suggerisce forme antropomorfe e zoomorfe ai soggetti, che perdono il loro riconoscimento per avventurarsi su un piano espressivo che obbliga il pubblico a soffermarsi sul suo lavoro, tra paesaggi o scenari inaccessibili a formulazioni cognitive. E il paesaggio è quello ludico di Gino Marotta alla Richard Saltoun Gallery (Londra – Roma – New York) che disegna un giardino con pareti e pavimentazione verde, che simula una reale porzione di esterno all’interno degli spazi fieristici, popolato da sintetiche sculture trasparenti di polimero termoplastico (come il metacrilicato).
Anche le pareti della galleria si apprestano a una mimesi con i piccoli dipinti astratti nell’installazione di Lucy Otter alla Galleria Franco Noero (Torino), mentre Jonas Roßmeißl alla Klemm’s (Berlino) con Streitbildhauerei (Sculpture of Dispute) si interroga su questioni fondanti la percezione, la rappresentazione formale attraverso la scultura, che diventa un medium per rivedere e rimettere in discussione le dinamiche costitutive sociali e culturali, con opere aliene e stranianti. In maniera diversa lo straniamento operato da Marilou Poncin da spiaggia libera (Parigi) con immagini fotografiche dove la nudità dei soggetti femminili e le ceramiche, mostrano un erotismo sussurrato con rimandi al classicismo e all’iconografia Rinascimentale. È ancora il corpo femminile il soggetto delle opere pittoriche di Romina Bassu da Studio SALES di Norberto Ruggeri (Roma). Tuttavia, le figure mostrano una delicata e velata inquietudine, come velata è la paletta cromatica fredda utilizzata. La sua è un’immagine riconoscibile con un’estetica ricercata, in cui le donne sembrano quasi apparizioni in procinto di scomparire in ambienti decontestualizzati. Quadri che fanno parte di un’unica narrazione in cui l’artista guarda al femminile criticando la visione maschilista della società.