Momenti magici a Cremona: l’arte di Silvia Mei alla Galleria Mangano

Ci si trova molto bene alla Mangano Galleria d’Arte di Cremona, fondata nel 2018 da PierPaolo, sulla scia di una lunga tradizione di collezionismo portata avanti dal padre Eugenio. Ci si trova molto bene grazie all’innato senso di accoglienza che si respira, all’empatia che avvicina chi la visita al gallerista, al sincero coinvolgimento del racconto che viene fatto di quel luogo.

Si parlava di una Galleria d’arte erede di una tradizione pluridecennale di collezionismo che ha riguardato soprattutto artisti italiani come Carla Accardi, Renato Guttuso, Tino Stefanoni, Luigi Ontani, Alberto Burri, Luigi Mastrangelo, Ennio Morlotti e un focus puntato sul medialismo teorizzato da Gabriele Perretta e, specificamente, su quel sottoinsieme del movimento che espresso la pittura mediale (citiamo Fabrizio Passarella, il già presente Luigi Mastrangelo e Maurizio Cannavacciuolo). Una volta aperto lo spazio espositivo di Via Grado, che nel tempo sarebbe diventato anche scuderia di artisti, la storia pubblica di Mangano inizia con i grandi oli su lamiera di Guglielmo Aschieri per continuare con una proposta capace di coniugare qualità, senso di valorizzazione per l’arte emergente e gusto personale per forme espressive audaci e caratterizzate da vivace freschezza.

exhibition view 3 foto di PierPaolo Mangano

É il caso della personale molto ben curata ed esposta di Silvia Mei, artista cagliaritana classe 1985 residente nella Bassa Bergamasca, che propone opere recenti (periodo compreso tra il 2022 e il 2024) di figure “spudoratamente nude o eccentricamente agghindate che […] raccontano da un pianeta surreale” (parole di Gianluca Mangano, fratello di PierPaolo che completa il trio dei galleristi). Una tela di Silvia Mei è infatti una scena in cui figure ancestrali, maschere che richiamano la grande tradizione sarda, volti ferini, tratti onirici e surreali, figure umanoidi e al confine con l’animalità, sentori di scene cinematografiche felliniane e soprattutto, a livello sia concettuale che espressivo, il rifiuto categorico di ogni logica binaria per definire l’umanità e l’abbraccio lussureggiante alla fluidità identitaria.

“Ho vissuto da subito – ci dice PierPaolo – la pittura di Silvia come un tuffo nell’audacia, un salto nel futuro dell’arte pittorica, una capacità energica di trasmettere eleganza e raffinatezza nonostante la forza apparentemente bruta dei contrasti e dei dettagli che Silvia ci mette di fronte agli occhi.” Avvicinandoci alle venti tele qui esposte di Silvia Mei, infatti, si notano particolari che valorizzano ancor di più la forte valenza espressiva dell’artista: piedi a forma di scarpa femminile con tacco, orpelli piumati in alcuni punti del corpo, brillantini, collage di figurazioni celebri (come una Monna Lisa a coprire il sesso), colpi di spray, mani che a volte sono erotiche a volte sembrano risorgere dagli artisti medievali antecedenti alla prospettiva e alla proporzione delle forme, agghindamenti da scenario circense o festivo, fiori e frutti che rivisitano la tradizione barocca.

Magic Moments foto di PierPaolo Mangano

“Considero tutti questi orpelli materici non un semplice divertissement dell’artista ma elementi necessari e complementari alla totalità dell’opera”, ci dice PierPaolo mentre illustra l’opera site specific della mostra: Magic Moments. E’ una grande tela di quasi due metri di altezza per tre di base dalla quale sette figure (è uno sforzo ininfluente chiedersi se siano uomini o donne, se siano umane o quasi umane) ci osservano frontalmente e invitano lo spettatore a salire sul palco per partecipare a una passerella cromatica molto vibrante. All’altezza del sesso, ognuna delle figure ha un elemento che non appartiene alla sessualità convenzionale e i piedi sono raffigurati ora ferini ora sorprendentemente sensuali. 

Jukebox è il titolo di questa personale, visitabile sino al 16 febbraio, perché il jukebox era “l’anima della festa […], un oggetto desueto […] che racchiude in sé anch’esso, delle tracce mnemoniche musicali. Tutte diverse, si tratta solo di quale brano scegliamo di ascoltare”, afferma l’artista per specificare la scelta della denominazione della mostra. All’interno del jukebox ci sono comunque dei percorsi tematici, come ad esempio le dieci tele di “Botanica”, nelle quali l’artista illustra una singola figura dal corpo nero, dieci ritratti in nero potremmo definirli, un riflesso cromatico molto importante per Mei, in un contesto di opere che esplodono di colori caldi.

exhibition view 4 foto di PierPaolo Mangano

Altre piccole serie tematiche rintracciabili sono quelle dei dittici e sul memento mori. Autoritratto Seduta Composta è una coppia di quadri in cui l’artista sente soffiare da entrambi i lati del collo il respiro di cani molto ferini (e neri) e lascia su chi osserva la sensazione vagamente angosciante di qualcosa di minaccioso e sul punto di assumere forme reali. Le tre tele di Memento Mori, ci mostrano una moltitudine di maschere, e quindi di sguardi, che affiancano la figura (forse) femminile e nera (anch’essa mascherata) in un contesto visibile forse gaudente forse perturbante che interroga l’essenza della persona, l’anima mutevole dell’artista riflessa su tela. “Comprendo fino in fondo la nobiltà della sua poetica, la grandezza della sua arte, nella capacità di scavalcare la convenzione sociale per cogliere il bello nella varietà dell’esistenza.” (Gianluca)

Completa la mostra un agile catalogo edito dai galleristi, dal quale sono tratti i passaggi qui citati di Gianluca Mangano. 

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