Mondo Futurista, a Desenzano è ancora di scena il Futurismo. Tra rombi di motori, precursori, epigoni

Il tempo del Futurismo è il presente, anzi: un presente continuo, e il mondo del Futurismo è l’attuale, anzi: la crepitante, scoppiettante attualità, non già solo la scottante. Insomma, l’inno al futuro, l’acclamazione del progresso veloce, inarrestabile, imprevedibile, fascinosamente ignoto, tutte istanze dell’arte e della vita esaltate da Filippo Tommaso Marinetti e seguaci oltre un secolo fa, sono istanze permanenti.

Umberto Boccioni <em>Forme uniche della continuità nello spazio</em>

Non è più celebrazione dell’Uomo prossimo venturo, è cristallizzazione celebrativa di una condizione umana che in attesa della palingenesi divenire festeggia l’immanenza del qui e ora, a futura memoria. Da poco conclusa la grande, contestatissima e controversa mostra romana futurista alla GNAMC, Galleria Nazionale – nell’imminenza dell’inaugurazione, ovvero nel suo passato, salvo poi essere redenta e premiata, soprattutto dai visitatori, a fine rassegna, ovvero a futuro compiuto – ecco che, come per gemmazione spontanea, a perpetuare il mito di un futurismo eternamente presente, inaugura un piccolo clone, prezioso e ben rappresentativo, un cameo di Futurismo condensato concentrato, custodito e protetto nel Castello medievale di Desenzano del Garda, da maggio a ottobre del corrente anno, per la cura di Giordano Bruno Guerri e Matteo Vanzan. “Mondo Futurista”, questo il titolo della risorgenza – tutta da scoprire – dei roaring days futuristi cantati dal clan Marinetti, rappresi in mostra nelle rappresentanze celebri di alcuni dei maggiori cantori e di un buon numero di meno noti autori che la curatela ha avuto il buon merito di rimettere in corsa.

Una mille e ancora mille, e altre mille miglia che non finisce mai, le eliche rombanti dei biplani Caproni (buona parte dei pezzi esposti proviene proprio dalla collezione del museo dell’aeronautica Gianni Caproni di Trento) procedono la inarrestabile staffetta nei cieli di oggi, instancabilmente in rotta verso l’eterno Futurismo del presente continuo. Non c’è più alcun dubbio: Marinetti, a suo tempo, ovvero nel nostro tempo, ha fissato per sempre il destino dell’arte, delle arti. La formula “Mondo futurista” – spiegano i curatori in una nota – è allo stesso tempo un omaggio allo scritto di Giacomo Balla del 1918, Universo Futurista, e una dichiarazione d’intenti: un titolo che racchiude l’intero senso di una mostra che si propone di offrire ai visitatori una panoramica il più ampia possibile del movimento futurista, raccontandolo non solamente nel suo aspetto di rinnovamento estetico, ma come la vera “rivoluzione d’intenti” estetici e formali che fu.

Segnatamente, nella limitazione necessaria ai confini storiografici e critici, le opere selezionate sono una cinquantina, tra dipinti a olio, disegni, studi preparatori, tecniche miste su tela e su carta, sculture, litografie e manifesti d’epoca, provenienti da collezioni pubbliche e private, oltre a una selezione di testi, coprendo il periodo 1901 – 1943. A partire dunque dagli antesignani divisionisti, di cui spicca il bellissimo e potentissimo Lavacro dell’umanità di Gaetano Previati, un’opera che prefigura icasticamente la dirompenza turbinosa, travolgente della velocità che di lì a poco sarà parte fondativa delle celebrazioni teoriche marinettiane, per concludersi con Il biliardo di Renato di Bosso, in piena età astratto formalista.

Gaetano Previati Il lavacro dellumanità 1901 olio su tela cm 807×1505 collezione Banco BPM

Il percorso, snodato tra gli ambienti dell’architettura militare medievale del castello comprende pure l’icona del movimento, e icona dell’arte italiana del Novecento riprodotta sui venti centesimi di euro nostrani: le Forme uniche della continuità nello spazio di Umberto Boccioni, nella prova di fusione della riproduzione dell’opera (altrimenti mai realizzata se non in un modello in gesso affidato dall’autore a un amico che poi, inspiegabilmente, lo distrusse) di Francesco Bruni, commissionata dalla galleria La Medusa nel 1970. Di fatto, ne esistono almeno un’altra decina di copie in Italia e nel mondo, variamente in possesso di patenti vere o presunte di autenticità, ma non è il momento di ricadere nella polemica sul caso, che ha già ampiamente funestato la mostra della Capitale. Resta il fatto che l’opera è, mai come ora, a dispetto degli abusi del termine, “iconica”, e chi si addentra nel castello che sovrasta la sponda bresciana del lago di Garda vi trova un esemplare certificato, in ottima installazione scenografica.

<em>Plinio Nomellini Maggio 1915 1915 olio su tela cm 200×200</em>

La mostra presenta poi, frammisti a dipinti e disegni che evocano le fortune aviatorie del Futurismo, grazie alle concessioni del museo trentino, lavori inediti e riscoperte, come Maggio 1915 di Plinio Nomellini, presentato alla Biennale di Venezia del 1920, e la Città Cosmica di Italo Fasulo del 1940, opera esposta invece nella Biennale del 1942. Ancora, L’Arte dei Rumori di Luigi Russolo e Anti Biennale di Fortunato Depero, oltre a diverse altre opere sue che, indubbiamente, nobilitano l’esposizione. Tra i testi, la prima edizione del 1910 di Mafarka il Futurista, processata per oscenità e poi riedita con epurazioni negli anni Venti, e di Zang Tumb Tumb del 1914, entrambi firmati da Marinetti e da lui dedicati a Enrica Piubellini, poetessa futurista desenzanese. Ma, in buon ordine, lo spettatore gode dei risultati futuristi di Cesare Andreoni, Giacomo Balla, Anselmo Bucci, Benedetta Cappa Marinetti, Luigi Bonazza, Bot, Tullio, Crali, Giulio D’Anna, Fortunato Depero, Michele Falanga, Corrado Forlin, Marisa Mori, Uberto Bonetti, Tato e altri.

Giulio DAnna Zeppelin 1930 ca olio e collage su tela cm 765 x 102 Collezione privata Damoli Marco Verona Courtesy Galleria Faraci Arte Verona

Il presidente del Vittoriale degli italiani, Giordano Bruno Guerri, tra i due curatori, ci ricorda che: “la pop art, Andy Warhol, le esplorazioni musicali di John Cage, gli happening hanno molti debiti verso il Futurismo. Questa mostra dimostra in abbondanza quanto sia stato importante, innovativo e ancora vivo fra noi, il movimento creato dal geniale Filippo Tommaso Marinetti”. E Matteo Vanzan, storico dell’arte e Direttore MV Arte, l’altro curatore, sottolinea: “Presentare una mostra sul Futurismo all’interno di un castello del XIII secolo ha rappresentato l’opportunità di creare un dialogo tra epoche storiche apparentemente inconciliabili: il Futurismo, con la sua celebrazione della modernità, della velocità e del progresso si è contrapposto con l’atmosfera di un castello che narra vicende remote segnate però da grandi trasformazioni e cambiamenti. Questo dialogo ha permesso di creare un ponte di congiunzione tra tradizioni storiche e culturali consolidate ed un loro rinnovamento attraverso un’audacia che esaltava la forza dirompente dell’arte fino a sfociare nella vita stessa”.

Il futuro è un lungo cammino, ma il Futurismo va di corsa, partendo dal passato ma restando sempre nel presente.

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