“Quella di Gianluca Sgherri è una pittura surreale che fa riferimento a un reale plausibile ed esistente.” Così Francesco Mutti, curatore di questa personale, introduce l’artista e le sue opere nello spazio espositivo di Mangano Galleria d’Arte a Cremona.
Le parole sono efficaci: osservando i quadri dell’artista toscano in effetti ne riconosciamo molto bene gli oggetti che comunque appaiono fluttuare al di sopra di noi (al di sopra della realtà). Artista (nato a Fucecchio, classe 1962) e curatore ci spiegano perché è stato scelto il titolo di “Senza fiato”: a volte, per dipingere, bisogna trattenere a lungo il fiato. E il risultato finale per noi osservatori è di opere d’arte che attirano la nostra attenzione e ci permettono di entrare in una dimensione di sospesa metafisica, in cui tazzine da caffè, puntine da disegno, cocci, sfondi monocromatici, tessiture caleidoscopiche e distese di giallo desertico irrompono nello spazio visivo quasi come un big bang rivelatore.

La figurazione di Gianluca Sgherri sembra proiettata in una dimensione cosmica: gli oggetti ritratti, a noi molto comuni e familiari, navigano lo spazio e hanno la capacità di rallentare l’elemento temporale. L’aspetto visivo è limpido, definito, molto ordinato, gli oggetti riflettono chiaramente la propria identità ma ci dicono anche molto altro.
Se volessimo inquadrare le opere in mostra con il filtro della serie tematica, potremmo individuarne cinque: gli oli con le tazzine, quelli con le puntine, gli oli quasi monocromi su juta, le tessiture degli acquerelli su carta intelata e il giallo abbacinante da dune desertiche su carta da mdf. In copertina c’è appunto un olio su tavola che raffigura una tazzina (con puntina) fluttuante in una sorta di spazio cosmico, racchiuda da un alone purpureo. L’oggetto simbolo della mostra è raffigurato, sempre in altri oli su tavola quasi tutti del 2024, galleggiante in un infinito cromatico particolarmente intenso e la sensazione è sempre quella di qualcosa che accade e che accade lentamente.

Le puntine da disegno sono sicuramente il secondo tema, meno recente, che spicca all’attenzione dell’osservatore. Raffigurate anche in dittici molto efficaci, l’effetto è realmente ancora più enigmatico: l’oggetto occupa porzioni di tavola ridotte e la narrazione pittorica diviene ancora più silenziosa e sospesa. Siamo invitati a rilevare anche un solo dettaglio in uno spazio più ampio e la dimensione è quella di un altrove. Ma se tazzine e puntine sembrano volare silenziose e apparentemente immobili nel cosmo, in una terza fase della visita arrivano prepotentemente gli oli su juta che virano decisamente verso l’astratto anche se è luminosissima (quasi a ricordare la presenza di una stella solare) l’ellissi che occupa largo spazio visivo. L’osservatore si trova davanti a una scena visionaria, senza tempo, senza riferimenti reali.

Gli acquerelli su carta intelata, serie tematica di 5-6 anni fa, è l’opposto tecnico e visivo degli oli su juta. L’osservatore si trova di fronte a delle tessiture che contrastano tutta la narrativa già vista dei frammenti cosmici fluttuanti: in questo progetto artistico, al contrario è evidente lo stretto legame tra i differenti elementi presenti sulla tela. Come una “Preghiera” (che è il titolo di una delle opere in mostra di questa serie), la connessione tra le differenti anime può richiamare i ricordi e le relazioni che si intrecciano per formare un tessuto unico. E infine venne il giallo abbacinante del paesaggio interiore, il progetto artistico da tecnica mista su carta e mdf. I cocci delle tazzine sembrano adagiati sulla gialla finissima e il senso di infinitudine, in questo caso terrestre e non cosmica, è totale, con questi frammenti infinitesimali in un paesaggio che non è siderale ma ugualmente senza fine.