Con la personale OLTRE, Matteo Sanna porta negli spazi di Habitat 83 un’indagine sul concetto di fragilità, trasformandolo da condizione marginale a spazio generativo. La mostra, a cura di Annalisa Ferraro con la direzione artistica di Zeno Massignan, sviluppa un percorso visivo e concettuale che invita a considerare il cedimento, la rottura e l’imperfezione non come limiti, ma come soglie da attraversare per rigenerare il senso del sé.
In mostra, opere che raccontano fasi di un processo interiore: la sosta nell’ombra, il confronto con il disagio, il desiderio di trasformazione. L’artista sardo propone una narrazione visiva fatta di gesti intimi, di tracce leggere ma indelebili, dove ogni materiale diventa testimone di un passaggio emotivo e di una possibile rinascita.
Ad aprire il percorso, i lavori della serie 18720 – Out of here, in cui il respiro stesso dell’artista diventa pittura. I fiati si posano sulla superficie come prove fisiche di resistenza: brevi, profondi, ansanti o leggeri, sono tutti segni di una vita che insiste, che non cede, che si imprime per esistere. È un linguaggio primario, che comunica senza parole, che afferma la presenza.
A seguire, la serie Fragili fraintendimenti dà corpo al processo di ricomposizione: sculture in cui la fragilità non è occultata, ma esibita come parte integrante della forma, memoria di una frattura superata e radice di una nuova armonia. Il lavoro di Sanna si sviluppa così come un atto politico e poetico insieme, in cui ciò che è stato spezzato non viene scartato ma elevato a simbolo di resilienza.
Un gesto simile si ritrova nell’azione di salvataggio dei fiori di cicuta, simbolo di bellezza solitaria e velenosa. Raccolti nella terra d’origine dell’artista, vengono immersi nella pittura, impressi sulla tela e restituiti a un’esistenza altra. È un atto di cura verso l’alterità, un rito silenzioso che riconosce dignità a ciò che solitamente viene evitato, temuto, dimenticato.
Questa logica della traccia si approfondisce con le Salsedini, opere che restituiscono la pelle salmastra della Sardegna su carta. La salsedine come memoria fisica, tempo minerale che si deposita e crea geografie affettive. In queste superfici non si legge solo il passato, ma anche una disponibilità ad accogliere ciò che verrà, in una tensione costante tra memoria e desiderio.
Il discorso si radicalizza nelle opere Perfect Imperfectly e Lenzuoli, dove l’artista scompone e ribalta i codici normativi legati all’armonia, al controllo, all’adattamento. Qui l’imperfezione diventa linguaggio, criterio alternativo di bellezza. Si apre lo spazio per un’identità che non si nasconde più dietro le convenzioni, ma si afferma nella propria eccentricità.
Nella serie Glitch, la rottura del codice visivo assume valore rivelatore: l’errore è accolto, il difetto si fa immagine. Il ritratto spezzato si ricompone, l’identità finalmente emerge senza filtri, senza più bisogno di nascondersi. È qui che il percorso di OLTRE trova compimento: nella piena assunzione della propria forma, comunque essa si presenti.
La chiusura è affidata a Glimmer, sei neon imperfetti, scartati dal mercato e rilavorati dall’artista. Recuperati, trasformati, risignificati: non sono più difetti di produzione, ma presenze luminose che abitano e dominano il buio. Ogni anomalia diventa tratto distintivo, ogni scarto si fa splendore.