«Potrebbe sembrare una scelta bizzarra che una ricercatrice americana di storia giapponese curi una mostra sugli archivi dei movimenti femministi e queer a Bologna, in Italia, ma, da storica che si occupa degli aspetti di genere dei movimenti sociali nel Giappone del dopoguerra, considero la creazione e la cura degli archivi come atti politici».
È questa la dichiarazione della curatrice Chelsea Szendi Schinder che apre la mostra al Mambo Resisting Oblivion. Passione e attivismo negli archivi femministi e queer di Bologna.
Sono questi gli archivi coinvolti: Centro di Documentazione Flavia Madaschi /Aps Arcigay Il Cassero, l’Archivio di storia delle donne di Bologna / Orlando Aps, l’Archivio MIT / Movimento Identità Trans, Archivio Luki Massa / Associazione Luki Massa e Out-Takes Archivio Audiovisivo LGBTQI / CESD Aps.
Ogni archivio per definizione è una testimonianza concreta di un passato; in questo caso di profondo impegno verso l’eredità dei movimenti di liberazione delle soggettività più marginalizzate a Bologna. Sono testimonianza di vite vissute alla luce di una resistenza politica fatta di coraggio, orgoglio e spesso di paura. Per questo incontrare gli archivi bolognesi in mostra ha un grande valore politico: sono archivi attivi, impegnati ancora oggi nella lotta. Sono spazi militanti, che resistono all’oblio che ha spesso inghiottito le storie di esistenze marginalizzate.

L’intenzione alla base della mostra è quella di coinvolgere un pubblico non specialista, fuori dal sapere rigido dell’accademia. Un passato accessibile a tutte e tutti che possa parlare alle generazioni future. Capire chi siamo a partire da chi ci ha preceduto. Questo significa resistere all’oblio.
Il processo di selezione dei materiali per la mostra è stato un vero e proprio attraversamento: un viaggio attraverso molte più storie e documenti di quanti se ne potessero contenere in una singola stanza, ci dice la curatrice. I materiali – dai documenti ufficiali ai manifesti, fino a ciò che spesso viene liquidato come “effimero” – testimoniano non solo ciò che è stato, ma ciò che potrebbe ancora essere. La speranza di Chelsea Szendi Schinder è che questa mostra possa contribuire anche solo a pensare alla la nascita di un archivio LGBTQIA+ anche in Giappone.
La curatrice ha coinvolto student* in un’esplorazione sensoriale e anacronistica del lavoro d’archivio per insegnare loro modalità di fruizione differenti dei ricordi e della scrittura della storia: «Li ho invitati a interrogare i materiali, a lasciarsi provocare da essi e a chiedersi non solo cosa raccontino del passato, ma soprattutto quali nuove domande possano far emergere nel presente».

Parte significativa dell’allestimento sono dunque numerose teche che esponevano documenti d’archivio originali, fotografie, materiali effimeri e poster di inaugurazioni di spazi di resistenza LGBTIQA+. Questi oggetti contribuiscono a tracciare traiettorie di militanza, desiderio e memoria collettiva, raccontando storie escluse da quella considerata la storia ufficiale. Le teche non fungono solo da supporto espositivo, ma diventano dispositivi narrativi in grado di rivelare la forza politica della memoria queer e trans.
Inoltre, chiunque passi per il Mambo è invitat* a compilare dei bigliettini per lasciare messaggi, riflessioni o domande rivolte a un futuro storico; non sono altro che vuoti di una narrazione presente di persone marginalizzate, la cui vita, spesso, viene narrata da soggetti altri. L’idea è quella di costruire memoria collettiva attraverso un’enorme cassettiera, con tanti piccoli cassetti arancioni che custodiscono il passaggio di chi ha attraversato lo spazio per costruire un archivio che includesse reazioni, emozioni e vite personali.
Questo progetto è nato, dunque, all’intersezione tra il desiderio di memoria e una potente spinta archivistica che attraversa il cuore politico della regione.