A Massa, in uno dei luoghi meno prevedibili per ospitare un evento culturale – i grandi capannoni in cui ha sede il Cermec, Consorzio Ecologia e Risorse di Massa e Carrara, ovvero l’impianto industriale per il trattamento dei rifiuti della zona – prende il via, nella Giornata mondiale dell’ambiente, uno dei festival più coraggiosi e visionari del panorama artistico italiano: il Festival Rifiutati, giunto quest’anno alla sua seconda edizione (pre-apertura per operatori e scuole giovedì 5 giugno, inaugurazione e apertura al pubblico venerdì 6 giugno alle h. 17, aperto fino a domenica 8 giugno).

Ideato e fortissimamente voluto da Lorenzo Porzano, amministratore unico di Cermec e, com’è stato definito, “manager pubblico atipico” per il suo grande amore per l’arte e la predisposizione a fare marketing e comunicazione proprio attraverso l’arte e la cultura, il Festival è insieme mostra, laboratorio, convegno, luogo di socialità e performance diffusa. Ma soprattutto è un gesto politico e poetico, un’azione simbolica che mette al centro ciò che normalmente viene scartato: rifiuti materiali, ma anche rifiutati sociali.

Ispirato al celebre Salon des Refusés parigino del 1863, il Festival rovescia la logica consueta: non sono più gli artisti a essere esclusi, ma i rifiuti stessi a diventare protagonisti. Le opere esposte – alcune realizzate site-specific tra i macchinari del compostaggio – sono firmate da nomi molto noti e molto in voga nell’arte contemporane italiana, tutti invitati dal curatore Alessandro Riva di comune accordo con Porzano (tra gli altri, compaiono Fabio Viale con un lavoro dedicato allo spreco alimentare, Giuseppe Veneziano con una scultura inedita di un Superman poco supereroe e molto “umano”, Fabio Giampietro con una grande installazione di vecchi televisori, Giovanni Motta con una performance a sorpresa legata al suo progetto recente e post-apocalittico Lost Paradise, Andrea Crespi con un lavoro realizzato ad hoc utilizzando gli scarti di un lavoro precedente, dal titolo quantomai esolicativo: No Waste Is Love).

E poi street artist di fama come il milanese Pao coi suoi famosi pinguini, accanto ad artisti e designer che si stanno imponendo con forza in questi anni non solo in Italia ma anche all’estero: come il duo Matteo Mandelli e Luca Baldocchi, che con le sue “fioriture sintetiche” ha spopolato di recente a Dubai, e che qua al Festival installerà un mix di piante “sintetiche”, cioè digitali, e piante vere, a simboleggiare il connubio di artificiale e naturale su cui si basa la nuova società tecnologica in cui l’uomo e la AI funzionano solo se si integrano armonicamente; o come l’ecosocial artist Luca Gnizio, che con le sue sedie e tavoli creati con il riciclo di scarti industriali mette in scena un ambiente in cui la natura cresce liberamente tra le crepe dei materiali; o, ancora, come l’artista-scienziato Stefano Russo, che creerà un laboratorio-installazione, cui lo stesso visitatore potrà accedere, attraverso il riassemblaggio di oggetti scientifici d’epoca a cui è stata donata una seconda vita.

Anche Martin Romeo crea una scultura dalle contaminazioni scientifiche, dedicata agli “omicidi bianchi”, i morti sul lavoro, ultimi tra gli ultimi: una scultura, dotata di tre luci, che interpretano in tempo reale le informazioni provenienti dal sito INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), trasformandole in fasci luminosi che si alternano e si susseguono a ritmi differenti, dando vita a un gioco di luminosità diffusa. Estetica, poetica, scienza ed etica sociale si integrano così in maniera armonica.

Nato dalla convinzione che anche la comunicazione ambientale debba trovare nuovi linguaggi, più diretti, emozionali e partecipativi, il Festival Rifiutati trasformerà i capannoni del Cermec in una cittadella dell’arte, dell’inclusione e della sostenibilità. I nomi degli artisti sono talmente tanti che si fa fatica a metterli tutti in fila: 50 gli invitati dal curatore, altri che, su sollecitazione dello stesso Porzano, porteranno le loro opere fino all’ultimo, in un Padiglione sgombrato ad hoc per loro, perché, come dice il Deus Ex Machina della manifestazione, “nessuno deve essere rifiutato, men che meno in un posto come questo che dell’inclusione ha fatto la sua bandiera e la sua ragion d’essere”.

Molti, ovviamente, gli artisti che hanno lavorato direttamente con gli scarti: come Andrea Zucchi coi suoi suggestivi Imballaggi industriali, trasformati in sculture astratte dai colori pop; Corrado Bonomi, esponente storico del movimento del Concettualismo ironico, che installerà un suo grande fiore realizzato con gli elementi con cui si innaffiano le piante, come innaffiatoi e pompe; Annarita Serra, che realizza ironiche composizioni con scarti raccolti sulle spiagge della Sardegna; Avvassena, che costruisce grandi installazioni (in questo caso, in mezzo ai macchinari del compostaggio della carta) con le lastre a raggi X, simbolo dell’unicitò di ugni uomo e al contempo del suo essere parte di un tutto inscindibile con gli altri esseri umani; la , spezzina Maria e Elisabetta Cori crea mobili e oggetti di design ecologico con assemblaggi di vecchi mobili e scarti.

Sara Baxter realizza invece una scultura con lattine riciclate “griffate” con i simboli dei Supereroi, mentre Paolo Nicolai utilizza vecchi mattoncini Lego per un’opera classica dal sapore pop, e Alessandra Pierelli, più pop che pop non si potrebbe, imbandsce una tavola imbandita con pasticcini e torte così falsi da sembrare veri; Manuel Felisi imbandisce invece una serie di nature morte ispirate alle bottiglie di Morandi, tra scarti di plastica e cemento, e Carla Mura propone un suggestivo quadro, dal sapore sciamanico, realizzato con gli scarti dei fili di cotone.

Molti anche i lavori fotografici: come quelli di Laura Veschi, parte del progetto Topografie di una resistenza, incentrato sul corpo femminile, un corpo spesso abusato, usato, ferito, escluso, che attraverso il mezzo fotografico è portato a rinascere; o come quelli di Federica Palmarin, realizzati nel corso dei suoi viaggi in Africa, dove i discendenti di un’antica tribù si mostrano in un mix di costumi, per metà tradizionali e per metà realizzati con gli scarti della civiltà industriale, mentre Romana Zambon esporrà le foto dei resti del Ponte Morandi, tragiche reliquie di una contemporaneità fin troppo fallibile.

Utilizzando un raffinatissimo mix di fotografia e lavoro digitale, Stefano Banfi propone una testa di Arcimboldo realizzato, oltre che coi classici frutti, anche con elementi di scarto di vario tipo. Felipe Cardeña ha invece realizzato, con l’ausilio della AI, dieci ritratti di personaggi pop, i Bin Buddies, tra il surreale e il cartoon, ispirati ad altrettanti scarti, con tanto di nome, cognome e scheda segnaletica. Mentre Gabriella Kuruvilla, pittrice ma anche scrittrice, ha realizzato alcuni ironici racconti, illutrati da altrettanti quadri, sul tema degli scarti domestici, e Silvia Tosi ha inventato brevi poesie visive sullo stesso tema.

Un occhio di riguardo è dato anche all’architettura e al design che ha come oggetto privilegiato la cura dell’ambiente: con un omaggio a un genio dela progettazione e del design, l’architetto Cesare Leonardi, celebre per i suoi “Solidi”, realizzati con tavole di legno utilizzate in edilizia, e con i progetti e i lavori di Tiziano Lera, architetto-artista toscano che ha fatto della sostenibilità ambientale uno dei capisaldi della sua poetica. L’artista napoletano Antonio De Filippis espone invece alcuni quadri ispirati alle foto satellitari e una scultura, tutti parte del suo progetto “About Ecology — contaminazioni” che persegue da anni, tra colori pop e un taglio surreale.

Diversi anche i lavori che coinvolgeranno il pubblico: se Florencia Martinez realizzerà una performance con le stoffe, Le cose che rimangono, invitando i visitatori a realizzarla con lei rispondendo ad alcune domande sull’importanza di ciò che persiste anche nello scarto, Danilo Sergiampietri realizzerà assieme al pubblico dei ritratti effimeri con polvere di marmo, mentre il maestro orafo Stefano Alinari creerà un atelier-laboratorio con i suoi allievi che interagiranno col pubblico per creare oggetti e monili con materiali dic reecupero. Ancora, i ragazzi della Felipe Cardeña Crew realizzeranno una grande tenda con stoffe di recupero e striscioni con slogan dal taglio beatnik (Flower Revolution, Peace, Love) dove inviteranno il pubblico a entrare e a interagire con le opere, mentre Filippo Tincolini, fresco del successo della grande mostra a Pietrasanta, esporrà una scultura, la Venere dei sassi, realizzata in collaborazione con i ragazzi fragili dell’Anffas Massa Carrara, con frammenti di pietra abbandonati, in un’esperienza di creatività e inclusione.

Ma sono molti anche i nomi emergenti, gli artigiani del territorio e realtà sociali spesso invisibili o poco conosciute. Tra le installazioni più eclatanti, una cella in cartapesta a grandezza naturale, realizzata dai detenuti della Casa Circondariale di Massa, cui fanno da contorno una serie di opere nate dai laboratori con associazioni che coinvolgono disabili, anziani, ragazzi con fragilità, utenti di RSA e centri diurni. A tutti è offerta la stessa dignità, la stessa visibilità, lo stesso spazio. Perché il principio fondante del Festival è chiaro: parafrasando una vecchia canzone di protesta, nessuno più al mondo dev’esser rifiutato.

Infine, non mancheranno opere realizzate dallo stesso Lorenzo Porzano con la collaborazione entusiasta (ma al di fuori dell’orario e delle mansioni di lavoro) degli operai del Cermec: grandi cubi di plastica, i Plastic Cube, realizzati con le bottiglie di plastica gettate nella spazzatura, a metà tra il lavoro di César e quello di Arman, e dipinte d’oro. Come dire che anche dalla spazzatura può nascere arrte e bellezza. E per finire, o meglio per ben cominciare, all’inizio dell’opening lo stesso Porzano si metterà in gioco in prima persona, facendosi dipingere, con una pittura lavabile, dall’artista Giacomo Cossio, già abituato nelle sue performance a “monocromizzare”, sempre con una vernice lavabile, le piante. Per ribadire, anche con il corpo, un messaggio tanto semplice quanto rivoluzionario: non esistono scarti, solo possibilità da rigenerare.
Molto interessante. Nessuno deve essere lasciato indietro. Complimenti