SuperRare apre “Offline”: la prima galleria fisica NFT a New York, per ridurre la centralità dello “schermo”

SuperRare, una delle principali piattaforme per la vendita di arte digitale e NFT, ha scelto New York per inaugurare la sua prima galleria fisica, chiamata Offline. L’apertura, prevista per l’8 luglio al 243 di Bowery, rappresenta un momento di passaggio non solo per la piattaforma stessa, ma per tutto il mondo dell’arte digitale. Dopo anni di esposizioni online, collezioni virtuali e transazioni blockchain, il progetto segna un tentativo concreto di portare le opere digitali nel territorio dell’esperienza fisica, misurandosi con lo spazio, la luce, i tempi e – soprattutto – con il pubblico reale.

La sede, precedentemente occupata dalla galleria Salon 94, è stata scelta dopo un lungo processo di valutazione che ha incluso oltre ottanta location tra Manhattan e Brooklyn. La decisione finale è stata anche simbolica: collocarsi a pochi passi dal New Museum significa inserirsi in un circuito riconosciuto, ma non canonico, capace di ospitare esperimenti e innovazioni. È proprio questa l’intenzione di SuperRare: dimostrare che l’arte digitale può abitare i luoghi tradizionali dell’arte contemporanea senza snaturarsi, ma arricchendosi di nuove possibilità espressive.

Fondata nel 2018 e convertita in DAO nel 2021, SuperRare ha venduto oltre 51.000 opere per circa 328 milioni di dollari, con record come la vendita da 7 milioni di dollari di Right-click and Save As Guy di XCOPY. Questo solido background di mercato rafforza l’avventura fisica, concepita come evoluzione della piattaforma: non un semplice showroom, ma un’infrastruttura culturale permanente.

La mostra inaugurale, Mythologies for a Spiritually Void Time, è curata da X.S. Hou e Jack Wedge e raccoglie opere di artisti che spaziano tra animazione, pittura, scultura e installazione. Il titolo, programmatico, suggerisce una riflessione sull’assenza di riferimenti simbolici nel presente. Le opere selezionate cercano di colmare quel vuoto attraverso nuovi linguaggi visivi, digitali e non, all’interno di un allestimento che rompe la logica espositiva tradizionale per abbracciare una narrazione immersiva e multisensoriale. Le mitologie del nostro tempo non sono più scolpite nel marmo, ma fluttuano tra dati, suoni e interazioni visive.

Il calendario degli eventi di apertura include anche una serie di performance dal vivo, incontri con artisti e dibattiti pubblici. L’intenzione è evidente: creare uno spazio che non sia solo una galleria, ma un hub di discussione e confronto. Il 10 luglio è previsto un panel sull’intelligenza artificiale applicata alla creatività, mentre il 12 luglio saranno protagoniste alcune performance site-specific, che coinvolgeranno il corpo, la voce e lo spazio in modi difficilmente riproducibili in digitale. Questa scelta non è secondaria: SuperRare sembra voler affermare che l’arte digitale non ha bisogno solo di schermi, ma di contesti, di ascolto, di ritualità condivisa.

La direzione della galleria è affidata a Mika Bar-On Nesher, che ha sottolineato come l’obiettivo non sia semplicemente esporre NFT su monitor, ma creare ambienti in cui il digitale possa essere vissuto in modi nuovi. Questo significa ridurre la centralità dello schermo, favorire formati installativi, dare tempo e spazio alle opere, spesso penalizzate dal consumo rapido e decontestualizzato tipico delle piattaforme digitali. Ogni opera, infatti, resterà in esposizione per tre settimane, un tempo lungo rispetto agli standard online, ma necessario per costruire un’esperienza di fruizione più profonda.

Il progetto Offline ha anche una valenza economica e politica. In un momento in cui il mercato degli NFT ha subito una forte contrazione e un riposizionamento, SuperRare punta a consolidare il proprio ruolo non solo come piattaforma di compravendita, ma come soggetto culturale attivo. La galleria non nasce come operazione commerciale, bensì come struttura permanente dedicata alla sperimentazione, alla formazione di comunità, all’esplorazione dei limiti e delle potenzialità del digitale nel contesto dell’arte. È una dichiarazione d’intenti che, se mantenuta, potrebbe segnare un cambio di passo importante nel rapporto tra arte e tecnologia.

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