La Torino Art Week 2025 non è solo una settimana dedicata alle arti visive: è il principale test operativo del modello culturale della città. Da anni il capoluogo piemontese sperimenta un equilibrio raro tra pubblico e privato, tra fondazioni e imprese, tra economia e cultura. Ogni autunno questo balance viene rimesso in gioco, misurato sul campo e ciò che emerge oggi, nel 2025, è un sistema che funziona come un’azienda collettiva: un’infrastruttura economica e simbolica che unisce istituzioni, fiere, brand e cittadini in un’unica filiera produttiva.
L’Art Week è quindi anche un laboratorio di governance culturale prima ancora che una rassegna di mostre. A differenza di altre città italiane che concentrano la programmazione su un singolo evento spettacolare, Torino ha costruito una rete stabile: Fondazione CRT, Compagnia di San Paolo, Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, Fondazione Merz, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, OGR Torino, Camera, Gallerie d’Italia, Circolo del Design, Recontemporary, insieme alle tre fiere principali — Artissima, Flashback e The Others — costituiscono un sistema interconnesso, capace di generare valore economico oltre che culturale.

Secondo i dati diffusi dal Comune e dalle fondazioni, la filiera culturale torinese coinvolge circa 47.000 addetti e oltre 1.000 imprese creative nell’area metropolitana. Il giro d’affari annuo diretto legato alla cultura si aggira intorno ai 13 milioni di euro, ma l’impatto complessivo — considerando turismo, hospitality e servizi — è molto più alto: la settimana dell’arte rappresenta una delle punte stagionali per presenze alberghiere, con un tasso medio di occupazione superiore all’80%. Gli effetti, tuttavia, non si esauriscono nei numeri. L’Art Week agisce come un moltiplicatore di visibilità, attraendo gallerie, collezionisti e aziende che scelgono Torino non solo come sede espositiva, ma come luogo di business.
Artissima, con le sue 176 gallerie provenienti da 33 Paesi, è il baricentro di questa macchina. La fiera mantiene la leadership nazionale e un profilo internazionale forte grazie a un modello di partnership che intreccia il mondo finanziario, manifatturiero e del design. Il main partner è Intesa Sanpaolo, a cui si affiancano realtà come Azimut, K-Way, Jaguar, Orlane, Piemonte Land of Wine, illycaffè, Art Defender, VANNI occhiali, Principi di Piemonte, Tosetti Value, Bolzan, Meritalia e Gobino. È un ecosistema che riflette la struttura produttiva del territorio: dal lusso al food, dall’ingegneria all’arredo, fino ai servizi assicurativi e bancari. La fiera diventa così una piattaforma per le imprese che vogliono legare il proprio marchio all’immagine di una città colta, innovativa e internazionale.
Il ritorno economico diretto stimato per Artissima — fra biglietteria, vendite d’arte e indotto turistico — supera i 10 milioni di euro. Ma il dato più significativo è un altro: secondo la Fondazione CRT, ogni euro investito in Art Week genera in media 4,5 euro di ricaduta economica sul territorio, considerando trasporti, hotel, ristoranti, taxi e servizi tecnici. Il modello torinese si basa proprio su questa logica di moltiplicazione. La cultura non è una spesa, ma una forma di investimento produttivo.

Accanto alla fiera principale, Flashback, The Others e Paratissima consolidano la diversificazione del mercato. La prima, ospitata nel complesso di via Lanza, lega il collezionismo storico al linguaggio contemporaneo, attirando un pubblico di fascia alta e generando ricadute significative nel settore alberghiero. The Others, allestita in spazi ex industriali, è dedicata agli spazi indipendenti e agli artisti emergenti: un osservatorio sul futuro del mercato, sostenuto da Compagnia di San Paolo e Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, con un pubblico stimato di 25.000 visitatori.
A queste si affianca Paratissima, giunta nel 2025 alla XXI edizione. Nata nel 2005 come evento collaterale di Artissima, si è trasformata nel tempo in una piattaforma autonoma dedicata alla promozione di artisti indipendenti e creativi under 35. L’edizione 2024, ospitata presso gli Uffici SNOS in Corso Mortara 24, ha registrato oltre 20.000 visitatori e più di 350 artisti. La XXI edizione del 2025 prosegue in quella sede, con un programma che intreccia arti visive, fotografia, design, moda e nuove tecnologie.

La dimensione istituzionale è altrettanto determinante. Le OGR Torino, con la mostra di Laure Prouvost, confermano la loro posizione come centro europeo di ricerca interdisciplinare, dove arte, tecnologia e impresa si incontrano. In parallelo, la Fondazione Merz con Push the Limits 2 orienta la riflessione su temi politici e ambientali, mentre Camera – Centro Italiano per la Fotografia propone una doppia mostra dedicata a Lee Miller e Cristian Chironi, consolidando il proprio ruolo come piattaforma di ricerca e archivio visivo. Le Gallerie d’Italia, con la retrospettiva di Jeff Wall, rafforzano il legame tra la città e le grandi istituzioni finanziarie nazionali, portando in Piazza San Carlo un’operazione di alto profilo internazionale sostenuta da Intesa Sanpaolo.
In parallelo, il Circolo del Design con Urgency Toolkit trasforma l’arte in un laboratorio di cittadinanza: i partecipanti sono chiamati a elaborare proposte per una “democrazia progettuale”, un’idea di design inteso come metodo di ascolto civico. Recontemporary ospita invece il duo ucraino Yarema Malashchuk e Roman Khimei, offrendo un esempio di come gli spazi indipendenti torinesi siano capaci di reagire in tempo reale alle urgenze globali, inserendo la dimensione politica dentro quella estetica.
Sul fronte del mercato e dell’innovazione, il Share Festival XIX – Tomorrow Now: The Art of 2050 AD indaga le intersezioni fra arte, AI e robotica, mentre il C2C Festival, dedicato alla musica elettronica e al suono d’avanguardia, attrae un pubblico giovane e internazionale. La sovrapposizione dei due eventi non è casuale: costruisce un ponte fra arti visive, cultura digitale e intrattenimento, generando un impatto trasversale. Il C2C è infatti il festival con la maggiore capacità di attrazione turistica della settimana, con circa 20.000 visitatori stimati e un indotto di oltre 5 milioni di euro tra biglietteria, alloggi e consumi.
La Notte delle Arti Contemporanee, il 1° novembre, rappresenta invece la dimensione civica della settimana. È il momento in cui i cittadini diventano protagonisti, con decine di gallerie e spazi che aprono fino a tarda sera. Non è solo un gesto di partecipazione, ma un esperimento di democratizzazione culturale: il centro e i quartieri si fondono in un’unica rete, abbattendo la distinzione tra pubblico specialistico e cittadino comune. Dal punto di vista economico, questo evento produce un impatto immediato sul commercio locale, sulla ristorazione e sul turismo di prossimità.
La presenza congiunta di grandi istituzioni, fiere e spazi indipendenti definisce una filiera culturale completa, in cui ogni soggetto ha una funzione specifica. Le fondazioni garantiscono la ricerca e la formazione; le fiere gestiscono il mercato; gli spazi off e le residenze alimentano l’innovazione; le aziende private offrono sostegno economico e visibilità; le amministrazioni pubbliche assicurano la logistica e il coordinamento urbano. È un modello di governance che ha permesso a Torino di mantenere la leadership culturale nazionale anche in un periodo di riduzione dei fondi pubblici.

Dal punto di vista cittadino, la Torino Art Week è anche un dispositivo di pianificazione urbana. Gli eventi diffusi — dalle installazioni di Luci d’Artista agli interventi nei quartieri nord — favoriscono una redistribuzione dei flussi turistici e un riuso intelligente degli spazi industriali. Curata dalla Città di Torino e prodotta da Fondazione CRT in collaborazione con Iren, GTT, Reale Mutua, Lavazza, Intesa Sanpaolo, FCA Group, Asja Ambiente Italia e La Venaria Reale, è la base infrastrutturale dell’intera settimana. Non è più una semplice mostra di installazioni luminose, ma un sistema pubblico-privato capace di attivare ogni anno un investimento complessivo di circa 1,5 milioni di euro, di cui una parte significativa sostenuta dalle aziende partner attraverso sponsorizzazioni tecniche ed energetiche
Questa crescita costante suggerisce che l’Art Week non è più un evento isolato, ma un motore economico urbano. Gli introiti diretti derivanti da biglietti, vendite, partnership e turismo vengono reinvestiti nel sistema culturale stesso. Le fondazioni, in particolare la CRT, utilizzano parte dei ricavi per sostenere borse di studio, acquisizioni museali e programmi educativi. Si crea così un ciclo virtuoso: l’arte produce valore economico, il valore economico sostiene nuova arte.
Nel medio periodo, l’obiettivo della città è trasformare questo modello in una piattaforma permanente. Le imprese coinvolte non agiscono più come sponsor occasionali ma come stakeholder culturali: aziende che considerano la cultura una leva strategica di posizionamento e responsabilità sociale. Il risultato è una città che non delega la cultura alla politica o al mecenatismo, ma la integra nel proprio tessuto economico.
Guardando i numeri, la Torino Art Week 2025 conferma che la cultura può generare crescita se trattata come infrastruttura e non come evento. Le aziende investono perché vedono ritorni concreti; le istituzioni collaborano perché la rete funziona; il pubblico partecipa perché riconosce un senso collettivo. È un modello pragmatico, costruito più sulla gestione che sulla retorica. E forse proprio per questo funziona: Torino non promette, ma produce.


