Tra iconografia sacra e contemporaneo: Ismaele Nones apre il nuovo corso del MAC Lissone

Il 30 marzo il MAC – Museo d’Arte Contemporanea di Lissone ha riaperto al pubblico, dopo una chiusura per ristrutturazione, con la presentazione della prima mostra personale di Ismaele Nones in un’istituzione pubblica. La mostra, dal titolo A chi parlo quando parlo, dà il via alle celebrazioni per il 25° anniversario del museo che coincide con l’ingresso in AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani del MAC, distintosi “per il ruolo cruciale che svolge nel territorio di riferimento, contribuendo alla valorizzazione del patrimonio culturale e rafforzando il proprio posizionamento sul piano internazionale. La sua attenzione verso i linguaggi dell’arte contemporanea arricchisce il panorama culturale nazionale” – queste le parole di Lorenzo Balbi, Presidente di AMACI.

Il nuovo direttore del MAC Stefano Raimondi intende imprimere una nuova svolta curatoriale e gestionale all’istituzione, garantendo un sostegno costante all’arte contemporanea italiana, una struttura rinnovata e accessibile (in termini sia economici sia architettonici), una nuova identità visiva e nuovi programmi educativi volti a coinvolgere un pubblico sempre più ampio, locale e non, oltre che la volontà di riportare il Premio Lissone a un livello di rilevanza internazionale.

A chi parlo quando parlo costituisce il secondo capitolo del progetto Prime, con cui il MAC si accredita nel panorama museale italiano come centro di ricerca e di sperimentazione; dopo le personali di Oscar Giaconia e Alice Ronchi, il museo continua a dare spazio ad artisti giovani e contemporanei, con il desiderio che questo rappresenti il primo approdo istituzionale delle loro carriere e dare un nuovo slancio alla sua carriera professionale. Sottolinea infatti Raimondi, “il museo […] vuole ribadire la sua centralità nel sostenere l’arte italiana, con una particolare attenzione alle nuove generazioni, costruendo progetti e produzioni ambiziose, capaci di confrontarsi con l’intero spazio museale e costituire uno stimolo e una nuova sfida per gli artisti invitati”. 

L’esposizione si estende per tutti i quattro i piani del museo con oltre cinquanta opere realizzate dall’artista tra il 2020 e il 2024, una selezione che permette di entrare in un mondo sospeso tra passato e presente. Con il suo lavoro, Nones ambisce a dare forma a nuovi spazi creativi, attraverso un appassionato dialogo tra temi e scenari attuali e linguaggi, tecniche e soggetti attinti dal mondo iconografico, che l’artista ha avuto modo di conoscere grazie al padre iconografo. Dopo un primo apprendistato al seguito del padre (come vuole la più antica tradizione delle botteghe) e una formazione come scultore, durante una residenza Progetto Borca di Dolomiti Contemporanee, Nones è tornato alla pittura, al colore (che Nones, per le sue tele, si produce da sé, al fine di ottenere dei colori molto trasparenti e diluiti, con cui lavorare per velature) e a un linguaggio bidimensionale, arricchiti da un linearismo e un plasticismo marcati

L’iconografia e il sacro, con cui l’artista è entrato visivamente in contatto fin dalla giovane età, rappresentano per lui un alfabeto primordiale, il linguaggio attraverso cui ha imparato a esprimersi artisticamente. Ciò ha reso quasi naturale considerare tali figure iconografiche come implicate con la contemporaneità, e viceversa. Sebbene formalmente riconducibili agli stilemi dell’arte sacra, parte del nostro patrimonio culturale comune, le sue opere trattano in realtà temi terreni, legati alla realtà contemporanea.

Attraverso la combinazione di immagini dei tempi passati, stratificati riferimenti letterari, simboli e significati radicati nella memoria collettiva, emergono e si intrecciano tematiche legate alla condizione umana, come il conflitto, la lotta, l’esplorazione della sessualità e dell’eros, il senso di isolamento, solitudine e alienazione e, complementarmente, la ricerca di convivialità e condivisione, di dialogo e scambio. 

Il titolo stesso della mostra, A chi parlo quando parlo, tratto da una nuova serie di lavori di Nones, solleva una serie di interrogativi sul significato dell’atto creativo: a chi si rivolge l’artista quando parla? Parla a se stesso o agli altri? Interrogativi cruciali, questi, anche per l’istituzione museale, che riapre con una rinnovata identità: a chi si rivolge il museo quando parla? Una risposta parziale potrebbe emergere dalla sua nuova configurazione e dal restauro delle ampie vetrate che, aprendo lo spazio verso l’esterno, contribuiscono nel definire il museo quale luogo non solo di cultura ma anche di comunità, riconosciuto tanto a livello nazionale quanto internazionale.

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