Per l’edizione 2025, Una boccata d’arte riparte dai borghi italiani: venti regioni totali, venti artisti innovativi, venti paesi scelti. Il viaggio, come nelle scorse edizioni, è nell’Italia dei borghi, dei paesi e dei piccoli centri che, per l’occasione, si trasformano in palcoscenici locali in cui l’arte contemporanea prende forma e continua a vivere.
I venti lavori realizzati si andranno a sommare, fino al 28 settembre, alla selezione di opere permanenti delle cinque edizioni precedenti, con l’obiettivo di diffondere nuove forme d’arte tra le regioni della penisola e di offrire spunti di riflessione che possano arrivare ovunque, nei luoghi più remoti e nelle località meno turistiche.
Affinché la cultura non sia un bene per pochi e non rimanga chiusa unicamente all’interno dei confini delle grandi città, Una boccata d’arte si propone ancora come un’occasione per esplorare l’ignoto: lì dove la conoscenza finisce, comincia la possibilità di guardarsi intorno.

I paesi scelti per quest’anno nel Nord Italia sono: Ollomont (AO), in Valle d’Aosta; Borgolavezzaro (NO), in Piemonte; Brunate (CO), in Lombardia; Framura (SP), in Liguria; Tarzo (TV), in Veneto; Luserna (TN), in Trentino-Alto Adige; Cormons (GO), in Friuli Venezia Giulia e Bagnara di Romagna (RA), in Emilia-Romagna. Attraversando il Centro Italia, i borghi selezionati sono: Altidona (FM), nelle Marche; Citerna (PG), in Umbria; Macchiagodena (IS), in Molise; Oriolo Romano (VT), nel Lazio; Pratovecchio Stia (AR), in Toscana e Roccacaramanico, frazione di Sant’Eufemia a Maiella (PE), in Abruzzo. Ancora più a Sud, poi, si trovano: Rocca Cilento, frazione di Lustra (SA), in Campania; Simeri Crichi (CZ), in Calabria; Miglionico (MT), in Basilicata e Sammichele di Bari (BA), in Puglia. Per finire, nelle isole: i borghi di Burcei (SU), in Sardegna e Custonaci (TP), in Sicilia.
Il borgo diventa così il microcosmo in cui l’artista si colloca per ideare il suo progetto, partendo dal paesaggio che osserva intorno a sé, dal mare o dalla montagna che circonda il borgo, dalle architetture del paese, da antiche tradizioni popolari o da concetti astratti a cui donare forma.
Di seguito, gli autori le e autrici in mostra.
Hetty Laycock, in Valle D’Aosta, ha presentato Nel riflesso di una roccia lontana, opera ispirata alla raccolta a mano dei licheni essiccati nei boschi di Ollomont: processo creativo fatto di ascolto, attenzione e trasformazione. Mentre, nel cuore della Bassa Novarese, Bibi Manavi ha raccontato un territorio profondamente segnato dalla tradizione risicola, attraverso un intervento site-specific realizzato nel Dormitorio delle Mondine di Cascina Caccia; Aiko Shimotsuma, in Lombardia, è partita dallo studio dei fenomeni atmosferici di Brunate, borgo situato cinquecento metri sopra il lago di Como, per restituire al pubblico le sensazioni provate durante la sua permanenza in paese. In Trentino, Stefano Caimi porta in scena il dialogo tra arte contemporanea e pratiche scientifiche, esplorando le trasformazioni che, nei decenni, hanno mutato il paesaggio alpino. Jim C. Nedd, invece, ha incentrato il suo progetto sul territorio di Framura (Liguria) e sul fiume che attraversa il borgo, per riproporre, in Sorgente, la centralità emotiva e geologica del paesaggio: non solo sfondo, ma protagonista. È in Veneto, poi, che Giacomo Gerboni realizza Pietra Comune, in sintonia con la comunità, una grande installazione collocata nel centro di Tarzo, che evoca la forma di un masso e custodisce un mistero. Da mēta (friulano longobardo) e sêm (friulano sloveno) nasce, invece, MĒTAsêm (pietra di confine): è l’opera realizzata dal duo Babau, un’installazione site-specific che nasce da una ricerca storica, linguistica e antropologica sul territorio friulano, per riflettere sulle soglie geografiche e metafisiche che attraversano la memoria della regione. Infine, in Emilia Romagna, Vica Pacheco ha trasformato il Prato di Sant’Andrea, alle porte di Bagnara di Romagna, in un dispositivo di ascolto collettivo, paragonabile a un’orchestra diffusa, composta da strumenti musicali in ceramica, in armonia con la biodiversità che popola il prato.

Nelle Marche, Giuseppe Abate, ha ideato Lu Gallu, progetto nato dal dialogo che l’artista ha instaurato con la comunità locale durante il periodo di residenza. Chilometri più in là, in Abruzzo, Adele Dipasquale e la sua l’infestata puntano a rappresentare il momento di incontro tra il territorio montano e la storia dei tradizionali punti di bivacco delle aree d’alta quota. A Oriolo Romano (Lazio), Gabriele Ermini ha presentato, invece, un intervento site-specific che intreccia arte contemporanea, archeologia immaginata e partecipazione collettiva: una riflessione sulla memoria e sull’identità latente del territorio, a partire dal Parco di Palazzo Altieri, luogo simbolico della fondazione rinascimentale del borgo. Mentre Stella Rochetich, in Toscana, ha presentato gli alberi non vagano, una scultura olfattiva pensata per una fontana inattiva nel cuore del borgo; Qeu Meparishvili in Umbria, ha sperimentato con l’opera Edicola dei Randagi – Shrine of the Strays, installazione che include lastre di metallo lavorate secondo la tradizionale tecnica iconografica georgiana, su cui sono incisi dei cani randagi. In Molise, poi, Roberto Casti ha realizzato Partitura per un futuro ritorno, un progetto artistico diffuso tra il centro di Macchiagodena e tre delle sue frazioni, Caporio, Incoronata e Santa Maria in Pantano, che punta a mettere in relazione i desideri della comunità contemporanea con la memoria emotiva del territorio.

Per il suo progetto, Tild Greene, in Campania, è partita dall’arco, elemento architettonico che connette spazi, momenti o stati d’essere, evocando un senso di transizione e trasformazione, oltre che di sostegno. Anna Ill, in Calabria, ha presentato CEASELESS CARE, progetto nato dalle ricerche dell’autrice a Simeri e al Museo Archeologico Numismatico Provinciale di Catanzaro, sul legame tra cura, memoria corporea e assenza visibile. Dall’altra parte dello stivale, Aymen Mbarki, nel cuore di Sammichele di Bari, intreccia la propria ricerca artistica con la storia del paese, fatta di migrazioni, accoglienza e continue trasformazioni, dall’anno della sua fondazione, nel 1608, dal mercante ebreo-portoghese Michele Vaaz, quando ad abitarlo erano i profughi slavi in fuga dalle invasioni ottomane. Spostandosi verso la Basilicata, poi, Vaste Programme porta in mostra MMMMMMM KM, nato dal ripensamento del binocolo panoramico. Generalmente usato per l’osservazione del paesaggio da punti panoramici, lo strumento si trasforma in un dispositivo originale capace di sovvertire la lettura del panorama di Miglionico.
Concludendo, ispirate da chilometri di costa e dalla potenza di antiche tradizioni, le proposte degli artisti che hanno lavorato nelle isole: Nicola Martini ha allestito, nel paesaggio delle colline di Custonaci, in Sicilia, MANGIATUTTO, indagine plastica e concettuale sul rapporto tra estrazione, materia e memoria; e Sara Persico, dalla Sardegna, ha ideato Nodu (Nuù, in sardo campidanese), parola che può indicare sia un masso, sia un nodo, sia un legame: simbolo di appartenenza e memoria condivisa.


