“Valorizzare convergenze e alleanze dove tutto sembra vuoto”: intervista ad Art Workers Italia (AWI)

In un settore lavorativo come quello dell’arte contemporanea, che normalizza forme di lavoro sottopagato e sommerso e svaluta, precarizza e frammenta il corpo sociale, associarsi è un radicale gesto di resistenza. Ed è proprio quello che, nel 2020, ha deciso di fare il gruppo che ha dato vita ad Art Workers Italia, un’associazione autonoma e apartitica nata con l’obiettivo di dare voce alle numerose professionalità che vivono e lavorano in condizioni precarie, e isolate in tale precarietà, al fine di attuare una riforma strutturale del settore.

Collaborando con altre realtà associative, istituzioni artistiche e culturali, istituti di ricerca e università, figure professionali del settore legale ed esperte di pubblica amministrazione e politica fiscale, AWI è divenuta un’importante piattaforma di scambio, riflessione e azione politica, un ineludibile punto di riferimento per chi opera nel mondo dell’arte contemporaneo.

Con le sue numerose attività – presentate nell’intervista che segue –, l’associazione offre a chi lavora nell’arte tanto un prezioso spazio di ascolto e alleanza, quanto una “cassetta degli attrezzi” teorici e pratici per pretendere una tutela e un equo riconoscimento del proprio lavoro. 

Art Workers Italia Assemblea nazionale Careof Milano 2024 Ph Marianna Bertoni

Per iniziare, vi chiederei di presentarvi: cos’è Art Workers Italia e come è nata?

Art Workers Italia (AWI) è nata nel 2020 come gruppo di discussione su Facebook con il nome Emergenza Continua, nel tentativo di trovare soluzioni alla mancanza di tutele e regolamentazione nel settore dell’arte contemporanea in Italia. La crisi dovuta alla pandemia di Covid-19, infatti, ha reso evidente come il settore fosse costituito in maggioranza da lavoratorɜ praticamente invisibili e senza alcun tipo di supporto (fiscale, legale, etc.).

Questa situazione ha spinto un primo gruppo di lavoratorɜ a riunirsi online per discutere e condividere problemi comuni e cercare soluzioni collettive. Nei primi mesi, attraverso molte assemblee e la formazione di gruppi di lavoro specifici (veri e propri Tavoli di lavoro), è stato redatto il manifesto, pubblicato e letto collettivamente il 1° maggio 2020. Questo momento ha segnato di fatto la nascita ufficiale dell’associazione.

Se dal punto di vista sanitario oggi l’emergenza sembra lontana, non si può dire lo stesso per chi lavora nell’arte contemporanea. Quali elementi di perdurante criticità vi hanno portato a non fermarvi dopo la fine dell’emergenza pandemica?

La pandemia è stata sicuramente importante nell’innescare un dibattito, ma certo non basta qualche anno di impegno per scardinare un sistema che precarizza lɜ lavoratorɜ dell’arte da sempre. Anche dopo l’emergenza pandemica, le nostre condizioni non sono migliorate: molte prestazioni continuano a essere sottopagate, senza contratti regolari né protezione sociale. Secondo un’indagine condotta da AWI nel 2021, il 36,6% dellɜ art workers ricorre al lavoro nero e il 55% delle posizioni lavorative non prevede un contratto.

Inoltre, il 79% dichiara di svolgere più lavori contemporaneamente per sopravvivere, con orari che spesso superano le 40-60 ore settimanali. Il problema di fondo è che il lavoro culturale in Italia non è riconosciuto come un vero impiego, ma come un’attività svolta per passione o prestigio sociale​. Ancora oggi, dopo cinque anni dalla fondazione di AWI, riceviamo molte e-mail che denunciano le cattive pratiche nel settore, segnale che la strada da percorrere verso la regolamentazione del nostro settore è ancora lunga. 

AWI Il lavoro dei sogni Il sogno del lavoro Piccolo Teatro Aperto Milano 2021 Ph Gilda Panizza

Come si intersecano e potenziano tra di loro le vostre tre sfere di intervento: azione politica, elaborazione di proposte legislative e sensibilizzazione?

AWI è composta soprattutto da professionistɜ del settore che non solo mettono a disposizione dell’associazione le proprie competenze ed esperienze (a titolo gratuito) ma partono da queste per definire insieme traiettorie e strategie di lavoro. Siamo convinte che l’urgenza individuale sia probabilmente anche quella di altrɜ e di conseguenza trovare una soluzione per una significa trovarla per tutte (o molte) sia all’interno dell’associazione stessa che all’esterno. 

Quindi AWI lavora su più livelli: da un lato promuove azioni politiche e collabora con enti istituzionali per migliorare le condizioni di lavoro nel settore artistico; dall’altro – attraverso un processo collettivo di auto-formazione – sviluppa strumenti pratici come modelli di contratto e la guida sui compensi minimi raccomandati. La scrittura e la condivisione degli strumenti avvengono attraverso workshop, incontri e conferenze in collaborazione con varie realtà come accademie, università e altre istituzioni o associazioni alleate, per condividere obiettivi e metodi con chi si affaccerà o si è appena affacciatɜ al mondo del lavoro culturale e artistico.​

In questi cinque anni abbiamo assistito al formarsi del governo più a destra della storia della Repubblica italiana, a un drammatico inasprirsi della guerra in Palestina, all’accentuarsi delle diseguaglianze socio-economiche. Tutto ciò che impatto ha avuto sul mondo dell’arte contemporanea in Italia e, di riflesso, sulle vostre modalità di azione sociale, politica, legale?

Nel tempo abbiamo cercato di sviluppare la rete di alleanze con altre associazioni che operano nel settore culturale italiano come UNISCA e Mi Riconosci?, con le quali stiamo lavorando ad alcune proposte di modifica al quadro legislativo sul lavoro artistico e creativo. Questo governo però ha reso molto più complicato, per non dire quasi inesistente, il dialogo politico, e conseguentemente l’elaborazione di nuove leggi per tutelare il nostro settore. Processi attivi e potenzialmente virtuosi sono stati interrotti o drasticamente rallentati.

In generale, fatta eccezione per alcuni casi isolati come l’Italian Council, non c’è un supporto pubblico adeguato al settore, che si trova pertanto a raccogliere le briciole di quello che rimane. È per questo che abbiamo dovuto sviluppare strategie alternative di tutela e supporto legale concentrandoci su obiettivi più essenziali come l’organizzazione di Sportello Live, ovvero un incontro periodico online durante il quale espertɜ di diritto del lavoro e fiscalità rispondono alle domande più urgenti dellɜ associatɜ. 

Chiaramente, anche sul piano internazionale AWI si è mobilitata sin dal principio prendendo una posizione chiara e collaborando con altri gruppi attivisti in Italia e in Europa e partecipando a mobilitazioni e proteste, ad esempio contro il genocidio del popolo palestinese. In generale, l’attività dell’associazione risente fortemente della mancanza di organi politici e istituzionali sensibili a queste tematiche e aperte al dialogo, cosa che rende difficile uscire da forme di mobilitazione e mutuo soccorso locali e dal basso per arrivare a una riconfigurazione strutturale del sistema che possa favorire tuttɜ lɜ lavoratorɜ. Ovviamente siamo felici di poter contare su una rete di altri gruppi e associazioni alleatɜ con cui poter continuare a lavorare e immaginare un sistema diverso.

Fino ad ora, quali sono stati i principali risultati da voi ottenuti?

Un riscontro significativo è stato, seppur minimo, l’abbattimento del tabù legato alla discussione sui compensi. Uno dei nostri slogan “Art Work is Work” non è un semplice gioco di parole, ma sottolinea come quello artistico è innanzitutto un lavoro, e in quanto tale non può essere pensato senza una giusta remunerazione.

Si tratta di cambiare la percezione stessa del lavoro artistico e culturale. Per esempio, uno strumento come la Guida ai compensi minimi raccomandati ha reso sicuramente più scomodo per le istituzioni non pagare una prestazione, creando così un nuovo standard di riferimento per le trattative economiche. Anche se non tutti gli enti prendono in considerazione le cifre minime raccomandate che AWI propone come base da cui partire per poi negoziare al rialzo, il solo fatto che esistano dei numeri messi nero su bianco ha dato allɜ lavoratorɜ maggiore potere contrattuale e ha favorito talvolta il rifiuto di proposte inique.

La Guida ai compensi Minimi raccomandati per Art Workers è ora in corso di aggiornamento. Come vi siete mosse per redigere la prima versione e per aggiornarla? 

Per individuare le cifre minime siamo partite dall’analisi interna delle esperienze personali, abbiamo intervistato varie figure dirigenziali all’interno delle istituzioni italiane e internazionali, per poi consultare diversɜ professionistɜ quali commercialistɜ, avvocatɜ ed espertɜ in diritto del lavoro. Uno step molto importante è stato consultare i tariffari internazionali già esistenti, sia nel settore dell’arte contemporanea che nei settori affini, per cercare di capire quali elementi potessero essere mantenuti anche nel contesto italiano.

Ma soprattutto è stato fondamentale il risultato dell’indagine di settore del 2021 che ha permesso di avere un quadro delle condizioni economiche, già drammatiche prima della pandemia di Covid-19. La prima versione è stata pubblicata dopo due anni di lavoro e ora stiamo pubblicando la revisione, che è il risultato di un processo collettivo culminato in un laboratorio svolto durante l’ultima assemblea nazionale tenutasi a dicembre 2024. Per individuare le nuove cifre, e per avere una visione oggettiva del valore del lavoro nel settore, abbiamo aggiunto, ai parametri già citati, l’osservazione dei minimi salariali per chi lavora come dipendente del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Federculture, oltre alla Guida ai compensi dignitosi di Redacta, una delle associazioni alleate.

Nella lotta è necessario fare rete, collaborare, associarsi: con quali organizzazioni o associazioni di lavoratori, a livello nazionale o internazionale, avete avviato forme di collaborazione? Che progetti avete portato avanti in sinergia con altre realtà?

Sin dai primi mesi di attività, AWI ha avviato collaborazioni con diverse realtà nazionali e internazionali che portano avanti le stesse istanze. Per esempio, grazie al progetto Hyperunionisation abbiamo attivato un dialogo per il sostegno reciproco attraverso la condivisione di pratiche e strategie finalizzate alla creazione di strumenti di natura etica, giuridica e politica. Attraverso tre tavole rotonde online abbiamo gettato le basi per Hypermates: una sezione del nostro sito che funziona come una mappatura di organizzazioni sorelle in tutto il mondo. Più recentemente Baci da AWI (2023-24), la capsula digitale commissionata dal “Giornale dell’Arte”, è diventata una piattaforma per affrontare, attraverso saggi brevi, cartoline e un podcast, temi cruciali legati al lavoro, come la genitorialità o la formazione artistica. Altre collaborazioni fondamentali per il percorso dell’associazione sono state la costituzione di Aliens Network (2023), un gruppo di discussione sull’inclusione dellɜ art workers non europeɜ o provenienti da contesti svantaggiati e di conflitto; la redazione del documento Voices of Culture in collaborazione con altre 47 associazioni europee, che è stato presentato alla Commissione Europea nel 2021. A livello nazionale, invece, AWI fa parte di UNISCA una rete di associazioni del settore creatività, arti e spettacolo che ha l’obiettivo di fare sintesi nel settore, dialoganti con le istituzioni e la politica. Siamo in costante comunicazione anche con ACTA, l’associazione dei freelance, e SMART Italia, una società cooperativa di produzione e lavoro in forma di impresa sociale che opera nell’ambito della cultura, della creatività e della conoscenza.

È stato possibile istituire una qualche forma di dialogo anche con il Ministero della Cultura? 

Premettendo che per cambiare le condizioni di lavoro nel settore bisogna lavorare a livello trasversale con il Ministero del Lavoro e il Ministero della Cultura, in questi anni sono stati molti i momenti di dialogo con la politica. Da marzo 2021 su invito della VII Commissione e XI Commissione del Senato, abbiamo apportato proposte di modifica e integrazione sul testo unificato del Ddl “Disciplina del lavoro nel settore artistico e creativo – AA.SS. 2039, 2090, 2127, 2218” (precedentemente Ddl 2127 “Disposizioni sul riconoscimento della figura professionale dell’artista e sul settore creativo” e Ddl 2039 “Statuto sociale dei lavori nel settore creativo, dello spettacolo e delle arti performative”). Le proposte sono orientate all’inclusione dell’artistə visivə, delle sue specificità, delle attività e delle professioni ad essə correlate nei testi del Ddl, dove erano totalmente assenti. Purtroppo, come precedentemente notato, questi lavori sono stati attualmente interrotti.

Gregory Sholette, parlando del lavoro invisibilizzato nell’arte, ha scritto: “Dark matter is getting brighter”. Per concludere, quale pensate sia la cifra distintiva di AWI in tale processo di progressivo fare luce sulle condizioni dei lavoratori nell’arte contemporanea?

Fare luce è sicuramente un primo passo essenziale per cambiare un sistema che fa gioco proprio sull’opacità e l’indeterminatezza dei rapporti di lavoro. Illuminare però, per noi, non significa soltanto evidenziare le problematiche del settore, ma attivarsi per trovare soluzioni concrete e condivisibili con tuttɜ lɜ art workers. Essendo il lavoro artistico un ambito prevalentemente non riconosciuto, se non addirittura sconosciuto, è importante mantenere un dialogo costante con art workers e istituzioni per sensibilizzare, formare e permettere a tuttɜ di costruire consapevolezze e conoscenze a cui attingere nel momento di necessità. Inoltre, ci sembra importante aggiungere che fare luce in un settore frammentato come il nostro vuol dire anche rompere la sensazione di isolamento e solitudine che spesso percepiamo e valorizzare convergenze e alleanze dove tutto sembra vuoto. Sicuramente la comunità di art workers che dopo cinque anni si è creata attorno ad AWI ha suscitato in noi la volontà di continuare a lottare per i nostri diritti e gestire le situazioni complesse in modo ragionato e risolutivo, appoggiandoci anche a espertɜ del settore. Fare luce potrebbe essere quindi unione collettiva, dialogo e confronto trasparente e, insieme, richiesta di riconoscimento socio-politico.

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