Nel pieno della corsa agli NFT del 2021, tra gatti pixelati, scimmie annoiate e token che promettevano di cambiare il mondo, comparvero loro: i CryptoBatz di Ozzy Osbourne. Il “Principe delle Tenebre”, leggenda vivente del rock e fondatore dei Black Sabbath, si reinventava creatore digitale con una collezione di 9.666 pipistrelli da collezione, NFT unici con la possibilità di “mordere” altri NFT famosi – Bored Apes, SupDucks, CryptoToadz – e generarne nuovi, i cosiddetti MutantBatz. Una trovata tanto grottesca quanto geniale, firmata direttamente da Ozzy. Era l’estetica del metal che si fondeva con la cultura crypto: sangue digitale, morso simbolico, mutazione e caos. Il risultato? Un delirio da collezionisti, almeno per qualche mese.
All’inizio del 2022, la collezione toccava picchi di oltre 5 ETH per esemplare, con una creatura “MegaBat” venduta per 99 ETH – cifre da capogiro. Poi, come accaduto a molti altri progetti NFT, il silenzio. Il mercato si raffredda, la bolla scoppia (o almeno scricchiola), e anche i pipistrelli di Ozzy si rifugiano nell’oscurità del wallet. Fino al 23 luglio 2025, quando il mondo scopre che Ozzy Osbourne è morto a 76 anni. In un istante, i CryptoBatz tornano a volare.

In meno di 24 ore, il prezzo minimo della collezione – la “floor price” – sale del +400%, passando da 0,02 a 0,08 ETH, circa 295 dollari. Ma il vero shock sono i volumi: oltre $281.000 di scambi in un giorno, pari a quasi l’intera capitalizzazione della collezione. Il mercato esplode sull’onda dell’emozione, della nostalgia, dell’idea che quei pipistrelli digitali siano una reliquia di una leggenda appena scomparsa. Non è la prima volta che accade: gli oggetti legati a celebrità decedute aumentano spesso di valore. Ma qui parliamo di NFT, asset volatili e controversi, la cui esistenza stessa è spesso messa in discussione. Eppure, la magia funziona, almeno per un attimo.

Questo fenomeno ha un nome: “death effect”. È quella spinta emotiva che si genera alla morte di una figura pubblica, quando il pubblico cerca di possedere qualcosa che la rappresenti. Un autografo, un vinile raro, o, nel 2025, un pipistrello NFT con firma digitale di Ozzy Osbourne. È un effetto culturale e psicologico, prima che economico, e dimostra che anche nel digitale restano meccanismi umani profondissimi: memoria, lutto, nostalgia. E ovviamente, speculazione.
Ma è sostenibile? Durerà? Già a 36 ore dalla notizia, la floor price cala del 10%, segnale che molti hanno comprato per rivendere subito. Il mito resiste, ma il mercato no. E come sempre accade quando c’è un hype improvviso, rispuntano anche i fantasmi: truffe, link di phishing, canali Discord fake, come già successo nel 2022, quando centinaia di utenti furono attirati da un server fraudolento con il brand CryptoBatz. Più valore, più attenzione, più rischio.
Oggi i CryptoBatz sono di nuovo visibili, ma non è chiaro per quanto. Sono simboli di una stagione esplosiva della cultura digitale, un’epoca in cui anche il rock diventava blockchain, anche il dark metal si faceva jpeg.
CryptoBatz è un caso di studio culturale, più che un investimento. È l’immagine definitiva di un artista che ha sempre giocato con l’iconografia del male e della trasformazione, e che nel digitale ha trovato una nuova forma per la sua leggenda. Un NFT che morde altri NFT. Un pipistrello rock nella blockchain. Un’ultima performance, forse la più postuma di tutte.


