In via Tortona 35, tra architetture post-industriali e vetrine avanguardiste, si spalanca una porta verso un mondo che pare appartenere a un tempo altro, a una natura primordiale ma anche incredibilmente attuale. Fino al 4 ottobre 2025, l’hotel nhow Milano, iconico punto di riferimento del Tortona Design District, ospita la mostra collettiva “WE, HUMANIMALS – Strabiliante Bestiario Contemporaneo”, un’esplorazione visiva e simbolica del sottile confine tra l’uomo e l’animale, tra istinto e ragione, tra metamorfosi e identità.
Curata con sensibilità da Laura Tartarelli Contemporary Art insieme al critico d’arte Matteo Pacini, la mostra si sviluppa come un racconto in più capitoli, distribuiti tra la lobby e i quattro piani dell’hotel. Ogni spazio diventa tappa di un bestiario contemporaneo, un percorso tra opere che non si limitano a raffigurare il mondo animale, ma lo attraversano, lo interpretano e lo fondono con l’animo umano.

“Questa mostra – racconta Pacini durante il vernissage – è nata dal desiderio di indagare il rapporto millenario tra uomo e animale. È un tema che attraversa tutta la storia dell’arte, dalla preistoria alle favole di Fedro, dai bestiari medievali fino all’arte contemporanea. Gli animali non sono mai solo animali: sono specchi, simboli, presagi. E il nhow, con il suo spirito unconventional e il suo legame profondo con l’arte, è il luogo ideale per dare corpo a questa metamorfosi“.
La metamorfosi, infatti, è la vera protagonista: non intesa come semplice trasformazione fisica, ma come tensione continua verso l’autenticità, la libertà e la consapevolezza di ciò che siamo e potremmo essere. Gli artisti in mostra – diversi per linguaggi, tecniche e background – danno vita a un dialogo vivo, vibrante, a tratti ironico, a tratti struggente, in cui la figura animale si fa lente attraverso cui osservare l’umano.
A incarnare questa fusione simbolica è l’opera “We, Humanimals” di Sandro Gorra, pubblicitario e artista milanese, che con le sue iconiche giraffe ha ispirato l’intero concept espositivo. “Le mie giraffe – spiega Gorra – rappresentano l’essere umano che cerca di elevarsi, di andare verso l’alto. Ma ogni conquista porta con sé il timore di perderla. Le macchie che svaniscono sono il panico del successo effimero”.

Una delle sue giraffe monumentali accoglie i visitatori già nel tunnel d’ingresso, quasi un totem silenzioso che annuncia il rito di passaggio. Poi si entra nella lobby, dove le sue illustrazioni caricaturali continuano il racconto, intrecciando ironia e riflessione.
Nel cuore della hall ci si imbatte negli intrecci visionari di Martin Lucchini, maestro della String Art, che costruisce figure antropomorfe fatte di fili colorati, dove i confini tra uomo e animale si dissolvono in un vortice di ordine e caos. Poco più in là, si erge la scultura dolente e potente di Gianluca Migliorino: una giraffa accasciata su sé stessa, con in bocca un’altalena spezzata.
“L’ho realizzata appositamente per questa mostra – racconta Migliorino –. È parte della serie The World Is A Zoo, un progetto che parla di ambiente, deforestazione, bracconaggio. La giraffa è simbolo di un equilibrio spezzato: il gioco innocente dell’altalena si trasforma in tragedia, il ramo si spezza, l’animale cade. È un grido muto, ma fortissimo”. Mentre con la serie “Zoe Mien” al primo piano, l’artista riflette sulla dualità tra l’animo e le imposizioni del quotidiano.

Salendo di un piano, le pareti si accendono dei colori vibranti di Valerio De Cristofaro, che fonde pop art e simbolismo in creature mitologiche cariche di energia e speranza. A pochi passi, Tiziano Colombo ci trasporta in un universo sospeso, abitato da esseri enigmatici tra natura e artificio, in cui il culto dell’immagine si intreccia con l’ancestrale senso di appartenenza a un ecosistema più vasto.
Al secondo piano, la materia si fa protagonista: le sculture bronzee di Sabrina Ferrari danno forma a una “giungla urbana” fatta di eleganza plastica e tensione emotiva. I suoi animali sembrano usciti da un sogno classico, ma con un’anima profondamente moderna. Di fronte, il coccodrillo di Alberto Tornago – fiero, tenace, misterioso – racconta il passaggio di un artista dalla street art alla scultura, portando con sé l’urgenza del messaggio e la raffinatezza della tecnica.
L’ultimo piano è un tuffo nell’anima dell’Africa, con la serie fotografico-pittorica di Alex Belli. Ex fotografo di moda, l’artista rielabora con l’acrilico scatti di uomini e donne Masai, disturbando volutamente l’immagine per rivelarne la forza. È una tribù che guarda al futuro senza perdere la propria identità, una metafora visiva della resistenza culturale.
Federico Tolardo, attore e artista, con la sua scultura lignea ci parla del bambino che vive dentro ciascuno di noi: “È la parte che la società cerca di mettere a tacere. Ma noi non dobbiamo dimenticarla. Perché è lì che risiede la nostra verità più profonda”.

“WE, HUMANIMALS – Strabiliante Bestiario Contemporaneo” è un rituale, un’occasione per fermarsi a osservare il mondo animale non da lontano, ma da dentro. Perché, come ci ricordano le opere, non esiste una vera separazione: siamo parte dello stesso regno, sottoposti agli stessi istinti, alle stesse fragilità, agli stessi desideri.
E l’arte – con la sua capacità di trasformare, evocare, rivelare – si fa strumento di consapevolezza. Tra giraffe che perdono le macchie, sculture che sfidano la gravità, fili intrecciati e fotografie ancestrali, ci troviamo a camminare in punta di piedi in un universo dove ogni animale ci parla di noi.
La forza della mostra non sta solo nella varietà delle tecniche o nella ricchezza estetica delle opere, ma nel filo invisibile che le unisce tutte: il racconto dell’umano attraverso l’animale. “Siamo tutti parte dello stesso regno – ricorda Matteo Pacini – e l’arte ce lo sussurra con delicatezza, o ce lo urla in faccia con ferocia”.