Guerra tra sovrane e amanti reali, a colpi di pennello

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Mogli e amanti dei vari Luigi di Francia hanno finito per diventare, almeno per l’arte, quasi più importanti dei loro coronati uomini. Pensiamo solo a quanti ritratti, più o meno ufficiali, intasano la pittura del Settecento: dalla valanga di pizzi e parrucche incipriate uscita dal sodalizio tra Elisabeth Vigée-Le Brun e Maria Antonietta fino alla profusione di ritratti della Pompadour firmati da Boucher. (Boucher che non si tira indietro quando entra a corte la piccantissima Marie-Louise O Murphy, debitamente allevata come le altre “bambine del re” nel Parco dei Cervi di Versailles e colta dal sovrano poco più che pubere: si dice sia lei la sua eroticissima Ragazza distesa).

Élisabeth Vigée Le Brun – Autoritratto con tavolozza (1782). National Gallery, Londra

Nel maggio del 1783 proprio una regina e una ex-maîtresse-en-titre si affrontano – virtualmente – nientemeno che all’Accademia Reale di Parigi. Una è Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, l’altra è Madame Du Barry, ultima scandalosissima amante – veniva proprio dal meretricio di strada – del defunto Luigi XV (oggi, nelle sale, il film sulla sua vita, con un Johnny Depp un po’ bollito ma efficace nelle vesti del vecchio re). La prima ovviamente parteggia per la sua ritrattista, l’altra per la pittrice Adélaïde Labille-Guiard (del cui papà era molto amica quando ancora si chiamava Jeanne Bécu). Le due artiste sono state messe l’una contro l’altra dai membri dell’Accademia, che hanno insistito sul fatto che di donne ne sono state ammesse già fin troppe (due) e hanno ingaggiato una specie di gara, divertendosi come ragazzotti infoiati a uno spettacolo di wrestling femminile.

Labille Guiard, “Self-portrait with two pupils”

Alla fine, quel 31 maggio verranno accettate entrambe, facendo finire la partita pari e patta. Diciamo che i ragazzi si sono divertiti a creare un po’ di suspence, inventando una rivalità che non è mai esistita (esasperata dal fatto che le due, essendo donne, a differenza dei colleghi maschi devono creare l’opera in diretta, non sia mai che se la facciano dipingere da un amico…). La verità è che non ci potrebbero essere due donne più diverse di Elisabeth e Adelaïde. La prima è una campionessa di strategia, cortigiana dentro, sebbene nata borghese, capace di accattivarsi tutte le simpatie e così abile da riuscire a sfilarsi dalla Rivoluzione che decapita la sua amichetta con nonchalance, riciclandosi come ritrattista nelle varie corti d’Europa. L’altra è una che crede nella sorellanza, insegna pittura alle donne, si autoritrae in atelier con le sue allieve più promettenti, si fa amici i rivoluzionari credendo nelle loro promesse (mai mantenute) per la parità di genere, combatte anche – e vince – per aprire una scuola d’arte per donne al Louvre, cosa che era stata a lungo vietata per paura che la presenza femminile tra gli studenti di pittura corrompesse la morale (!). Poi però, a differenza della collega, Adelaïde non cataloga il suo lavoro, lo disperde, e nemmeno pensa, come invece farà l’altra, di lasciare un’autobiografia. Così oggi, purtroppo, pochi sanno chi sia una delle prime vere femministe al cavalletto.

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