Classe 1980, marchigiano d’origine Giulio Vesprini è sicuramente un nome di spicco della street art italiana. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti e la laurea in Architettura, Giulio ha ottenuto vari premi e pubblicazioni relative alla sua grafica, all’arte urbana e all’illustrazione.
Giulio Vesprini è un artista eclettico, che si muove liberamente dalla grafica all’illustrazione, dalla pittura alla street art, dal video alla fotografia all’architettura.
La mia ricerca si è concentrata su diversi fronti, tra cui l’arte della terra e la cultura urbana. Preferisco linee semplici simili alle mie origini grafiche e architettoniche. Traggo disegni primitivi con segni grafici, illustrazioni e azioni urbane. Le mie opere nascono da una cultura minimale in cui la forma rappresenta l’idea principale. Penso che il mio disegno a mano libera simbolizzi l’espressionismo astratto dove spesso sento di raggiungere un lavoro perfetto
Chi è Giulio in quanto artista?
Futurista e sognatore. Un progettista di forme non date che si scoprono proprio nel gesto di crearle.
Chi è Giulio in quanto uomo?
RECTE AGERE NIHIL TIMERE.
Quando hai iniziato? E cosa vuoi comunicare con la tua arte?
Ho iniziato nel 1994 con i graffiti. Ho usato gli spray fino al 2000 circa partecipando a diverse Jam. Poi il passo verso un nuovo modo di dipingere un muro, i pennelli, i rulli, le aste.
Dopo gli studi accademici, nel 2007 inizio il nuovo percorso che mi ha portato fino ad oggi e che vede un continuo evolversi di espressioni e contenuti. Cerco con la mia arte e con il mio linguaggio grafico di creare dispositivi urbani in grado di migliorare la percezione del vivere uno spazio comune.
Illustrazione, Pittura, Street Art, Video, Foto, Grafica, Architettura: cosa ti rappresenta di più e perché?
Grafica e Architettura, unite danno una terza via cioè quella della Street Art. Credo che queste tre voci oggi rappresentino in pieno il mio lavoro e la mia ricerca artistica e personale.
Indago sull’esperienza degli abitanti e come si rapportano con l’architettura dipinta. Come cambia il modo di comunicare dello spazio quando interessato dall’arte. Può tornare a dialogare un’architettura dopo essere stata dipinta? Sono queste le domande che mi danno coraggio e mi permettono di andare avanti nello studio. Troppe le azioni sterili e poco ragionate, troppo facile parlare di riqualificazione urbana senza un vero progetto dietro che raccolga tutte le esperienze di un quartiere ad esempio. Un muro ben fatto non è sufficiente a definire una riqualificazione, non basta da solo e spesso di responsabilizza troppo la street art costringendola a promettere qualcosa di più grande.
Qual è il tuo pensiero sulla street art italiana di oggi?
Troppa estetica e poca etica. Un’arte che è diventata un pò troppo spensierata e che rischia l’auto celebrazione perdendo i principi base di aggregazione e socialità. Dobbiamo allora
chiederci se davvero un abitante di un determinato palazzo, di un preciso quartiere, si senta davvero migliorato dopo aver visto un murales su una parete. Ha questa percezione? Spesso l’arte urbana viene utilizzata come fumo negli occhi dalle amministrazioni per evitare di affrontare problemi molto più seri e spesso molto più costosi e articolati di una città, così pensiamo che un bellissimo muro dipinto risolva tutti i problemi, generi felicità, ma non è così. Il lavoro di riqualificazione deve essere corale, dove anche la street art avrà il suo ruolo importante.
Negli ultimi anni l’interesse per la street art è cresciuto tantissimo, tanto che i festival si sono triplicati così come gli interventi di riqualificazione urbana: a cosa è dovuto secondo te tutto questo?
Principalmente alla moda del momento, come in ogni “movimento” artistico avremo una parabola di crescita e decrescita. Oggi la Street Art è al punto più alto di questa curva; c’è però un segnale su cui riflettere: è vero che ci sono tanti festival ma altrettanto vero che molti di questi nascono e finiscono nel giro di pochissimi anni. Una sorta di fabbrica di eventi per la Street Art. Questo capita perché troviamo organizzazioni e associazioni improvvisate, organizzatori senza bussola, curatori che non provengono direttamente dalla cultura urbana, amministrazioni poco attente. Il tentativo dovrebbe essere quello di rompere gli schemi dell’evento in se e tornare a parlare di arte nel paesaggio urbano con un contesto sociale per uno sviluppo urbanistico alternativo. Tornare insomma ai progetti seri per riscoprire le nostre città trovando valide alternative ad esempio per la ricerca di fondi utili alla produzione di un lavoro senza necessariamente passare per le vie facili delle p.a. Molti festival sono infatti evaporati in concomitanza della fine delle risorse pubbliche su cui
avevano fatto unicamente riferimento.
C’è un progetto, un muro o una mostra a cui sei particolarmente legato?
Il progetto SHARED SPACE di Bologna, prodotto dal Cheap festival in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Bologna e lo spazio Atelier-Si. Un progetto composito dedicato allo studio dei quartieri della città attraverso interpretazioni grafiche. Un lavoro su 250mq di superficie in viale Masini presso l’Autostazione. Lo spazio condiviso generato dall’arte urbana era al centro della mia ricerca (Archigrafia) e a Bologna ha trovato la massima realizzazione: 56 grandi manifesti che indagano il rapporto tra uomo e spazio con l’intento di far fermare il pedone che in quel tratto di strada scompare assorbito e annientato da un traffico caotico su 4 corsie, rumore e smog. In questa fase invece il passante attratto da questa grande installazione urbana di ferma e invade la strada costringendo l’automobilista a rallentare e deviare il percorso. Un esperimento riuscito che interroga lo stato attuale degli spazi condivisi, dove auto, moto, bici e pedoni hanno la stessa importanza e si autoregolano rispettandosi. Spero davvero che in Italia si proceda velocemente verso uno studio consapevole dello shared space.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Vorrei completare un grande progetto iniziato nel 2009, Vedo a Colori, giunto quasi a dieci anni di attività al porto di Civitanova Marche. Racchiudere il tutto nel terzo catalogo narrando tutto il lavoro di oltre 100 artisti italiani arrivati da ogni parte dello stivale. Porterò avanti la mia ricerca sull’Archigrafia e parteciperò a nuovi progetti di arte urbana in Italia e all’estero. Mi piacerebbe realizzare un libro sul mio lavoro e un’altra mostra personale. Tra i tanti progetti sicuramente l’ampliamento del mio studio grafico Asinus in Cathedra in un vero e proprio laboratorio aperto, fatto di giovani creativi e con tante offerte di workshop sulla stampa d’arte. Sarebbe bello pensare ad un libro che racconti il mio lavoro in tutti questi anni…