“A poem without word”: un racconto tra arte e scienza

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Dalla dichiarata avversione nei confronti della fisica del giovane studente Stanislao Vialardi, A poem without word, la collettiva ospitata negli spazi di Studio La Città di Verona, dimostra una volta di più quanto ciò a cui resistiamo non solo persiste, ma accresce esponenzialmente la sua portata per gli stimoli e il valore didattico che imprime sulle nuove generazioni. 

L’idea è di Hélèn de Franchis, direttrice della galleria, che invita Vialardi a selezionare alcune delle opere presenti nella sua collezione realizzate da artisti nati negli anni ‘80 e a curarne il percorso espositivo dal 25 novembre al 27 gennaio 2024. 

Cleo Fariselli, Francesca Ferreri, Sophie Ko, Renato Leotta, Agathe Rosa, Manuel Scano Larrazabàl e Serena Vestrucci sono i nove artisti scelti per raccontare, come suggerisce il titolo preso in prestito da una canzone scritta nel 1987, “un poema senza parola”, il cui comune denominatore è lo studio dei fenomeni naturali attraverso l’omaggio ai divulgatori scientifici Guido Tonelli e Carlo Rovelli.

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A ben riflettere, dietro lo specifico omaggio a Tonelli e Rovelli si cela il ben più importante ruolo della divulgazione che non ammette esclusione di pubblico e di più ambiti disciplinari differenti dalla scienza. Da Cartesio in poi, dal dualismo mente-corpo, dalla divisione delle scienze e dall’iperspecializzazione, tappe fondamentali del progresso scientifico, si è insinuata anche l’idea – del tutto fallace – di una profonda incomunicabilità tra saperi, di una netta categorizzazione tra discipline scientifiche e umanistiche.

Nell’immediatezza dell’immagine, A poem without word, ricuce quei lembi del sapere frammentato in un’unica trama. Il complesso sistema della conoscenza costituito da lampi di creatività, fallimenti, passi in avanti, cambi di punti di vista, diventano in mostra un’altalena emotiva avvolta in gran parte nel mistero. Arte e scienza risultano così fuse insieme, chiuse a doppia mandata come processi tipicamente umani e, al contempo, come finestre sul mondo sempre aperte a nuove intuizioni e teorie. Ce lo ricorda bene Rovelli in Sette brevi lezioni di fisica, l’agile compendio che, riletto con gli occhi della spettatrice della collettiva, ci guida sapientemente tra pensiero scientifico e opere in mostra:
“Ci sono capolavori assoluti che ci emozionano intensamente, il Requiem di Mozart, l’Odissea, la Cappella Sistina,  Re Lear… Coglierne lo splendore può richiedere un percorso di apprendistato. Ma il premio è la pura bellezza. E non solo: anche l’aprirsi ai nostri occhi di uno sguardo nuovo sul mondo. La Relatività Generale, il gioiello di Albert Einstein, è uno di questi”.

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In mostra il movimento funge da traccia silente; il moto interiore che accompagna lo spettatore riflette la cinetica delle opere e delle visioni degli artisti in un climax ascendente. L’incipit del racconto è affidato a Sophie Ko, nella prima sala della galleria: Il muto cadere di lontane stelle, un’incisione sul muro e foglia d’oro evocano la conoscenza dell’universo insieme al loro potere immaginifico. Da corpi celesti si fluisce in quelli umani costituiti da porzioni di corpo: fianco, mezzo volto e spalla di Cleo Fariselli, l’artista che rielabora i propri volumi sotto forma di raku con finiture che somigliano a conchiglie e materia lavica. Agathe Rosa, a partire dalla fotografia, indaga la luce come materia che interagisce con gli esseri umani e la natura.

Nella sala principale, il movimento e le relazioni tra le opere si infittisce in una trama vorticosa. Serena Vestrucci nei suoi Ritagli di tempo, da un pomeriggio a un mese, trasforma i libri in piccole opere di carte; dal ciclo Batter d’occhio, l’artista si serve del movimento delle ciglia come metafora di percezione della realtà in cui, spiega l’artista “il loro battito, istantaneo e inafferrabile, rimanda alla durata rapida e transitoria che intercorre tra uno sguardo e l’altro, allo stesso modo in cui è la nostra presenza: momentanea e fuggevole”.

Quasi a sfidare la legge di gravità si colloca Francesca Ferreri con tre gruppi di opere in cui vengono stratificati sabbia, pigmenti, cemento, resine con oggetti di consumo quotidiano; così come accade anche in Geografie temporali di Sophie Ko dove la forza di gravità insieme allo scorrere del tempo modificano la cenere di cui è composta l’opera.
Il gruppo scultoreo Gran Papa di Cleo Fariselli indugia sul creare una figura senza prima averla immaginata nella mente. Sono volti che l’artista realizza a partire dal blocco di argilla che viene scavato con le mani, ottenendo un volume negativo su cui colare il gesso ceramico. Renato Leotta in Multiverso si serve del solo tessuto monocromo che immerge per metà nell’acqua salata del mare che rilascia su di esso la tinta biancastra, segnando la linea dell’orizzonte e facendo riemergere i ricordi del giovane Rovelli: “Ogni tanto alzavo gli occhi dal libro per guardare lo scintillio del mare: mi sembrava di vedere l’incurvarsi dello spazio e del tempo immaginati da Einstein”.

Manuel Scano Larrazabàl con pennarelli su carta completa quel vortice, interiore ed esteriore, che nasce dalla pratica meditativa volto a “catturare il ‘momento puro’ inteso come quel momento dell’esperienza che esiste di per sè”, afferma l’artista. Ed è sul processo creativo di Larrazabàl che si conclude, nell’ultima sala, A poem without word: cinque ventilatori in azione a cui sono stati collegati dei fili di nylon, dei piccoli pesi e, infine, dei pennarelli disegnano in parte casualmente le opere dell’artista. Un moto casuale che riflette il processo dell’artista sull’opera in cui il suo intervento è cambiare alcune delle tante variabili di una poesia in movimento.

In ultima analisi, A poem without word suggerisce una fitta trama di concatenazione, quella che in fisica va sotto il nome di teoria dei loop e che Rovelli approfondisce: “Non c’è più lo spazio che ‘contiene’ il mondo e non c’è più il tempo ‘lungo il quale’ avvengono gli eventi. Ci sono solo processi elementari dove quanti di spazio e materia interagiscono tra loro in continuazione”. E in maniera ancor più decisa egli sostiene: “Ancora una volta il mondo sembra essere relazione, prima che oggetti”; così come per l’incedere collettivo del percorso espositivo in cui artisti e scienziati condividono la stessa capacità di avere visioni, ovvero di “vedere le cose in modo diverso da come le vedevamo prima”.

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Cleo Fariselli, Francesca Ferreri, Sophie Ko, Renato Leotta, Agathe Rosa, Manuel Scano Larrazabàl, Serena Vestrucci
A Poem without word

A cura di Stanislao Vialardi
25 novembre 2023 – 27 gennaio 2024
Studio la Città

Lungadige Galtarossa 21

37133, Verona

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