La polvere di Fontcuberta al Fortuny di Venezia

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Joan Fontcuberta, luminare della fotografia contemporanea nato a Barcellona nel 1955, ha instaurato un dialogo visivo tra il tempo e la memoria attraverso la sua ultima mostra “Cultura di polvere” presso il Museo Fortuny di Venezia. Nel corso della sua carriera, Fontcuberta ha sempre esplorato la natura illusoria dell’immagine, ponendo in discussione la veridicità della fotografia e il suo ruolo nel racconto della realtà. Queste ricerche si concretizzano ora nelle dodici light box che compongono l’esposizione veneziana, in scena fino al 10 marzo 2024.

Il ritorno di Fontcuberta al Museo Fortuny, teatro del suo coinvolgimento nell’evento “Venezia ’79. La Fotografia”, segna un rinnovato incontro con un luogo che ha visto la sua prima partecipazione artistica in una fase embrionale della sua carriera. “Cultura di polvere” è un omaggio alla persistenza della memoria e al potere rivelatore dell’arte: le lastre fotografiche del Fondo Chigi, segnate dal tempo, si trasmutano sotto il suo tocco in nuove narrazioni visive. La sua tecnica, che rimanda al surrealismo e al processo di appropriazione, trasfigura il decadimento in un’astrazione che gioca con la luce e l’ombra, rivelando mondi celati al primo sguardo.

La manipolazione di materiali soggetti a deterioramento, come graffi, lacune e la crescita di microorganismi, dà vita a composizioni visive che esistono nel liminale spazio tra la fotografia come documento storico e l’arte come interpretazione soggettiva. Fontcuberta si appropria di queste imperfezioni trasformandole in paesaggi visivi ricchi di texture e profondità. Le immagini evocano una serie di associazioni naturali e astratte, dai corpi celesti ai fenomeni geologici terrestri, fino alle strutture microscopiche. Ma anche nebulose, viste aeree di terreni bruciati da antiche eruzioni vulcanica o di sedimenti raccolti in un letto di un fiume asciutto

L’esposizione è una riflessione sull’agonia della fotografia come mezzo fisico di conservazione della memoria e un’esplorazione del suo declino materiale. Fontcuberta approfondisce il paradosso di un’arte che dimentica, o piuttosto, che viene dimenticata, eppure in questo oblio trova una nuova vita. L’integrazione delle sue opere nelle collezioni dell’ICCD non solo arricchisce il corpus dell’istituto ma sottolinea l’importanza di conservare anche ciò che è destinato a sparire.

Le creazioni di Fontcuberta, che hanno guadagnato il plauso internazionale e sono state accolte nelle più eminenti istituzioni, svelano un viaggio attraverso la metamorfosi dei materiali e l’interpretazione artistica del loro invecchiamento. La mostra “Cultura di polvere” si pone come una meditazione sul ciclo vitale dell’arte e del suo supporto fisico, un inno alla capacità dell’arte di evocare e di sopravvivere al tempo che tutto consuma.

“Cultura di polvere” è dunquue un dialogo silenzioso ma eloquente con la storia e con l’anima di un materiale che, pur nella sua fragilità, si rivela essere un forte contenitore di esperienze umane. Fontcuberta ci invita a considerare la resilienza dell’espressione artistica e la sua forza di fronte all’inesorabile scorrere del tempo, dimostrando che anche nella polvere si può trovare la cultura, e nella dimenticanza, la memoria.

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